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11 febbraio 2011

L’alleato di Israele che ha tessuto il destino del Medio Oriente
di Umberto De Giovannangeli

Comunque lo si giudichi, una cosa è certa: senza di lui, senza Hosni Mubarak, il Medio Oriente non sarà più lo stesso. Perché degli eventi che hanno segnato gli ultimi trent'anni dell'area più nevralgica del mondo, oltre che dell'Egitto, l'ottuagenario rais è stato tra i protagonisti assoluti.

La sua uscita di scena segna un passaggio d'epoca destinato a ridisegnare il volto non solo del più grande tra i Paesi arabi ma dell'intera Regione. L’«ultimo dei faraoni» porta con sé le contraddizioni insanate diunleader che ha cercato di tenere insieme il disegno nasseriano di un Egitto laico e panarabo e un legame mai messo in discussione con l’Occidente «colonizzatore»: l’orgoglio di una civiltà millenaria e una dipendenza dall’America - anche quella dei neocon sostenitori del «Conflitto di civiltà » - che ha puntellato il suo potere trentennale.

Ha rivendicato, conquistandolo, un posto al sole sulla scena internazionale per se stesso e per l’Egitto e ha negato al suo popolo diritti fondamentali: secondo l'indice che valuta l'attenzione garantita ai Diritti Umani, l'Egitto occupa il 119°posto su 177nazioni.

Ha «conquistato » l’Europa ma non ha saputo togliersi di dosso l’accusa, documentata, di aver accumulato nel corso degli anni una fortuna «familiare» calcolata in 70 miliardi di dollari, oltre il doppio della riserva in valuta pregiata a disposizione della Banca centrale egiziana, circa la metà del debito dello Stato.

Ha conquistato innumerevoli volte le prime pagine dei più importanti quotidiani al mondo ma secondo Reporters Senza Frontiere i media egiziani sono collocati per libertà d'espressione al 143° posto su 167 nazioni considerate. Comunque protagonista. Per decenni inamovibile. L’America ha visto succedersi negli ultimi trent’anni cinque presidenti. Lui, «l’ultimo faraone» è sempre rimasto in sella, partner privilegiato di Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton, George W.Bush e Barack Obama.

Con lui hanno dovuto fare i conti sette primi ministri d’Israele, a lui si erano legati indissolubilmente «Mr.Palestine» Yasser Arafat e il suo successore, Mahmud Abbas (Abu Mazen). Al potere quando Saddam Hussein era il padre- padrone dell’Iraq, lo è ancora quando il «macellaio di Baghdad» ha finito i sui giorni su un patibolo.

Ha accompagnato nel loro ultimo viaggio re Hussein di Giordania, il «leone di Damasco», Hafez el Assad, parlò al mondo dal Monte Herzl - cuore della Gerusalemme ebraica - nel giorno dell’addio al suo «partner di pace»: il primo ministro d’Israele, Yitzhak Rabin, assassinato da un zelota dell’ultradestra ebraica per aver osato la pace con l’Olp di Arafat. Era il 6 novembre 1995. Quel giorno di vuoto e di dolore, il rais andò con la memoria indietro nel tempo, ad un altro giorno che cambiò la sua vita, quella dell’Egitto e del Medio Oriente: il 14 ottobre 1981, quando vide morire sotto i suoi occhi Anwar Sadat, assassinato da un commando integralista per aver osato la pace, a CampDavid, con Israele.

Hosni Mubarak ha governato con il pugno di ferro in un guanto di velluto: investendo sulla modernizzazione dell’Egitto ma senza gettare mai le basi di una vera democrazia.Hapromesso «normalità» ma ha perpetrato per trent’anni lo Stato di emergenza. Nel mondo c’è chi lo ha considerato un Grande, chi il Male minore rispetto a una deriva fondamentalista. Il suo popolo lo ha esaltato, poi temuto, infine odiato.

Aveva promesso il benessere, ha finito per far assoldare squadracce di picchiatori per assaltare i ragazzi di Piazza Tahrir. Le sue origini sono quelle di una famiglia dell'alta borghesia, che lo indirizza verso la carriera militare. Frequenta l'Accademia militare nazionale e l'Accademia aeronautica e poi, in Unione Sovietica, l'Accademia di Stato maggiore. All'età di ventidue anni si arruola nell'aeronautica. Ci rimarrà per altri ventidue anni della sua vita, un periodo in cui avrà modo di intraprendere una carriera militare che gli permetterà di arrivare ai vertici delle gerarchie delle Forze armate.

Diviene capo di stato maggiore dell'Aeronautica nel 1969 e comandante in capo nel 1972. Durante gli anni della presidenza di Anwar Sadat, ricopre incarichi militari e politici: oltre ad essere il più stretto consigliere dello stesso presidente egiziano, viene nominato viceministro della guerra e, nel 1975, vicepresidente. Il 14 ottobre 1981, una settimana dopo l'omicidio di Sadat, viene eletto presidente dell'Egitto.

Successivamente vince tre elezioni senza alcuna opposizione fino al quarto scrutinio quando è costretto - su pressione degli Stati Uniti - a riformare il sistemaper permettere un'elezione multi- partitica per le presidenziali previste per settembre. Per la Comunità internazionale ha rappresentato un elemento di stabilità; odiato dal fronte del rifiuto arabo, ritenuto un fatto di moderazione regionale da Israele.

Successi internazionali che non hanno cancellato i suoi deficit interni trasformatisi in una vera bancarotta politica, sociale, morale. Mubarak è sfuggito a sei tentativi di attentato,manon alla «Rivoluzione dei Loto». In Egitto «si sta facendo la storia», «una nuova generazione leva la voce per essere udita », dice Barack Obama, il presidente del «Nuovo Inizio» nei rapporti tra l’Occidente e l’Islam, mentre a Piazza Tahrir si attende con il fiato sospeso l’annuncio per cui in milioni si sono battuti nei diciassette giorni che hanno fatto la storia.

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