l’Unità Intervista a Shulamit Aloni È stata tra le fondatrici di «Peace Now» e del Meretz (la sinistra laica e pacifista israliana), più volte ministra nei governi Rabin e Peres «Ciò che è avvenuto può definirsi con una sola parola: massacro. Da israeliana mi ribello contro questo atto sanguinario che non può avere alcuna giustificazione. Ciò che è avvenuto è il frutto di una campagna di demonizzazione orchestrata da chi oggi governa Israele. Chi ha dato l’ordine di fermare con ogni mezzo le navi della pace dirette a Gaza ha armato la mano dei nostri soldati. Per questo andrebbe perseguito dalla Giustizia internazionale». A sostenerlo è Shulamit Aloni, fondatrice di «Peace Now», figura storica del movimento per la pace israeliano, più volte ministra nei governi guidati da Yitzhak Rabin e Shimon Peres. «Quelle navi sottolinea Aloni non trasportavano armi ma aiuti umanitari per una popolazione, quella di Gaza, sottoposta da anni ad una punizione collettiva contraria alle norme del diritto internazionale e di quello umanitario. Con questo massacro, il mio Paese, quello per cui ho combattuto, ha mostrato di sé il volto peggiore: il volto dell’arroganza, dell’uso spropositato della forza. È una macchia che resterà nel tempo. E per cancellarla non sarà sufficiente la condanna internazionale. Occorre che dall’interno della società israeliana si levino immediatamente le voci di protesta. Occorre una rivolta morale contro chi sta attentando non solo alla pace in Medio Oriente, ma sta minando le basi stesse della nostra democrazia. Perché un Paese che giustifica massacri come questo, è un Paese che condanna se stesso a una brutta fine». Il vice ministro degli Esteri israeliano, Dany Ayalon, e successivamente il ministro della Difesa, Ehud Barak, e in ultimo il primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno affermato che lo scopo degli organizzatori della flottiglia non era di portare aiuti umanitari a Gaza ma di attuare una «deliberata provocazione» ai danni di Israele. «Sono parole di una gravità inaudita, di chi prova a difendere l’indifendibile. E comportandosi in questo modo non fa che alimentare la rabbia e l’indignazione nel mondo per il massacro che è stato perpetrato. Niente può giustificare l’aver trasformato il ponte di una nave in un campo di battaglia. Chi ha deciso quello spiegamento di forze, chi ha orchestrato una campagna di demonizzazione contro quei pacifisti, voleva impartire una “lezione”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: quel sangue versato è una macchia indelebile, una pagina terribile nella storia del mio Paese». Insisto: le autorità israeliano hanno ha spiegato che sulla nave abbordata sono state trovate due pistole... «E per due pistole si consuma un massacro? Qui siamo di fronte a qualcosa di ben più grave di un eccesso di difesa. Siamo di fronte a un crimine. E le responsabilità sono di coloro che hanno impartito l’ordine di fermare con ogni mezzo quelle navi. E ogni mezzo è stato usato. La flotta è stata peraltro intercettata e attaccata in acque internazionali. E’ come se si fosse voluto riaffermare che Israele è al di sopra della legalità internazionale, con una indiscutibile e indiscussa libertà di manovra. Ma chi pensa di godere di una impunità assoluta è un pericolo per tutti». In Turchia è esplosa la rabbia contro Israele... «Non solo in Turchia. Questo massacro alimenterà l’odio verso Israele, rafforzando i gruppi integralisti e indebolendo quanti nel mondo arabo e tra i palestinesi continuano a credere nel dialogo e a battersi per una pace giusta, tra pari. Ma i falchi che oggi governano Israele stanno facendo di tutto per chiudere ogni spiraglio di dialogo. Il massacro di oggi (ieri, ndr) va in questa direzione». I riflettori sono tornati ad accendersi su Gaza. Israele giustifica il blocco della Striscia come difesa da Hamas... «Il blocco non ha indebolito Hamas, come non l’hanno indebolita le uccisioni di molti dei suoi leader. Il blocco ha accresciuto la sofferenza della popolazione della Striscia, trasformando Gaza in una enorme prigione a cielo aperto. Chi assalta le navi, chi opprime un altro popolo, chi persegue la colonizzazione dei Territori palestinesi occupati, coltiva l’illusione che la sicurezza d’Israele possa reggersi sulla forza delle armi. Ma questa è una illusione che sta producendo disastri e altri ne provocherà ancora se il mondo non farà sentire la sua voce di protesta. A cui deve unirsi l’Israele che non accetta di essere complice di questo crimine. È il momento di ribellarsi. Se non ora, quando?». Oltre che nei Territori palestinesi la rabbia sta infiammando anche la comunità araba israeliana... «Stiamo parlando di un milione di israeliani, che quel razzista di Lieberman (il ministro degli Esteri israeliano, ndr) considera feccia, che se fosse per lui trasferirebbe forzatamente nei Territori. Costoro hanno in mano il futuro d’Israele e della pace...C’è da esserne terrorizzati».
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