30 ottobre 2010 Abbiamo passato la notte ad Ankara, la capitale della Turchia, una città di 5 milioni di abitanti , con un traffico …. tranquillo a confronto di Istanbul (20 milioni di abitanti) . L'accoglienza ieri,è stata semplice e splendida. Questa mattina al centro sportivo che ci ospita una colazione a base di uova, pomodori, cetrioli, datteri e olive, una bevanda molto buona a base di yogurt e un ciuffo di prezzemolo. Molto simpatica. Tempo incerto . La carovana sta amalgamandosi (vi sono più di 10 delegazioni di diversi paesi) ma ha perso circa 10 veicoli attardati per problemi meccanici, che ci raggiungeranno domani. Si prosegue verso l'interno, verso la città di Kayzeri. Si viaggia su un altipiano di circa 1000 metri di altezza. Paesaggi infiniti. Il tempo peggiora e a tratti la pioggia si fa violenta. Arriviamo a Kayzeri verso le le 6, è quasi notte, ma lungo la strada continue dimostrazioni di simpatia e di saluto. Kayzeri è l'antica città di Cesarea fondata da Costantino; la attraversiamo e colpiscono le imponenti mura romane e poi crociate. Meriterebbe una visita , ma l'obiettivo della carovana è un altro: arrivare a Gaza e rompere l'assedio israeliano: questo è il tema centrale di tutti gli interventi: perché è la sola risposta possibile al massacro della Mavi Marmara. Questo il messaggio lanciato attraverso i media al governo egiziano: arriviamo in pace, ma non impediteci di entrare a Gaza! Il percorso della carovana lo scopriamo tappa dopo tappa, segue una sua logica, una sua mission: ricordare i 9 morti della Mavi Marmara, tutti turchi, una operazione “chirurgica” degli israeliani per colpire la Turchia di Erdogan. A Kayzery, domani, ricorderemo anche Furkan Dogan, un ragazzo di 19 anni. Si corre, da una tappa all'altra in questo viaggio e occorre trovare un senso, una riflessione in queste tappe che sembrano tutte ripetere un rituale e che tuttavia non hanno nulla di formale e di preordinato. Questa accoglienza, questi sorrisi di folla ci dicono qualche cosa che occorre cogliere, su cui occorre riflettere: è un segnale a tutti noi “europei”: la sofferenza, il dolore, la tragedia del popolo palestinese ci unisce, ci unisce nei valori della giustizia, della libertà, dell'umanità; venite in pace, noi vi accogliamo. Venite in pace, senza armi e senza pretese di civilizzazioni. Ce lo dicono i ragazzi, tanti, le donne, tante, che abbracciano le volontarie del convoglio, Dana, Carola, Alina e poche altre. Ora sono le 22,30 sospendo il rapporto per seguire un altro incontro. Inshallah. Vincenzo Tradardi |