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tratto da “Europa”
il 21 mag 2011

Il lato debole di Obama
di Tiziana Barrucci

«Grazie professor Obama per i suoi slogan sul rispetto dei diritti umani, ma noi arabi ora abbiamo bisogno di altro». È accalorato e non usa mezze misure Nabil Abdel Fattah, direttore del dipartimento di studi sociologici del centro di studi politici e strategici del Cairo al Ahram, quando commenta il discorso del presidente Barack Obama. Al Cairo Obama aveva fatto il suo primo discorso all’islam, al Cairo siamo andati oggi per conoscere le reazioni di quel mondo islamico verso il nuovo discorso del presidente. «Questa mossa è stata completamente sbagliata – ci dice però dal suo ufficio nella capitale egiziana Fattah – Sono convinto che nelle popolazioni arabe riaccenderà purtroppo l’astio strisciante contro l’amministrazione statunitense».

Bocciato su tutta la linea?

Sì. Lei ha trovato nel discorso di giovedì qualche cosa di diverso dal discorso che Obama ha già fatto al Cairo, a Istanbul o in Indonesia? Io no, perché non c’è. Ripetizione pedissequa degli stessi slogan, molto belli ma vuoti.

Fare un discorso di questo tipo due anni fa al Cairo aveva un senso. Era il modo migliore per segnare una rottura con la politica anti-islam del predecessore Bush. Voleva dire far capire che si conosce la differenza tra l’islam e l’estremismo di al Qaeda. Voleva infondere speranza, declinata come speranza di un mondo diverso, di un nuovo e maggiore potere alle donne, di uguaglianza sociale. Sono trascorsi due anni da quel discorso e farne uno uguale invece non ha veramente senso. Oggi non è più il tempo della speranza, ma dell’azione. Noi arabi abbiamo bisogno di azione non di aria fritta.

Da cosa nasce questo discorso secondo lei?

Barack Obama è diventato un professore degli slogan a effetto. Ma io dico: grazie tante, non ne abbiamo bisogno. Vogliamo un supporto vero.

Quali sono i passi che l’hanno colpita in maniera negativa?

Ce ne sono tanti. Prima di tutto da egiziano devo citare la parte che riguarda il mio paese. Il presidente ha fatto bene a concentrarsi molto sulla Tunisia, ha criticato Ben Ali e fin qui siamo d’accordo. Ma quando è passato al suo ex uomo qui, il nostro ex rais, l’atteggiamento è cambiato. Nessuna condanna delle violazioni dei diritti umani da parte di Mubarak, delle torture che ha ordinato sui detenuti, nessun accenno ai suoi crimini. Nessun riferimento a ciò che ha fatto a centinaia di giovani arrestati, picchiati o uccisi durante i giorni della rivoluzione di piazza Tahrir. Questo è sbagliato.

E poi c’è Damasco. Dove è il sostegno americano ai ragazzi che manifestano per le strade siriane? E le parole dedicate a paesi come Yemen e Bahrein? Deludenti: nessun accenno all’Arabia Saudita e alle sue truppe entrate nelle nazioni confinanti per reprimere le proteste democratiche dei civili. Credo che oggi per tutto il mondo arabo si stia diffondendo un sentimento di forte delusione verso un uomo che due anni fa aveva dato speranza sulle possibilità di una nova era per il mondo arabo.

Obama però ha anche illustrato un piano finanziario di aiuto all’Egitto…

Un piano molto debole. Pochi soldi e portati sempre con gli stessi schemi perdenti.

Che intende dire?

Per decenni Washington ha finanziato il Cairo mandando soldi a cascata che uomini della classe politica ed economica si spartivano personalmente.

Soldi che alimentavano la corruzione dilagante e che non facevano progredire il paese. Oggi Obama non sta proponendo qualcosa di diverso, e gli egiziani non possono che esserne delusi.

Di cosa avrebbero bisogno allora gli egiziani?

Di un sostegno serio a un programma strutturato su diversi livelli, economico e sociale in primis.

Può fare qualche esempio?

Abbiamo bisogno di un programma di sviluppo sostenibile. Che vuol dire ad esempio joint venture nel campo dei software come nello sviluppo di un sistema di vita diverso. In tal senso si potrebbe pensare a un progetto che coinvolga le popolazioni dei villaggi e le esponga a nuove conoscenze o semplicemente le prepari all’urbanizzazione.

Molto poi c’è da fare in termini di formazione e istruzione, le nostre scuole hanno bisogno di tornare a essere al passo con i tempi. Abbiamo bisogno che si diffonda un sistema di vita che dia uguale diritti a tutti, comprese le donne. E pensate a tutte le aree deserte che potrebbero diventare nuovi centri industriali. Insomma, abbiamo bisogno di molto, ma non certo di soldi che ingrossino le tasche dei businessman o di nuovi politici.

Senza contare che la cifra di cui ha parlato non è affatto sufficiente.

Non trova nulla nel discorso di Obama che possa essere salvato? Le parole a proposito del conflitto israelo-palestinese?

Retorica. Come arabi quando Obama fu eletto speravamo che avrebbe portato la pace. Oggi quella speranza è morta e sepolta. Le parole di giovedì sono state mutuate dalla retorica israeliana, lo si vede bene quando si parla di stato ebraico. E poi ci sono sempre le stesse accuse contro Hamas, le stesse critiche all’accordo tra palestinesi e alla decisione di chiedere il riconoscimento all’Onu. Obama poteva anche non parlare di Palestina, sarebbe stato uguale.

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