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http://www.ynetnews.com
19 luglio 2010

Il Paradosso della Pace
di Elyakim Haetzni‬

Cercando la Pace Israele viene percepito come debole e questo invita gli arabi all’aggressione.

Il Primo Ministro Benjamin Netanyau non si stanca di dichiarare il suo desiderio per la Pace, e i suoi predecessori fecero lo stesso. Tuttavia a prima vista gli arabi non credono a queste dichiarazioni e fortificano i loro confini per difendere se stessi dalle intenzioni belligeranti di Israele.

E’ spiacevole essere considerati l’aggressore, specialmente quando non si ha nessuna intenzione belligerante. Fatto sta che sia precisamente questa calunnia a trattenere gli arabi dall’attaccarci, perché ognuno cerca sempre di stare alla larga dagli aggressori. E così fino a quando pensano di tenere a freno le nostre intenzioni aggressive, si sentono assolti dal dovere di attaccarci.

Tuttavia, i nostri sforzi per la pace erodono questa convinzione. Solo dopo che gli arabi iniziarono a credere che il nostro desiderio di Pace fosse genuino, la nostra sicurezza dovette affrontare gravi pericoli. La ricerca della Pace da parte di Israele veniva percepita come una debolezza e per questo un invito all’aggressione.

Di qui, un governo di sinistra è stato forzato a condurre due guerre, in Libano e nella Striscia di Gaza, senza altri obiettivi se non quello di dispiegare il nostro potere e la nostra abilità di colpire gli altri, perché la compiacenza del governo a fare concessioni trasmette un senso di impotenza. Nella nostra regione, essere percepito come un cercatore di Pace è un pericolo mortale.

Oggi quando la propaganda araba (inclusa quella del partner di Ramallah) ancora ci accusa di avere intenzioni belligeranti, sarebbe meglio che calmassimo i nostri zelanti dinieghi, a meno di non incoraggiare una nuova Operazione Cast Lead (Piombo Fuso).

Gli Arabi sono abituati ad immaginare che la nostra vera intenzione sia di espellerli da Israele. Siamo fuori strada provando loro che le nostre intenzioni sono pure e che non siamo qui per derubarli. Eventualmente il nostro sforzo collettivo di persuasione abbia successo e gli arabi capiscano che la nozione di transfer è sostenuta solo da una insignificante minoranza.

La risposta arriva nella forma di una decisa richiesta di espellere gli ebrei, oltre mezzzo milione di essi, da Gerusalemme e dalla Giudea e dalla Samaria. Ma c’è dell’altro: La risoluzione ONU 181 e il ritiro dai confini del 1947 (in accordo con gli arabi) ci destina ad attendere il rientro degli ebrei della Galilea occidentale, Nazareth, Ramle, Lod, Jaffa, Ashdod, Ashkelon, Kiryat Gat e Beersheba.

Inoltre gli arabi si riferiscono a Sderot come ad un insediamento di coloni.

La truffa della Pace moderata

E tutto questo porta ad una seconda riflessione: Forse avremmo dovuto lasciare gli arabi aggrappati alle loro illusioni? Per esempio, la nozione che le due striscie azzurre sulla nostra bandiera, rappresentino il fiume Eufrate e il Nilo, e che noi progettiamo di occupare quel territorio? Fino a quando crederanno in queste cose, lo faranno per difendere se stessi.

Ad un certo punto Arafat dichiarò con grande serietà che tutta l’area ruvida dietro la Menorah, sugli shekels da 10 centesimi, simbolizzerebbe il territorio tra i due sopramenzionati fiumi. E’ semplicemente pietoso che ci affanniamo a negarlo.

Di sicuro abbiamo identificato in ciò una norma universale “il paradosso della Pace”. Condoleeza Rice si adoperò per far si che Hamas partecipasse alle elezioni palestinesi, facilitandone la vittoria e spingendo così ogni tipo di accordo lontano nel tempo. Il “disimpegno da Gaza” espulse gli ebrei, offrendo così una grave visione dello stato palestinese. Obama ha forzato Netanyau a congelare gli insediamenti, e cos’ha ottenuto? Un empasse totale dei negoziati.

Nel frattempo la sinistra è ansiosa di sostenere il rilascio dei più grandi terroristi palestinesi in cambio di Gilad Shalit. Gli ebrei potrebbero pagare per questo con un bagno di sangue, ma il rilascio di quegli assassini farebbe scoppiare la truffa della Pace moderata di Ramallah, con la visione americana di una Palestina accantonata per sempre. Vedremo di nuovo il campo della Pace distribuire esplosioni mortali alla Pace stessa.

Rimane solo un piccolo problema. Di sicuro è un bene apparire come un assassino in Medio Oriente, per una nazione benestante con una buona aspettativa di vita, ma chi vorrebbe essere percepito in questo modo nel mondo, e nel nostro specchio di casa? Come può uno stesso corpo contenere entrambi, barbarie e civilizzazione; uno che corre alla guerra e l’altro che cerca la pace? Come possiamo presentare una faccia per la giungla mediorientale e un’altra per la famiglia delle nazioni illuminate?

Dopo tutto, nella nostra regione, mantenere un solo volto umano è certamente recepito come una guerra di sterminio.


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19 luglio 2010

The peace paradox
By Elyakim Haetzni‬

Op-ed: Peace-seeking Israel perceived as weak and as such invites Arab aggression

Prime Minister Benjamin Netanyahu does not tire of declaring his desire for peace, and his predecessors did the same. Yet at first, the Arabs did not believe these statements and fortified their own borders to defend themselves in the face of Israel’s “belligerent intentions.”

It’s unpleasant to be considered the aggressor, especially when you do not hold any belligerent intensions. Yet the fact of life is that precisely this “slander” deterred the Arabs from attacking us, because one always seeks to stay away from aggressors. And so, as long as they thought they were curbing our own aggressive intentions, they felt absolved of the duty to attack us.

However, our peace efforts eroded this achievement. Only after the Arab started to believe our desire for peace was genuine, our security was faced with grave danger. A peace-seeking Israel was perceived as weak and as such invited aggression.

Hence, a clearly leftist government was forced to conduct two wars, in Lebanon and in the Gaza Strip, with no other objective except for displaying our power and ability to hurt others, because the government’s willingness to make concessions conveyed a sense of helplessness. In our region, being perceived as a peace-seeker is a mortal danger.

Today, when Arab propaganda (including that of the “partner” in Ramallah) again accuses us of holding belligerent intentions, we may do well to cool off our zealous denials, lest we invite another Operation Cast Lead.

The Arabs used to wonder whether our real intention is to expel them from Israel. We went out of our way to prove to them that our intentions are pure and that we’re not here to rob them. Eventually, our collective persuasion effort succeeded and the Arabs internalized the fact that the notion of transfer is only endorsed by an insignificant minority.

The response arrived in the form of a decisive demand to expel Jews – more than half a million of them from Jerusalem and Judea and Samaria. Yet there’s more to come: UN Resolution 181 and withdrawal to the 1947 borders with a similar fate (according to the Arabs) awaiting the Jews of the western Galilee, Nazareth, Ramle, Lod, Jaffa, Ashdod, Ashkelon, Kiryat Gat, and Beersheba.

At this time already, the Arabs refer to Sderot as a “settlement.”

‘Moderate peace bubble’

And this raises some second thoughts: Perhaps we should have let the Arabs cling to their illusions? For example, the notion that the two blue stripes in our flag represent the Euphrates and the Nile, which we plot to occupy? As long as they believed this kind of thinking, they made do with “defending” themselves.

At one point, Arafat claimed with utter seriousness that the rough backdrop below the Menorah in one of our coins symbolizes the area between the two abovementioned rivers. It’s perhaps a pity that we rushed to deny this.

Indeed, we may have identified a universal rule here – “The peace paradox.” Condoleezza Rice pushed for Hamas participation in the Palestinian elections, thereby facilitating its victory and pushing any kind of agreement further away. The “Gaza disengagement” expelled the Jews, yet delivered a grave blow to the “vision” of a Palestinian state. Obama forced Netanyahu to embark on a settlement freeze, and what did he get? A total impasse in negotiations.

Meanwhile, the Left eagerly supports the release of top Palestinian terrorists in exchange for Gilad Shalit. The Jews may pay for it with bloodshed, yet the released murderers will burst Ramallah’s “moderate” peace bubble, with the US-made vision for Palestine being shelved forever. We shall again see the peace camp delivering a mortal blow to “peace.”

Only one small problem remains. Indeed, appearing to be a thug in the Middle East is good for a nation’s wellbeing and life expectancy, but who wants to be perceived like this in the world, and in our own mirror? How can one body contain both a barbarian and a civilized man; one who rushes to battle and one who seeks peace? How do we present one face for the Mideastern jungle and another one for the family of enlightened nations?

After all, in our region, maintaining a humane face alone is a certain recipe for a war of extermination.


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