ISM-Italia
L'attesa partenza per El Arish di lunedì mattina non c’è stata. Dopo una convulsa giornata di trattative e di snervante attesa, il convoglio VivaPalestina5 è ancora bloccato nella città portuale di Lattakya. Chiediamo a tutto il movimento che in Italia è impegnato a fianco del popolo palestinese di mobilitarsi per elevare una dura protesta nei confronti dell’Egitto, con tutte le iniziative che potranno essere intraprese e che in parte sono già in corso. Chiediamo alle forze politiche e sindacali italiane di far sentire la loro voce. Chiediamo ai parlamentari europei, ma anche ai membri del parlamento italiano, di sollevare la questione nelle rispettive sedi con interpellanze formali. Chiediamo alle ambasciate italiane al Cairo e a Damasco, chiediamo al Governo e al Ministero degli Esteri italiano, di tutelare i nostri diritti e la nostra integrità e di sollevare una ferma protesta nei confronti del governo egiziano. La situazione va sbloccata non nell’arco di giorni, ma di ore. Noi, 14 componenti del gruppo italiano, insieme agli altri 380 partecipanti al Convoglio Viva Palestina5, siamo trattenuti in una forma illegale di sequestro dal 2 ottobre, da oltre 17 giorni in questa città siriana, impediti dal governo egiziano di arrivare a El Arish e da li, per un tragitto di 40 km di entrare nella striscia di Gaza. Fino ad ora la leadership del convoglio ha tenuto volutamente e pazientemente un atteggiamento di estrema collaborazione con le autorità egiziane per non offrire nessun appiglio a possibili irrigidimenti. E tuttavia, pur avendo ottemperato a tutte le richieste non otteniamo ancora il permesso per l’ingresso. Questa situazione da qualsiasi punto la si osservi è assolutamente illegale. Noi vogliamo far arrivare nella Striscia di Gaza, sottoposta a un embargo illegale secondo il diritto internazionale, condannato dall'ONU e anche dall'UE, medicine e articoli sanitari, materiale per gli scolari di Gaza, un insieme di aiuti umanitari. Non trasportiamo armi, droghe o altre sostanze illecite. Non esportiamo valuta. Non siamo qui per praticare turismo sessuale. Non siamo finanziati da potenze straniere. Trasportiamo solo gli aiuti umanitari offerti dai tanti donatori italiani che ci hanno generosamente sostenuto e che ci hanno permesso di realizzare questa missione per la popolazione di Gaza, sfiancata da un assedio e da un boicottaggio letale che dura dall'inizio del 2006. Se avessimo compiuto una o più di queste azioni le autorità egiziane, ma anche quelle turche o siriane avrebbero avuto tutto il diritto di arrestarci e giudicarci. Non è questo il caso. Siamo stati sempre accolti con grandissimo calore e, possiamo dirlo, in particolare noi italiani, con grande simpatia, in Turchia come in Siria. Il comportamento del governo egiziano ci costringe a una sosta che lede gravemente i nostri diritti, a cominciare dal diritto alla libera circolazione. Abbiamo adempiuto a tutte le richieste presentare il 5 ottobre, in un incontro a Damasco, dall'ambasciatore egiziano. Poi il 16 ottobre è arrivata da parte egiziana una lista di proscrizione per 17 attivisti (nessuno del gruppo italiano) che le autorità egiziane hanno dichiarato “non graditi”, basata su dati inconsistenti e su errori grossolani, solo un ulteriore espediente per rinviare ancora la partenza. Tra questi, fatto particolarmente odioso, due parenti delle vittime della Mavi Marmara, che vorrebbero unire la terra delle tombe dei loro cari a quella palestinese di Gaza per piantare un albero di ulivo. E' evidente che si sta giocando contro di noi una partita squisitamente politica e che siamo vittime di una forma di “sequestro di persona”, tenuti in ostaggio per motivi che sono facilmente intuibili e dietro i quali si vede chiaramente la volontà dello Stato di Israele di contrastare queste missioni di pace. Il governo egiziano deve essere consapevole che non è tollerabile che si neghi l’ingresso ai pacifisti, mentre lo si auspica e lo si sollecita per i turisti! Tutti e tutte sono decisi/e a resistere a oltranza, ma abbiamo famiglie e impegni di lavoro e dovremmo rientrare al più presto nelle nostre case. Chi è partito dall'Inghilterra è in viaggio da più di un mese, noi che siamo partiti dall'Italia da 29 giorni. La mobilitazione in Italia, in Europa e nel mondo deve unirsi alla nostra indignazione e alla nostra resistenza. |