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July 14th, 2010


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Il Problema delle Navi che salpano per Gaza
di Sherine Tadros

L’assedio di Israele su Gaza, consiste essenzialmente in una sola cosa, - circondare il territorio e controllarne tutti i punti di uscita e di entrata. Logicamente, per rompere l’assedio occorre entrare o uscire dal territorio contro la volontà di Israele. L’uscita senza permesso non è praticabile, così si tenta di entrare con le navi …

In teoria è semplice, forse perfino geniale, come idea. E’ cominciata subito dopo l’inizio dell’assedio – quando Israele sporadicamente (mi ricordo solo la prima volta. Nota del traduttore) lasciava passare piccole imbarcazioni cariche di aiuti. Israele le lasciava entrare perché aveva più da perdere fermandole piuttosto che lasciar passare pochi attivisti di sinistra e qualche occasionale politico, che trasportavano aiuti gratuiti.

Ma le imbarcazioni sono diventate sempre più grandi e, di conseguenza,  anche il problema. Così, Israele decise che le navi erano un rischio per la sicurezza e cominciò ad intercettarle in mare per impedire che attraccassero a Gaza. Per molti, compresi i militari, l’errore fu lasciare entrare la prima ondata – se fossero stati fermati fin dall’inizio, forse l’idea di rompere l’assedio via mare non avrebbe preso piede, e Israele non si troverebbe nella confusione in cui si trova ora.

Flotilla intifada

Quello che è successo a bordo della Mavi Marmara il 31 maggio non fu altro che un disastro per Israele – la sua immagine pubblica fu abbattuta e l’illogica politica di bloccare cibo e approvvigionamenti per la popolazione di Gaza, fu smascherata. Cosa c’era a bordo di quella nave; sedie a rotelle e libri per bambini, cosa che rivelò quanto l’assedio fosse senza senso, ingiusto e crudele. Persino gli esperti nel ribaltare frittate, dovettero lottare duramente per spiegare come i quaderni per la scuola fossero un rischio per la sicurezza dello stato.

Il Ministro degli esteri era occupatissimo a rabberciare il danno fatto dal raid della Flotilla. Ma il problema è ancora lì, ed molto chiaro per l’establishment della sicurezza che un’altra negligenza, annullerà tutti gli sforzi fatti fino ad ora per arginare la crisi. Questo mette i militari in una situazione difficile, perché chi è spinto dai venti della Mavi Marmara, sono le imbarcazioni della Flotilla intifada.

Seguendo il raid della Flotilla, nuovi convogli sono già in preparazione. La Campagna Europea per la Fine dell’Assedio di Gaza sta organizzando la seconda Flotilla, pronta per far vela verso Gaza il mese prossimo. Pare che sia composta da più navi della prima e che novemila attivisti abbiano chiesto di imbarcarsi. Una nave dal Libano è stata molto ritardata ma gli organizzatori non hanno rinunciato all’impresa. Un convoglio giordano via terra inizierà il proprio viaggio verso la Striscia questa settimana.

Che differenza fanno le navi …

A parte richiamare l’attenzione sulla situazione dei gazesi, e fare di tutti noi degli improvvisati esperti, capaci di tracciare la rotta di ogni nave nel mediterraneo con un click – quale differenza comporta un numero maggiore di navi? Nelle settimane che seguirono il mortale raid sulla Mavi Marmara, Israele annunciò che avrebbe alleggerito l’assedio di Gaza. Che in realtà oggi significa che hanno concesso un semplice aumento della quantità di cibo e di approvvigionamenti introdotti nella Striscia attraverso le entrate terrestri che  essi controllano, alleggerendo così la loro linea di condotta relativamente a ciò che permettono di entrare.

Che la situazione di Gaza fosse così disperata, era un fatto acquisito.

Ma bisogna considerare che qualcosa si stava già muovendo prima che la Mavi Marmara salpasse. Molti mesi fa gli egiziani avevano iniziato a costruire un muro sotterraneo che avrebbe chiuso le entrate dei tunnel tra Gaza e l’Egitto. Se quel muro fosse giunto a compimento prima dell’alleggerimento dell’embargo, avrebbe semplicemente significato la fame per tutti gli abitanti della Striscia. La gente confidava oramai solo nei tunnel, non solo per cibo e sigarette ma anche per carburante, generatori e altri beni di prima necessità. Di conseguenza Israele non avrebbe potuto permettersi che un milione e settecentomila persone morissero di fame in diretta TV. In breve qualcosa bisognava concedere prima che il muro egiziano fosse completato.

Considerate anche che uno dei negoziatori statunitensi stava facendo pressioni su Israele perché alleggerisse l’embargo su Gaza per facilitare colloqui di pace indiretti con l’Autorità Palestinese. Non sto dicendo che la Flotilla non ha avuto impatto sulla decisione di alleggerire l’embargo, ma che è stata forse un’azione catalizzatrice più che istigatrice.

Navi contro l’assedio: Un lotta equa?

Il vero successo della Flotilla dovrebbe essere inquadrato in un contesto più ampio. Essa è divenuta il faro di una forma nonviolenta di resistenza all’occupazione israeliana.

Il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni nella West Bank attira l’attenzione – ed è causa di imbarazzo per Israele, getta un’ombra sullo stato democratico e morale, e appare simile alla politica di boicottaggio e disinvestimento attuata contro il Sud Africa dell’Apartheid nel 1980.

Gli eventi a bordo della Mavi Marmara sono finiti in un bagno di sangue e violenza ma la teoria dietro l’idea della Flotilla era logica e pacifica. Israele è uno stato altamente militarizzato. Confrontarsi con la violenza è ciò che sa fare meglio. Un soldato israeliano che si confronta con un uomo armato, sa esattamente cosa fare. Ma togli l’arma e sostituiscila con un cartello che dice “Free Gaza” e il soldato piomba nel panico. E stato formato per combattere non per affrontare le performance civili.

Ed ecco perché, che sia una nave, un camion o un’aereo, le ragioni del successo e il pericolo di questo movimento risiedono nel modo in cui affronta così semplicemente il punto più debole di Israele.

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July 14th, 2010

Israel's boat problem
By Sherine Tadros

Israel’s siege on Gaza essentially consists of one thing – surrounding the territory and controlling all exit and entry points. Logically, to break the siege you enter or exit the territory against Israel’s will. Exiting without permission is not an option, so on came the boats...

In theory it’s a simple, perhaps even genius idea. It started shortly after the siege began – back then Israel sporadically let in small boats carrying aid. Israel let them in because they had more to lose by stopping them than by allowing through a few lefty activists (and the odd politician) carrying a gratuitous amount of aid.

But the boats got bigger, and so too did the problem. Israel then decided the ships were a “security risk” and began intercepting them at sea to prevent them docking in Gaza. For many within the Israeli military, the mistake was made years ago when the boats were first allowed in – had they been stopped from the start, perhaps the blockade-busting boat idea would not have taken off and they wouldn’t be in the mess they’re in now.

Flotilla intifada

What happened onboard the Mavi Marmara on May 31 was nothing short of disastrous for Israel – it’s public image got a battering and its illogical policy of blocking food and supplies to people in Gaza was exposed. What was onboard that ship – wheelchairs and children’s books- revealed just how nonsensical and downright cruel the blockade was. Even Israel’s masters of spin struggled to explain why notepads were a security risk to the state.

The Foreign Ministry has been busy doing damage control from the botched flotilla raid. It’s almost there, but it's made very clear to the security establishment another boat blunder will throw away all its efforts. That puts the military in a bit of a predicament, because riding on the tail winds of the Mavi Marmara, is a summer boat (and convoy) intifada.

Following the raid on the flotilla, new aid convoys are already in the works. The European Campaign to End the Siege of Gaza is organising a "Freedom Flotilla 2", due to set sail for Gaza next month. It’s said to consist of more ships than the first one and as many as 4,000 activists. An aid ship from Lebanon has been much delayed but organisers are still adament to get to Gaza. A Jordanian overland convoy also began its journey to the Strip this week.

What a difference a boat makes….

But apart from calling attention to the plight of Gazans, and making us all sudden maritime experts able to track down every ship in the Mediterranean with the click of a button – what difference will more ships make? In the weeks that followed the deadly raid on the Mavi Marmara, Israel announced it was “easing” the Gaza siege. What that actually meant was they were increasing the amount of food and supplies being let into the Strip via the land crossings they control and clarifying their policy on what is allowed in.

As the situation in Gaza is so desperate, even that was seen as quite an achievement.

But it’s worth considering it was a move in the works well before the Mavi Marmara set sail. Many months ago the Egyptians began building an underground wall that will effectively cut off the smuggling tunnels that run between Gaza and Egypt. If that wall was completed before the “ease” it would, quite simply, have starved Gaza. People there rely almost solely on the tunnels not just for food and cigaretters but for fuel, generators and other essentials. Israel was not going to allow 1.7 million people to starve on live TV. In short, something had to give before the wall was completed.

Consider too that one of the “gestures” the US was reportedly pressuring Israel to make to entice the Palestinian Authority to indirect peace talks (which the PA eventually agreed to in an apparent U-turn) was an easing of the Gaza siege. I’m not saying the flotilla had no impact on the decision to ease the siege, but it may have been more of a catalyst than an instigator.

Ship vs siege: Fair fight?

The real success of the flotilla should be seen within a wider context. It has become the beacon of a non-violent form of resisting Israel’s occupation that is making huge strides.

The current boycott movement in the West Bank is attracting attention – it’s an embarrassment for Israel casting a shadow over the democratic, moral state it purports to be with many comparing this boycott to the divestment policy against South Africa during apartheid in the 1980s.

Events onboard the Marmara ended in bloodshed and violence but the theory behind the flotilla was logical and peaceful. Israel is a highly militarized state. Dealing with violence is what it knows how to do best. An Israeli soldier confronted by a man holding a gun moving towards him knows exactly what to do. But swap that gun for a banner saying ‘Free Gaza’ and the soldier will panic. He was trained for combat not crowd control.

And that’s why whether it’s a ship, a boat, a truck or a plane, both the success and the danger of this movement lies in the way it plays so simply to Israel’s weakest point.


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