http://it.peacereporter.net Kosovo, la risposta più attesa
Sono almeno 250 le vittime sepolte nella fossa comune rinvenuta oggi nel vilaggio di Rudnica, a sud di Raska, in Serbia, a pochi chilometri dal confine con il Kosovo. Sarebbero tutti albanesi, uccisi e sepolti durante il conflitto nella provinicia serba a maggioranza albanese nel 1999. L'uffcio del pubblico ministero che indaga sulla vicenda a Belgrado ha confermato la notizia. "Faremo il possibile per estrarre tutti i corpi e riconsegnarli alle famiglie nel minor tempo possibile", ha dichiarato Bruno Vekaric, portavoce dell'ufficio serbo che indaga sui crimini di guerra. La fossa comune è stata individuata grazie al contributo degli uomini della missione Ue che opera in Kosovo e, secondo Vekaric, "rappresenta la prova che la Serbia intende stabilire la verità su tutti i crimini di guerra avvenuti, indipendentemente dalla nazionalità degli assassini o delle vittime". Durante il conflitto, nel 1999, centinaia di albanesi furono trasportati in Serbia, uccisi e sepolti in fosse comuni. Quella di Raska, secondo la tv pubblica serba, è la sesta ad essere rinvenuta dal 2000, anno della caduta di Slobodan Milosevic, presidente serbo all'epoca del conflitto e morto in carcere all'Aja nel 2006. Il rinvenimento di oggi non ha un grande valore solo per le famiglie che, dopo undici anni, potranno finalmente avere i resti dei loro cari scomparsi durante il conflitto. La sensazione, rispetto agli ultimi mesi, è quella che una nuova stagione del dialogo si sta inaugurando tra la magistratura serba e quella albanese. Gli scavi a Rudnica, infatti, arrivano dopo due anni di voci attorno a una costruzione che secondo alcuni testimoni dell'epoca venne eretta sul luogo della fossa comune alla fine della guerra. Adesso si scava davvero, però. Dal 2001 in poi sono stati almeno 800 i cadaveri albanesi rinvenuti in varie zone della Serbia, ma tutto si era poi fermato. Con il costante avvicinamento della Serbia e dell'Albania nell'orbita euroatlantica, sia Belgrado che Tirana sono sottopresisone per chiuderele tensioni tra di loro, passo fondamentale per la distenione futura tra Kosovo e Serbia. In quest'ottica si può leggere l'arresto, avvenuto a Kukes in Albania il 6 maggio scorso, di Sabit Geci. L'uomo è un ex miliziano dell'Uck, ritenuto un elemento chiave all'epoca della guerra nella rete che ha rapito ed eliminato cittadini serbi. I servizi di sicurezza di Tirana, in questi undici anni, hanno sempre saputo dove si trovasse Geci, ma solo adesso lo arrestano. Vekaric, a margine della conferenza stampa sulla fossa comune di Rudnica, ha aggiunto: "Speriamo, inoltre, che questo sia il modo migliore per inaugurare una stagione del dialogo e per dare una risposta alle circa 500 famiglie serbe che aspettano una risposta". Questa risposta potrebbe essere quella della cosidetta Casa Gialla, l'abitazione della famiglia Katuci, nel nord del'Albania. L'ex procuratore del tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia Carla Del Ponte è convinta che vi siano stati detenuti serbi, durante e dopo la guerra, ai quali sono stati espiantati organi finit poi nel traffico internazionale. Le loro famiglie, come quelle di tuti i desaparecidos, meritano una risposta. |