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Lattakia, 3 ottobre 2010
Convoglio Viva Palestina settembre 2010
Da Kayseri a Latakia (Siria) attraverso Adana: un effetto domino
1 ottobre
Pernottamento in un vecchio albergo di una stazione sciistica a 20 Km da Kayseri. Siamo arrivati in piena notte, dopo aver lasciato i nostri veicoli in città, su due pullman messi a disposizione dall’IHH (l’organizzazione umanitaria turca che ha organizzato il viaggio della Mavi Marmara).
Alle 8.30 visita omaggio alla tomba di Furkan Dogan, 19 anni, la piu’ giovane delle vittime del massacro della Mavi Marmara, nato negli Stati Uniti e con la doppia cittadinanza. Un piccolissimo cimitero di villaggio. La commozione intensa. Preghiere e testimonianze di molti che gli sono stati compagni in quella tragica vicenda. Ovunque e sulle auto si vede la sua foto incollata sul parabrezza.
Rientriamo a Kayzeri, l’antica Cesarea, e riprendiamo il viaggio sui nostri veicoli. Da oltre 1000 metri di altitudine dobbiamo scendere ad Adana, praticamente a livello del mare. E’ un viaggio che abbiamo già fatto nel 2005: si attraversa un altipiano sconfinato, splendido nella sua scabra maestosità, contornato da montagne e da contrafforti rocciosi. Da questo viaggio si coglie quanto sia cambiata la Turchia negli ultimi anni. Nel 2005, con una carovana internazionale, compivamo questo stesso percorso su una strada tortuosa a doppio senso di marcia. Ora si viaggia su una autostrada a quattro corsie che taglia le montagne e punta direttamente su Adana. Ma non è l’unico segnale di una dirompente società in crescita. Ci ha colpito Kayzeri, con il suo metrò di superficie, i moltissimi autobus pubblici, piste ciclabili e byci-shearing. Una modernizzazione da far invidia a molte città europee e sopra tutto italiane. E poi quartieri di grattacieli che spuntano come funghi nelle periferie delle grandi città. Un inurbamento rapido.
Israele ha voluto sfidare e umiliare il popolo turco e il governo Erdogan, in modo mirato e chirurgico (tutte le 9 vittime della Mari Marmara erano di nazionalità turca), ha compiuto un crimine, ma anche un incredibile e fatale errore strategico e politico. La strage della Mavi Marmara ha risvegliato potentemente la dignità, l’orgoglio del paese. E oggi la Turchia, con i suoi 75 milioni di abitanti, nel contesto mediorientale, si appresta a giocare un ruolo determinante riempiendo il vuoto politico lasciato nella regione dalla distruzione dell’Irak. Ma non solo Israele, anche l’Europa e gli Stati Uniti stanno compiendo errori plateali di analisi e di prospettiva geopolitica.
Arriviamo ad Adana all’imbrunire e anche qui l’accoglienza è straordinaria e di massa. Un crescendo. Sosta in un complesso sportivo. Subito cena imbandita e offerta su lunghe tavolate in cui noi e gli ospiti ci confondiamo e ci mischiamo. Sempre forte protagonismo delle donne, giovani, giovanissime ma anche anziane.
Abbiamo percorso fino ad ora 2.589 km. Il gruppo che si era attardato per riparazioni si è intanto ricongiunto alla carovana.
2 ottobre.
Si riparte con destinazione il border della Siria e quindi il porto di Lattakia.
Sosta al cimitero di Adana, dove si ripete, ma in un contesto molto più ampio la stessa cerimonia di omaggio a una vittima della Mavi Marmara. Poi ci dirigiamo verso il confine siriano, che dista circa 250 km e dove supponiamo di incontrare qualche difficoltà nell’ingresso.
Si arriva verso le 15.30. In realtà le procedure di uscita dalla Turchia e di ingresso in Siria si svolgono con notevole rapidità e senza nessun intralcio, il clima è cordiale e sollecito nei nostri confronti. La sorpresa ce la riserva l’entrata in territorio siriano dove la folla è imponente e dove le autorità hanno preparato una accoglienza ufficiale, montando tribune coperte, un palco per gli interventi. Forte presenza di militari e di autorità, cartelli con l’immagine del presidente Assad.
Effetto domino! Questa è l’impressione di questa accoglienza molto ufficiale e formale. C’è da riflettere sul dato politico: il ruolo assunto dalla Turchia spinge anche la Siria e il suo governo a sostenere con maggiore determinazione il Convoglio internazionale. Così si spiega la facilità di ingresso al confine. Qui a differenza della Turchia, la regia è chiaramente del governo, ma poi, dopo i discorsi ufficiali, la folla, quella vera, si riprende la scena in un tripudio di cori, canzoni, di bandiere e di abbracci.
Da domani inizia la seconda parte del viaggio, da Lattakia verso l’Egitto. Il giorno della partenza non e’ ancora definito. Obiettivo entrare a Gaza rompendo l’assedio che la soffoca. La sfida e l’incognita è il governo egiziano di Mubarach, servile alleato di Israele. Come reagirà? Dobbiamo rivedere forse le previsioni. Dove si interromperà l’effetto domimo? Tentare di bloccare il convoglio come è avvenuto a gennaio, con pestaggi della polizia, dopo il massacro della Mavi Marmara non è una operazione semplice: avrebbe un costo elevatissimo tale da mettere l’Egitto in aperto conflitto con tutti i paesi dell’area islamica e del Maghreb che partecipano alla carovana. Perché a Lattakia, dove arriviamo a notte inoltrata, dopo non poche peripezie e stravaganze di percorso, stanno arrivando anche gli altri rami del convogliuo, quelli partiti da Casablanca e dal Qatar.
La situazione politica è in movimento.
Alfredo e Vincenzo Tradardi
ISM Italia
Viva Palestina Italia
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