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http://www.ipsnotizie.it Donne pronte a salpare verso Israele BEIRUT, 22 luglio 2010 (IPS) - E' libanese e si chiama “Maryam” la nave di aiuti tutta al femminile ormeggiata nel porto libanese di Tripoli che si prepara a salpare per Gaza nei prossimi giorni. L’imbarcazione, che mira a rompere l’assedio di Israele nei territori palestinesi, porterà circa 50 operatrici umanitarie tra cui alcune suore statunitensi desiderose di portare aiuti a donne e bambini di Gaza da tempo sofferenti. “Siamo stati attratti dal progetto...uniti da un sentimento di forte ingiustizia”dice Samar Hajj, uno degli organizzatori della Maryam, nome che deriva da Maria, la madre di Cristo. L’assedio israeliano è cominciato nel 2006 dopo la vittoria dei militanti di Hamas alle elezioni legislative, quando i guerriglieri palestinesi fecero un’irruzione oltreconfine e rapirono un soldato israeliano, Gilad Shalit. Il blocco è stato mantenuto con l’aiuto dell’Egitto, da quando Hamas ha il controllo del territorio dal 2007. Tutto questo ha portato a forti carenze e ha reso difficile la vita quotidiana a Gaza. Il 31 maggio le forze israeliane hanno attaccato la Mavi Marmaris, una nave di aiuti umanitari turca che stava portando soccorsi a Gaza, uccidendo nove turchi a bordo. Dopo l’attacco che ha rafforzato l’ondata di sdegno internazionale contro Israele, Hajj ha organizzato con altri undici amici, una protesta contro l’occupazione nella parte sud di Beirut. “Siamo rimasti sconvolti dalle immagini violente che abbiamo visto in tv e vogliamo fare qualcosa”. Le donne invece si sono messe in contatto con Yasser Kashlak, 36 anni siriano ma di origini palestinesi, che guida il Free Palestine Movement. Kashlak ha contribuito al finanziamento di altre navi che hanno tentato di forzare il blocco israeliano, compreso la Gaza Freedom Flotilla e la Naji al Ali. “Dopo l’incidente con la Mavi Marmaris, una delle donne ha esclamato ‘Maria’ durante la nostra riunione settimanale. La sua esclamazione è stata come una rivelazione e così abbiamo deciso di chiamare la nostra nave Maryam (Maria in Arabo). Il nome era perfetto per una nave che trasporta solo donne. “Chi può screditare la Vergine Maria, riconosciuta santa da molte religioni?”, si chiede Hajj. E’ previsto uno scalo in un porto amico prima di raggiungere Israele a causa della palpabile ostilità tra Libano e Israele. Il mese scorso, il governo cipriota ha vietato a qualsiasi nave diretta a Gaza di fare scalo nel suo porto. Ma gli attivisti possono ancora salpare da un porto turco di Cipro. “Abbiamo la possibilità di navigare da una serie di porti amici, tutti sanno che siamo obbligati a transitare per un porto straniero per evitare di far passare il nostro viaggio come un atto ostile” dice Hajj. Hajj ha dichiarato di aver ricevuto circa 500 richieste per il viaggio, ma la Maryam trasporterà solo 50 donne, circa metà sono cittadine libanesi e il resto arabe, europee e americane. L’organizzatore, spiega che è rischioso portare palestinesi a bordo perché si corre il rischio che gli israeliani li arrestino. “La nave porterà medicine per il cancro e altri aiuti di prima necessità per donne e bambine. Non porteremo armi né terroristi come invece sostiene l’esercito israeliano”. Mentre aspettano di salpare, il quartiere generale della Maryam è impaziente. Donne, provenienti da ambienti diversi e di diversa derivazione politica, nazionalità e credo religioso conversano, discutono e scherzano. Le donne della Maryam si fanno chiamare Maryam 1, Maryam 2... Preferiscono mantenere le identità segrete così da evitare pressioni dalle rispettive ambasciate, racconta Hajj. Myriam 1 è un avvocato indiano di mezza età ed è la moglie di un ammiraglio. “Io sono seguace degli insegnamenti di Mahatma Gandhi che ha combattuto pacificamente contro ogni forma di oppressione nel corso della sua vita. Anche lui si opponeva all’occupazione in Palestina”, racconta la donna. L’avvocato spiega che prima di decidere di unirsi alla Myriam, ha studiato le implicazioni giuridiche del caso della Free Gaza Flotilla, che ritiene illegittime. “Ciò che l’attacco alla Mavi Marmaris ha messo in luce è stato che due pesi e due misure sono stati usati, a seconda del colore, razza e religione. Ma quello di cui le persone non si rendono conto è che la sofferenza è per sua natura indivisibile”. Seduta di fronte a lei c’era Maryam 2, un’ex biologa di origine armeno-libanese. “Ho seguito attentamente la questione palestinese e sono profondamente colpita dalla palese ingiustizia praticata contro i palestinesi dagli israeliani”, dice. In occasione delle riunioni quotidiane, Maryam 2 ha legato con due altre donne provenienti da ambienti diversi, in particolare con una giornalista turca. Turchia e Armenia sono in contrasto da molto tempo a causa del massacro turco degli armeni nel diciannovesimo secolo. “La giornalista, che parla a malapena inglese, mi ha detto che è stato come un dono dal cielo scoprire che poteva parlare turco. Qui, al quartier generale Maryam, nazionalità e religione si dissolvono dietro il desiderio comune di rompere l’assedio di Gaza”. La data di partenza per le due navi di aiuti da Beirut non è ancora stata annunciata. Il ministro dei Trasporti libanese Ghazi Aridi ha detto che la Naji Al-Ali è ora ancorata al porto settentrionale libanese di Tripoli, e potrà salpare appena arriverà l’autorizzazione dalle autorità portuali. Tuttavia, il quotidiano panarabo Al-Hayat ha segnalato recentemente che la partenza delle due navi è stata rinviata fino a nuovo ordine, in particolare dopo che l’Iran ha annullato l’invio di due navi di aiuti. Affermazione però negata da Saer Ghandour, l’organizzatore della nave Naji Al-Ali, che ha detto che le procedure erano ancora in corso. Nel frattempo, la maggior parte dei passeggeri della Maryam sono impazienti di salpare.”Noi non combatteremo contro gli israeliani con armi, pietre o coltelli, combatteremo con il nostro libero arbitrio”, dice Maryam 3, dipendente del governo libanese. “E non ci arrenderemo!”. Il capo dell’esercito israeliano, Gabi Ashkenazi, ha detto il 6 luglio al Comitato della Knesset per gli Affari Esteri e per la Difesa che ogni sforzo dovrebbe essere fatto per garantire che nessuna flottiglia tenti più di raggiungere Gaza. “Ora una flottiglia con donne libanesi e membri del parlamento si sta organizzando. Israele sta apertamente cercando di impedire la sua partenza.” TOP
http://www.ipsnews.net Women Prepare to Set Sail Past Israel
BEIRUT, Jul 22, 2010 (IPS) - The 'Maryam', an all-female Lebanese aid ship, currently docked in the northern Lebanese port of Tripoli, is getting ready to set sail for Gaza in the next few days. The ship, which aims to break Israel's siege on the Palestinian territory, will carry about 50 aid workers, including some U.S. nuns keen to deliver aid to the long-suffering women and children of Gaza. "We were all drawn to the project...united by a feeling of stark injustice," says Samar Hajj, one of the organisers of the Maryam, which is named after the mother of Christ. Israel's siege began in 2006 after Hamas militants won Palestinian legislative elections, then led a cross-border raid and kidnapped an Israeli soldier, Gilad Shalit. Its watertight blockade has been maintained with Egypt's help, since Hamas sought control of the territory in 2007. It has resulted in crippling shortages, making daily life difficult in Gaza. On May 31, Israeli forces attacked Mavi Marmaris, a Turkish humanitarian aid vessel bringing aid to Gaza, killing nine Turkish activists on board. After the attack, which sparked a wave of global condemnation of Israel, Hajj gathered to protest against Israel in downtown Beirut with 11 other friends. "We were appalled at the violent images we saw on TV and wanted to take action." The women later got in touch with Yasser Kashlak, a 36-year-old Syrian of Palestinian origin, who heads the Free Palestine Movement. Kashlak had contributed to the financing of other vessels that tried breaking the siege, including the Gaza Freedom Flotilla and the Naji al Ali. "After the Mavi Marmaris incident, one of the women hailed Mary during our weekly meeting. Her exclamation came like a revelation, so we decided to call our ship Maryam (Mary in Arabic). The name was perfect for a vessel that comprised only women. Who could disparage the Virgin Mary, a recognised saint in most religions?" says Hajj. The ship is slated to make a stopover in a friendly port before heading to Israel because of the palpable hostility between Lebanon and Israel. Last month, the Cypriot government banned any vessel headed to Gaza from its docks. But activists can still sail from a port in Turkish Cyprus. "We have the option to sail from a number of friendly ports and are completely aware of our obligation to transit through a foreign port to avoid our trip being labeled an act of war," says Hajj. Hajj estimates that she has received about 500 applications for the trip, but the Maryam will transport only about 50 women, half of who are Lebanese nationals, the rest being Arabs, Europeans and from the U.S. The organiser explains that carrying Palestinians on the ship is not an option because of the risk of arrests by Israelis. "The ship will transport cancer medicine and other necessary items for women and children. We will not carry any weapons or terrorists, irrespective of what the Israeli army might say," says Hajj. While they wait to set sail, the headquarters of the Maryam remains agog with activity as women from different backgrounds, political affiliations, nationalities and religious beliefs converse, argue and joke. "All women travelling on the ship have taken on the name Maryam and are distinguishable by a number, like Maryam 1, Maryam 2, etc. We prefer to keep identities secret to avoid pressure from respective embassies," adds Hajj. Maryam 1 is a middle aged Indian lawyer and the wife of an admiral. "I am a follower of the teachings of Mahatma Gandhi who fought against every form of oppression peacefully in the course of his life. He was also opposed to the occupation of Palestine," she says. The lawyer explains that before deciding to join the Maryam, she studied the legal implications of the attack on the Free Gaza Flotilla, which she says was illegitimate. "What the Mavi Marmaris attack highlighted was that two sets of rules were applied to humanity, depending on a people's colour, race and religion. But what people fail to realise is that suffering is by nature indivisible." Sitting across from her was Maryam 2, a former biologist of Lebanese- Armenian descent. "I have been closely following the Palestinian issue and have been moved by the blatant injustice that is practiced against Palestinians by the Israelis," she says. At the daily meetings, Maryam 2 bonded with other women from diverse backgrounds, particularly a Turkish journalist. Turkey and Armenia have been at odds since the Turkish massacre of Armenians in the early 19th century. "The journalist, who barely speaks English told me I was a godsend when she discovered I could speak some Turkish. Here at the Maryam headquarters, nationality and religion dissolve behind the common resolve of breaking the siege of Gaza," she says. The sail date for both aid ships from Beirut has yet to be announced. Lebanese Transport Minister Ghazi Aridi said the Naji Al-Ali is now docked at the northern Lebanese port of Tripoli and can set sail once it is cleared by port authorities. However, the pan-Arab daily Al-Hayat reported recently that the sail of the two ships has been postponed until further notice, particularly after Iran cancelled sending two aid ships to the area. The report was denied by Saer Ghandour, the organiser of the Naji Al-Ali sailing, who added that the ship's formalities were still in process. Meanwhile, most Maryam passengers are impatient to set sail. "We will not fight Israelis with weapons, stones or knives, but with our free will," says Maryam 3, a single woman working in the Lebanese government. "And we will not surrender." In Israel, the army chief, Gabi Ashkenazi, told the Knesset's Foreign Affairs and Defence Committee on Jul. 6 that every effort should be made to ensure that no more flotillas set sail for Gaza. "Now a Lebanese flotilla with women and parliament members is getting organised. Israel is trying to prevent its departure in open and covert ways."
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