Mons. Bottoni contro il governo: La democrazia sta morendo
Micromega 3 novembre 2009 All'annuale cerimonia organizzata dall'Anpi in memoria dei caduti partigiani al Campo della gloria del cimitero Maggiore di Milano, l'intervento più applaudito è stato quello di monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose della Diocesi di Milano. Ha spiegato che "si assiste in questo periodo a una caduta senza precedenti della democrazia e dell'etica pubblica" e ha parlato di "continui colpi al sistema democratico" oltre che di "uno stato padrone a gestione personale". "È in corso - ha aggiunto - una morte lenta e indolore della democrazia, una progressiva eutanasia della repubblica nata dalla Resistenza". Lintervento di don Gianfranco Bottoni ha provocato la reazione ringhiosa della destra fascista di Milano con una aggressione verbale virulenta. Chi volesse comunicare il proprio sostegno a don Gianfranco Bottoni - in un momento in cui nella "chiesa gerarchica" rifulge invece il silenzio come metodo - può scrivere a: ecumenismo@diocesi.milano.it Il testo integrale dell'intervento di Mons. Gianfranco Bottoni La memoria dei morti qui, al Campo della Gloria, esige che ci interroghiamo sempre su come abbiamo raccolto leredità spirituale che Caduti e Combattenti per la Liberazione ci hanno lasciato. Rispetto a questo interrogativo mai, finora, ci siamo ritrovati con animo così turbato come oggi. Siamo di fronte, nel nostro paese, ad una caduta senza precedenti della democrazia e delletica pubblica. Non è per me facile prendere la parola e dare voce al sentimento di chi nella propria coscienza intende coniugare fede e impegno civile. Preferirei tacere, ma è levangelo che chiede di vigilare e di non perdere la speranza. È giusto riconoscere che la nostra carenza del senso delle istituzioni pubbliche e della loro etica viene da lontano. Affonda le sue radici nella storia di unItalia frammentata tra signorie e dominazioni, divisa tra guelfi e ghibellini. In essa tentativi di riforma spirituale non hanno potuto imprimere, come invece in altri paesi europei, un alto senso dello stato e della moralità pubblica. Infine, in questi ultimi 150 anni di storia della sua unità, lItalia si è sempre ritrovata con la questione democratica aperta e irrisolta, anche se solo con il fascismo linvoluzione giunse alla morte della democrazia. La Liberazione e lavvento della Costituzione repubblicana hanno invece fatto rinascere unItalia democratica, che, per quanto segnata dal noto limite politico di una democrazia bloccata (come fu definito), è stata comunque democrazia a sovranità popolare. La caduta del muro di Berlino aveva creato condizioni favorevoli per superare questo limite posto alla nostra sovranità popolare fin dai tempi di Yalta. Infatti la normale fisiologia di una libera democrazia comporta la reale possibilità di alternanze politiche nel governo della cosa pubblica. Ma proprio questo risulta sgradito a poteri che, già prima e ancora oggi, sottopongono a continui contraccolpi le istituzioni democratiche. Lelenco dei fatti che lattestano sarebbe lungo ma è noto. Tutti comunque riconosciamo che ad indebolire la tenuta democratica del paese possono, ad esempio, contribuire: campagne di discredito della cultura politica dei partiti; illecite operazioni dei poteri occulti; monopolizzazioni private dei mezzi di comunicazione sociale; mancanza di rigorose norme per sancire incompatibilità e regolare i cosiddetti conflitti di interesse; alleanze segrete con le potenti mafie in cambio della loro sempre più capillare e garantita penetrazione economica e sociale; mito della governabilità a scapito della funzione parlamentare della rappresentanza; progressiva riduzione dello stato di diritto a favore dello stato padrone a conduzione tendenzialmente personale; sconfinamenti di potere dalle proprie competenze da parte di organi statali e conseguenti scontri tra istituzioni; tentativi di imbavagliare la giustizia e di piegarla a interessi privati; devastazione del costume sociale e delletica pubblica attraverso corruzioni, legittimazioni dellillecito, spettacolari esibizioni della trasgressione quale liberatoria opportunità per tutti di dare stura ai più diversi appetiti Di questo degrado che indebolisce la democrazia dobbiamo sentirci tutti corresponsabili; nessuno è esente da colpe, neppure le istituzioni religiose. Differente invece resta la valutazione politica se oggi in Italia possiamo ancora, o non più, dire di essere in una reale democrazia. È una valutazione che non compete a questo mio intervento, che intende restare estraneo alla dialettica delle parti e delle opinioni. Al di là delle diverse e opinabili diagnosi, cè il fatto che oggi molti, forse i più, non si accorgono del processo, comunque in atto, di morte lenta e indolore della democrazia, del processo che potremmo definire di progressiva eutanasia della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Fascismo di ieri e populismo di oggi sono fenomeni storicamente differenti, ma hanno in comune la necessità di disfarsi di tutto ciò che è democratico, ritenuto ingombro inutile e avverso. Allo scopo può persino servire la ridicola volgarità dellignoranza o della malafede di chi pensa di liquidare come comunista o cattocomunista ogni forma di difesa dei principi e delle regole della democrazia, ogni denuncia dei soprusi che sono sotto gli occhi di chiunque non sia affetto da miopia e che, non a caso, preoccupano la stampa democratica mondiale. Il senso della realtà deve però condurci a prendere atto che non serve restare ancorati ad atteggiamenti nostalgici e recriminatori, ignorando i cambiamenti irreversibili avvenuti negli ultimi decenni. Servono invece proposte positivamente innovative e democraticamente qualificate, capaci di rispondere ai reali problemi, alle giuste attese della gente e, negli attuali tempi di crisi, ai sempre più gravi e urgenti bisogni del paese. Perché finisca la deriva dellantipolitica e della sua abile strumentalizzazione è necessaria una politica nuova e intelligente. Ci attendiamo non una politica che dica cose nuove ma non giuste, secondo la prassi oggi dominante. Neppure ci può bastare la retorica petulante che ripete cose giuste ma non nuove. È invece indispensabile che giusto e nuovo stiano insieme. Urge perciò progettualità politica, capacità di dire parole e realizzare fatti che sappiano coniugare novità e rettitudine, etica e cultura, unità nazionale e pluralismi, ecc. nel costruire libertà e democrazia, giustizia e pace. Solo così, nella vita civile, può rinascere la speranza. Certamente la speranza cristiana guarda oltre le contingenza della città terrena. E desidero dirlo proprio pensando ai morti che ricordiamo in questi giorni. La fede ne attende la risurrezione dei corpi alla pienezza della vita e dello shalom biblico. Ma questa grande attesa alimenta anche la speranza umana per loggi della storia e per il suo prossimo futuro. Pertanto, perché questa speranza resti accesa, vorrei che idealmente qui, dal Campo della Gloria, si levasse come un appello a tutte le donne e gli uomini di buona volontà. Vorrei che lappello si rivolgesse in particolare a coloro che, nelluna e nellaltra parte dei diversi e opposti schieramenti politici, dentro la maggioranza e lopposizione, si richiamano ai principi della libertà e della democrazia e non hanno del tutto perso il senso delle istituzioni e delletica pubblica. A voi diciamo che dinanzi alla storia - e, per chi crede, dinanzi a Dio - avete la responsabilità di fermare leutanasia della Repubblica democratica. Lappello è invito a dialogare al di là della dialettica e conflittualità politica, a unirvi nel difendere e rilanciare la democrazia nei suoi fondamenti costituzionali. Non è tempo di contrapposizioni propagandistiche, né di beghe di basso profilo. Lattuale emergenza e la memoria di chi ha combattuto per la Liberazione vi chiedono di cercare politicamente insieme come uscire, prima che sia troppo tardi, dal rischio di una possibile deriva delle istituzioni repubblicane. Prima delle giuste e necessarie battaglie politiche, ci sta a cuore la salute costituzionale della Repubblica, il bene supremo di unItalia unitaria e pluralista, che insieme vogliamo libera e democratica. |