http://it.peacereporter.net Gaza, storie di ordinario assedio La Bbc pubblica un documento israeliano che stila l'elenco dei prodotti ammessi nella Striscia Cioccolato e giocattoli di plastica non possono essere importati nella Striscia di Gaza. Così come marmellata, succhi di frutta e legname. E' quanto si apprende da alcuni documenti israeliani a cui la Bbc ha avuto accesso. Sono 81 le merci approvate ufficialmente dallo Stato ebraico per l'importazione; tutto il resto non passa. Dal mese di marzo scorso la lista comprende anche scarpe, spazzole e vestiti. Da quando nel 2007, Hamas ha preso il potere nella Striscia di Gaza, il governo israeliano, insieme a quello egiziano, ha rafforzato la chiusura dei confini, generando una crisi umanitaria per la popolazione civile che ha dovuto affrontare problemi di vita quotidiana legati alla mancanza di beni di consumo. La chiusura è stata oggetto di ampie critiche da parte di numerose organizzazioni per i diritti umani, sia locali che internazionali. L'Ong israeliana Gisha ha scelto di affrontare il problema da un nuovo punto di vista e da mesi punta il dito verso un aspetto ben preciso del blocco in vigore: l'assenza di regole chiare che indichino quali beni possano essere importati e quali siano invece proibiti. Israele infatti, in tutti questi anni, non ha mai pubblicato una lista dei prodotti ammessi. L'arbitrarietà e le decisioni prese caso per caso sembravano essere l'unica logica adottata per regolamentare il blocco, lasciando organizzazioni umanitarie ed importatori nell'incertezza più totale. In seguito alla campagna condotta dall'organizzazione Gisha e dopo mesi di attesa, Israele ha dovuto fornire alla corte distrettuale di Tel Aviv le informazioni necessarie a fare luce su questo problema. I documenti consegnati, nei quali si legge che "la limitazione nel trasferimento di beni è un pilastro centrale nel conflitto armato tra lo Stato di Israele e Hamas", non hanno fatto altro che sollevare nuove domande. La direttrice dell'organizzazione israeliana Gisha, Sari Bashi, in un'intervista rilasciata alla Bbc, ha dichiarato di non capire come "il fatto di impedire ad un bambino di ricevere un giocattolo possa avere a che fare con la sicurezza di Israele". La direttrice ha proseguito commentando stupefatta l'assurdità delle limitazioni: "davvero non capisco perché la cannella sia permessa, mentre il coriandolo sia proibito. Questa politica sembra non avere senso". Israele sostiene di aver imposto il blocco per fare pressione sul movimento islamico Hamas perchè riconosca Israele. Sarebbe quindi questa la ragione per cui, ad esempio, non viene dato il permesso di importare all'interno della Striscia materiale da costruzione, per paura che potrebbe essere usato per scopi militari dall'organizzazione islamica. Il documento più stupefacente è certamente il "Food Consumption in the Gaza Strip - Red Lines". Secondo quanto riferito dalla Bbc, in questo testo sarebbe stimata la quantità di carboidrati e calorie di cui gli abitanti della Striscia avrebbero bisogno, tenendo conto di parametri quali l'età e il sesso. Se i carboidrati sono descritti come "un pilastro centrale nel conflitto armato con Hamas", il calcolo relativo alle calorie, stando a quanto riferito dalle autorità israeliane, non avrebbe avuto rilevanza nella progettazione di nessuna strategia. Per fronteggiare la carenza di beni di consumo causata dal blocco, gli abitanti della Striscia di Gaza contrabbandano quello di cui hanno bisogno attraverso i tunnel scavati sotto il confine con l'Egitto. Israele accusa Hamas di usare i tunnel per il passaggio di armi e munizioni. L'anno scorso, sotto la pressione dello Stato ebraico, l'Egitto ha quindi iniziato la costruzione di una nuovo muro sul confine. Il progetto prevede che, una volta completata, la barriera sia lunga 11 chilometri e profonda sotto terra 18 metri. Le autorità egiziane assicurano che sia a prova di bomba, ma tra i palestinesi che scavano i tunnel c'è già chi pare aver superato l'ostacolo: "quello che abbiamo fatto è stato attraversare la barriera utilizzando delle fiamme ossidriche". Lo avrebbe detto un palestinese impegnato nello scavo dei tunnel da 18 mesi, il quale ha aggiunto che "ogni problema ha una soluzione. La barriera di acciaio egiziana era un problema, ma abbiamo trovato una soluzione".
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