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7 ottobre 2011

Bahrain, Passo Indietro del Regime: Liberati i Medici
di Emma Mancini

Beit Sahour (Cisgiordania), 7 ottobre 2011, Nena News - La monarchia bahranita fa un passo indietro. Dopo le dure critiche piovute sul regime assoluto del Golfo, le autorità giudiziarie hanno annullato le condanne a venti medici e infermieri accusati di aver occupato l’ospedale Salmaniya Medical Complex di Manama a metà marzo, durante le proteste contro la monarchia sunnita.

La Primavera di Piazza della Perla del febbraio e del marzo scorsi, conclusasi nel sangue, era stata definitivamente stroncata dalla dura repressione contro le opposizioni portata avanti dal regime filo-occidentale di al Khalifa. Tra le vittime della vendetta del re del Bahrain erano finiti la scorsa settimana anche venti dipendenti dell’ospedale di Manama: medici e infermieri sciiti erano stati condannati a pene durissime, tra i cinque e i quindici anni di carcere, per aver mantenuto la loro fondamentale presenza nei giorni degli scontri nell’ospedale in cui lavorano, assaltato dalle forze di sicurezza del regime a metà marzo.

A sbattere i venti medici dietro le sbarre erano state le false accuse architettate dal regime: avrebbero “occupato con la forza l’ospedale”, avrebbero nascosto armi e coltelli e avrebbero “incitato all’odio contro il re, istigato all’odio settario, distrutto proprietà pubbliche e partecipato a raduni con l’obiettivo di mettere a rischio la sicurezza e commettere crimini”. Accuse infondate che hanno sollevato l’attenzione della comunità internazionale. Tra le voci levatesi a favore dei medici bahraniti quella del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che aveva duramente criticato condanne penali a scapito di persone che in giorni di sangue e morte stavano prestando il loro dovere.

Ieri, le autorità giudiziarie del Bahrain hanno così deciso di rivedere la decisione, annullando la sentenza di una speciale corte di sicurezza che sta perseguendo i civili ritenuti colpevoli di aver messo in pericolo la stabilità di un regime lungo due secoli. Il procuratore generale del Bahrain, Ali Alboainain, ha detto ieri in una dichiarazione all’agenzia di stampa di Stato di aver visionato le carte e di aver stabilito “che il caso dovrebbe essere portato di fronte a giudici ordinari”.

“Nessun medico né dipendente ospedaliero – ha proseguito Alboainain – deve essere punito a causa del compimento del proprio dovere umanitario o delle proprie convinzioni politiche. In attesa dell’esito del nuovo processo, gli imputati non possono essere trattenuti in carcere”. Il procuratore generale ha infine promesso che gli accusati avranno nel nuovo processo il diritto ad una piena rivalutazione delle prove a loro carico e l’opportunità di presentare la propria difesa.

Una giravolta che permette alla monarchia di salvare la faccia. E salva anche la credibilità dei suoi storici alleati occidentali, in primis gli Stati Uniti che hanno assistito alla repressione delle proteste della Primavera di Piazza della Perla senza battere ciglio.

Ma l’alleanza con il piccolo Paese del Golfo è fondamentale agli interessi americani nella regione, in particolare a quelli militari: Washington mantiene proprio in Bahrain la base navale della Quinta Flotta. Così, all’epoca della sollevazione della popolazione sciita del Bahrain, maggioranza schiacciata dalla minoranza sunnita al potere, l’amministrazione Obama giustificò il bagno di sangue come necessario a mantenere la stabilità e ad evitare un colpo di Stato orchestrato dal regime iraniano.

Quale che siano le motivazioni dell’annullamento delle condanne, Medici per i Diritti Umani, la prima organizzazione ad alzare la voce contro la sentenza e ad attirare così l’attenzione internazionale, plaude alla decisione: “Siamo felici per qualsiasi tipo di revisione di condanne palesemente ingiuste” , ha spiegato Hans Hogrefe, portavoce del gruppo con sede a Washington, aggiungendo un particolare: l’annuncio dell’annullamento arriva proprio nel momento in cui il Congresso degli Stati Uniti ha avviato la valutazione del piano di vendita di armi al Bahrain, un contratto da 53 milioni di dollari che comprenderà missili anti-bunker, tecnologie per la visione notturna e decine di Humvee, veicoli militari da ricognizione.

Un contratto che le organizzazioni per i diritti umani stanno tentando di bloccare attraverso lettere indirizzate ai membri del Congresso: non si può firmare un simile accordo con un Paese responsabile di una dura repressione contro ogni forma di opposizione, di aver ucciso 34 persone e di averne arrestate oltre 4.000 nei due mesi della Primavera di Piazza della Perla. Nena News

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