http://serenoregis.org Scegliete la pace, ponete fine all’assedio di Gaza Mairead Maguire ebbe il Premio Nobel per la Pace nel 1976 per le sue azioni per porre fine alla violenza nella sua nativa Irlanda del Nord. Nei 10 anni scorsi, è andata più volte in Israele e Palestina per promuovere i diritti civili e la resistenza nonviolenta. Maguire è fondatrice dell’Iniziativa delle Donne Nobel e membro della Rete TRANSCEND per la Pace, lo Sviluppo e l’Ambiente. Sono passati due mesi dall’attacco d’Israele al convoglio di aiuti umanitari per Gaza, con risultati davvero tragici che comprendono nove morti e 40 feriti. Eppure, come rivelano tranquillamente gli accadimenti di questa settimana, pare che Israele se la cavi ancora una volta per il suo smaccato disprezzo per il diritto internazionale e non venga considerato responsabile del disastro. E’ infatti stato riferito lunedì 12 luglio u.s. che una commissione militare israeliana ha trovato “nessun fallo” da parte dei commando che parteciparono all’attacco. E benché il Consiglio di Sicurezza ONU e varie associazioni per i diritti civili abbiano richiesto un’inchiesta in merito indipendente e “credibile”, non c’è alcun preparativo del genere. Israele ha ritenuto tali sforzi indipendenti “anti-Israele” e una minaccia all’esistenza dello stato. Risultato? Gli USA e invero anche il resto della comunità internazionale se ne stanno in disparte, facendo nulla. Il 5 giugno scorso, ero a bordo della motonave Rachel Corrie dal nome della giovane attivista americana uccisa da un bulldozer dell’esercito israeliano nel 2003 diretta a Gaza. Appena qualche giorno prima, avevamo sentito via telefono satellitare che commando israeliani avevano abbordato sei navi, fra cui la motonave turca Mavi Marmara, in acque internazionali, uccidendovi e ferendovi molti a bordo. Come settima nave della Flottiglia della Libertà, ci trovavamo ora in uno scenario drammaticamente analogo. I 19 membri dell’equipaggio e gli attivisti a bordo della Rachel Corrie sentirono che 35 militi israeliani di pronto intervento pesantemente armati si stavano ora preparando ad abbordare la nostra nave. Ci sedemmo sul ponte per aspettarne l’arrivo. Qualcuno si chiedeva se avremmo affrontato lo stesso destino che i nostri colleghi sulla Mavi Marmara. L’uccisione di civili disarmati era una notizia devastante per tutti noi. Non erano terroristi. Come me, pensavano che Gaza non debba più essere un luogo di sofferenza e isolamento per i suoi abitanti. E, come me e tutti gli altri attivisti a bordo della Flottiglia della Libertà, credevano nella pace. Negli anni 1970 mi dicevano che in Irlanda del Nord non sarebbe arrivata la pace, proprio come ora mi dicono che non sia possibile in Israele e Palestina. Ho perso mia nipote e due nipotini e mia sorella per la violenza in Irlanda, e mi spezza il cuore vedere lo stesso destino incombere su tante famiglie israeliane e palestinesi. Ho speranza e credo che giungerà alfine la pace in Palestina e Israele perché ho incontrato tante gente lì sul terreno all’opera perché questo accada. E la resistenza nonviolenta, così come ha portato la pace all’Irlanda del Nord, la porterà a questa regione tormentata dalla guerra. Ecco perché continuo a tornare a Gaza, con gran disappunto del governo israeliano. L’ultima volta che cercai di consegnarvi aiuti umanitari, nel giugno 2009, fui detenuta per una settimana. In questo viaggio, il mondo stava a guardare. Molti, me compresa, credevano che i tragici avvenimenti del 31 maggio avrebbero finalmente aperto gli occhi al mondo sulla tragedia principale la punizione collettiva da parte di Israele di 1.5 milioni di palestinesi. Le violazioni al diritto internazionale commesse da Israele sono ben documentate dalle Nazioni Unite e molti altri organismi indipendenti per i diritti umani. Eppure, le violazioni continuano sotto guisa di “sicurezza nazionale”, e così una politica d’isolamento di Gaza per indebolire Hamas. E’ una politica che chiaramente non funziona. Ha invece trasformato Gaza in quella che è stata giustamente definita la più grande prigione a cielo aperto al mondo. Il blocco che Israele impone su Gaza de ben tre anni ha solo punito palestinesi innocenti. Il mancato accesso a rifornimenti medici e a cure ospedaliere porta a una perdita di vite umane. Studenti brillanti e vogliosi che non sono in grado di accettare posti offerti in università internazionali. Famiglie che non riescono a ricostruirsi la casa distrutta durante il martellante assalto israeliano a Gaza che uccise oltre 1.400 persone nell’inverno 2008-9. E Hamas, presunto bersaglio d’Israele nonché rappresentante eletto del popolo palestinese, diventa più forte. Intanto, il recente rapporto rilasciato dai militari israeliani mostra che Israele intende continuare a scegliere politiche sterili e la violenza rispetto alla pace. Infatti, il rapporto addirittura si è spinto a lodare l’operato dei commando israeliani che hanno ucciso nove civili e ferito varie altre decine, dicendo che avrebbero agito “con proprietà e professionalità, coraggio e inventiva” e che il ricorso al fuoco fosse giustificato. In Israele è in corso un’inchiesta separata, guidata da un giudice della Corte Suprema Israeliana in pensione. Dato l’esito della prima, non c’è ragione per essere ottimisti ritenendo che questa commissione farà altro che rafforzare la cultura d’impunità d’Israele. Niente di meno che un’indagine indipendente è accettabile alle famiglie delle vittime dell’incursione e, soprattutto, ai palestinesi che vivono a Gaza. E’ davvero ora che apriamo gli occhi. La comunità internazionale deve finalmente smettere di permettere a Israele di agire con smaccato disprezzo del diritto internazionale e dei diritti umani. La parziale rimozione dell’assedio mostra che cosa può ottenere la pressione internazionale, ma non basta. E’ tempo che Israele scelga la pace. E’ tempo che i leader mondiali e la comunità internazionale si coordinino richiedendo a Israele di togliere del tutto l’assedio a Gaza, ponendo fine all’ occupazione della Palestina e permettendo ai palestinesi d’esercitare il loro diritto all’auto-determinazione.
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