Il governo egiziano continua a giocare sui tempi e sui modi dell’ingresso Chi ha avuto l’occasione di visitare la Palestina occupata conosce bene la tecnica dei check-point israeliani, quelli fissi e quelli mobili: una tecnica per controllare, umiliare, infliggere illegali punizioni collettive, fiaccare la resistenza della popolazione civile palestinese. Una tecnica che si è evoluta in forme sempre più sofisticate e disumane. Il check-point di Kalandia tra Gerusalemme e Ramallah, alcuni anni fa manteneva ancora qualche cosa di umano: la possibilità almeno di vedere in faccia l’oppressore; ora è stato aggiornato in un dispositivo tutto automatizzato e completamente anonimo che tratta i palestinesi come fossero dei sub-humans. Dell’oppressore si possono ascoltare solo gli ordini. Anche l’Egitto evidentemente si sta esercitando nella tecnica del check-.point con il convoglio VivaPalestina. Se è vero che la trattativa di Damasco si è conclusa con un accordo in cui il prezzo da pagare è stata la rinuncia di Galloway a entrare in Gaza, ora il governo egiziano continua a giocare sui tempi e sui modi dell’ingresso, sperando forse di fiaccare la resistenza dei 380 attivisti accampati nel campo profughi di Lattakya. Miserabili ritorsioni e intimidazioni da parte di un governo e di un potere che è avviato irrimediabilmente verso il tramonto. Ma non per questo si tratta di comportamenti tollerabili. Kevin Ovenden, direttore del convoglio, nella press conference di sabato 9, di fronte ai media mediorientali e internazionali, ha mostrato campioni delle armi di distruzione di massa di cui è dotato il convoglio: carte, penne, album da disegno, zainetti per gli studenti, medicinali, carrozzine per disabili e via enumerando. Evidentemente il governo egiziano non si rende conto del ridicolo di cui si rende responsabile. Ma non per questo tale atteggiamento è tollerabile e da parte del Convoglio parte l’invito di rivolgere proteste e pressioni ai governi, ai ministeri degli esteri e alle ambasciate dei 27 paesi partecipanti, affinché tale comportamento abbia immediatamente fine e il convoglio, fermo e in un certo senso sequestrato nel porto di Lattakya, possa partire per El Arish e da lì, senza ulteriori ostacoli, entrare a Gaza. Press conferente di domenica 10 ottobre, ore 18: Kevin Ovenden fa il punto della situazione, annuncia che alle 11 di lunedì un gruppo di 30 veicoli algerini si sposterà dal campo profughi direttamente al porto di Lattakya , come forma di protesta e di pressione nei confronti delle autorità egiziane. Il convoglio ha già ottemperato a tutte le condizioni poste dai funzionari egiziani e sono stati forniti tutti i dati richiesti su attivisti, veicoli e aiuti; ma l’atteso via libera alla partenza ancora non arriva. In nessuno dei precedenti convogli le richieste egiziane erano state così assurde e particolareggiate. Nella serata di domenica 10, tutte le nazioni presenti partecipano a un concerto-happening. Il gruppo italiano propone prima la lettura di un estratto da Stato d’Assedio di Mahmoud Darwish e poi si produce in una applauditissima esecuzione di Bella ciao, un simbolico collegamento fra la resistenza palestinese e la resistenza italiana nella lotta al nazifascismo |