da Il Fatto Quotidiano
del 13 settembre 2010

Israele assurdo come un film di Fellini, ma alla fine sarà pace
di Francesco Comina

Trento – Amos Oz ne è convinto: “Prima o poi ci sarà la pace fra israeliani e palestinesi. I pazienti, ossia i due popoli, sono pronti a sottoporsi a una dolorosa operazione ma i chirurghi che devono intervenire col bisturi, ossia i governi, si tirano indietro perché sono codardi”.  Non c’è nessun sentimentalismo nel pacifismo di Oz. La sua è una pace tragica, che ascolta il lamento di una terra lacerata. Una pace obbligata, necessaria, inevitabile. La creazione di due stati è l’unica salvezza possibile, l’unica luce in fondo al tunnel. Dopo la retrospettiva al festival della letteratura di Mantova il più incisivo degli scrittori israeliani ha parlato a Trento nell’ambito della rassegna ‘‘Dialoghi internazionali: se vuoi la pace prepara la pace’ presentando il suo ultimo libro “Scene dalla vita di un villaggio”.

Cosa pensa dei nuovi colloqui di pace fra Israele Palestina?

Israele è un Paese molto particolare. Per rappresentarlo nel modo migliore ci vorrebbe l’immaginario di Fellini. Siamo 8 milioni di abitanti, o per meglio dire, 8 milioni di primi ministri, 8 milioni di profeti e 8 milioni di messia. Tutti hanno una visione particolare di redenzione. Nessuno ascolta l’altro. Io sono fra i pochi che lo fanno perché l’ascolto è la fonte primaria della mia professione. Ascoltando gli altri posso raccontare umori e aspirazioni della gente. Non so se i colloqui avviati in questi giorni porteranno al giusto compromesso. Se non sarà questa volta, sarà la prossima. So che non ci sono alternative. La maggioranza degli israeliani e dei palestinesi è pronta al dolore della pace.

Come immagina questa pace necessaria?

Ci saranno due Stati. Sarà come dividere la casa in due appartamenti. Si tornerà ai confini che c’erano prima del ’67. Israele si ritirerà dalla Cisgiordania. Bisognerà pensare a come garantire la sicurezza smilitarizzando i territori. Gerusalemme capitale divisa avrà due ambasciate, una di fronte all’altra. Ci saranno questioni spinose come quella dei rifugiati. Israele ha accolto più di un milione di persone dai Paesi arabi. Il futuro stato palestinese ne dovrà accogliere 600mila. Ripeto: sarà una pace dura, piena di spine ma inevitabile. Quando l’avremo raggiunta Israele dovrà liberarsi dell’atomica perché non avrà più significato strategico.

Come ha reagito davanti alle minacce del pastore evangelico americano Terry Jones di voler bruciare copie del Corano nei giorni del ricordo dell’11 settembre?

Il fanatismo è il vero problema della nostra storia. Non sono mai stato d’accordo con le tesi del politologo americano Samuel Huntington che vede il mondo schiacciato da uno “scontro di civiltà”. Il punto drammatico del conflitto odierno sta nello scontro fra il fanatismo e il resto del mondo. I fanatici sono ovunque e sono un pericolo. Tutti dovrebbero esser più consapevoli della crescita del fanatismo. Il fanatico è talmente altruista che nega gli altri. Qui si nasconde il cuore macabro della violenza.

Il rapporto fra Israele e Turchia s’è incrinato dopo l’attacco alla nave “Freedom Flottilla” in rotta verso Gaza. Lei fu uno dei pochi scrittori israeliani a condannare l’assalto israeliano che ha provocato morti e feriti.

Sì, è vero. La maggioranza degli israeliani approvò l’intervento dell’esercito. Ho parlato di atto stupido, fra l’altro avvenuto in acque internazionali. Israele aveva tutto il diritto di controllare se ci fossero state a bordo armi. Ma non in quel modo. La Flottilla però ha raggiunto un risultato importante: è stato sospeso l’embargo a Gaza.

Come giudica la corsa al nucleare dell’Iran?

L’Iran minaccia di distruggere e annichilire uno stato membro dell’Onu. È uno scandalo e un oltraggio. Non è mai accaduto una cosa del genere. È molto pericoloso che un regime del genere possegga il nucleare. Non è un problema israeliano, è un problema mondiale.

Non ha mai pensato di lasciare Israele e venire in Europa? Nei giorni scorsi si è parlato di una “tentazione” di Grossman.

David Grossman è stato frainteso. Non ha nessuna intenzione di lasciare Israele. La stessa cosa vale per me. Amo troppo questa terra per lasciarla. Anche quando mi arrabbio lo faccio con un sentimento di amore. Sulla mia scrivania tengo due penne, una blu e una nera. Con quella blu scrivo i miei romanzi, con quella nera mando a quel paese il mio governo. Ma in entrambi i casi scrivo con la passione di chi ha a cuore la vita. Per me la vita viene prima di tutto.

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