Tratto da Voci e Volti della Nonviolenza Numero 283 del 10 gennaio 2009 Democrazia (1958) di Norberto Bobbio [Dal quotidiano "La Repubblica" dell'8 gennaio 2009 col titolo "Se vengono meno i principi della democrazia", il sommario "In un articolo scritto nel 1958, l'apprensione per la sorte dei principi conquistati dopo il fascismo e la sottolineatura di cio' a cui non si dovra' mai rinunciare, le liberta' civili, politiche e sociali. Oggi non crediamo, come credevano i liberali e i socialisti del primo Novecento, che il cammino democratico sia inesorabile. Bisogna essere sempre vigilanti, non rassegnarsi, ma neppure abbandonarsi alle sorti fatalmente progressive dell'umanita'" e la nota redazionale "Questo testo comparve nel 1958 su 'Risorgimento' che, in occasione del primo decennale della Costituzione, aveva promosso un'inchiesta. Venne poi pubblicato, nello stesso anno, sul bollettino dell'Ateneo di Torino"] Quando parliamo di democrazia, non ci riferiamo soltanto a un insieme di istituzioni, ma indichiamo anche una generale concezione della vita. Nella democrazia siamo impegnati non soltanto come cittadini aventi certi diritti e certi doveri, ma anche come uomini che debbono ispirarsi a un certo modo di vivere e di comportarsi con se stessi e con gli altri. Come regime politico la democrazia moderna e' fondata sul riconoscimento e la garanzia della liberta' sotto tre aspetti fondamentali: la liberta' civile, la liberta' politica e la liberta' sociale. Per liberta' civile s'intende la facolta', attribuita ad ogni cittadino, di fare scelte personali senza ingerenza da parte dei pubblici poteri, in quei campi della vita spirituale ed economica, entro i quali si spiega, si esprime, si rafforza la personalita' di ciascuno. Attraverso la liberta' politica, che e' il diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla formazione delle leggi, viene riconosciuto al cittadino il potere di contribuire alle scelte politiche che determinano l'orientamento del governo, e di discutere e magari di modificare le scelte politiche fatte da altri, in modo che il potere politico perda il carattere odioso di oppressione dall'alto. Inoltre, oggi siamo convinti che liberta' civile e liberta' politica siano nomi vani qualora non vengano integrate dalla liberta' sociale, che sola puo' dare al cittadino un potere effettivo e non solo astratto o formale, e gli consente di soddisfare i propri bisogni fondamentali e di sviluppare le proprie capacita' naturali. Queste tre liberta' sono l'espressione di una compiuta concezione della vita e della storia, della piu' alta e umanamente piu' ricca concezione della vita e della storia che gli uomini abbiano creato nel corso dei secoli. Dietro la liberta' civile c'e' il riconoscimento dell'uomo come persona, e quindi il principio che societa' giusta e' soltanto quella in cui il potere dello stato ha dei limiti ben stabiliti e invalicabili, e ogni abuso di potere puo' essere legittimamente, cioe' con mezzi giuridici, respinto, e vi domina lo spirito del dialogo, il metodo della persuasione contro ogni forma di dogmatismo delle idee, di fanatismo, di oppressione spirituale, di violenza fisica e morale. Dietro la liberta' politica c'e' l'idea della fondamentale eguaglianza degli uomini di fronte al potere politico, il principio che dinanzi al compito di governare, essenziale per la sopravvivenza stessa e per lo sviluppo della societa' umana, non vi sono eletti e reprobi, governanti e governati per destinazione, potenti incontrollati e servi rassegnati, classi inferiori e classi superiori, ma tutti possono essere, a volta a volta, governanti o governati, e gli uni e gli altri si avvicendano secondo gli eventi, gli interessi, le ideologie. Infine, dietro la liberta' sociale c'e' il principio, tardi e faticosamente apparso, ma non piu' rifiutabile, che gli uomini contano, devono contare, non per quello che hanno, ma per quello che fanno, e il lavoro, non la proprieta', il contributo effettivo che ciascuno puo' dare secondo le proprie capacita' allo sviluppo sociale, e non il possesso che ciascuno detiene senza merito o in misura non proporzionata al merito, costituisce la dignita' civile dell'uomo in societa'. Una democrazia ha bisogno, certo, di istituzioni adatte, ma non vive se queste istituzioni non sono alimentate da saldi principi. La' dove i principi che hanno ispirato le istituzioni perdono vigore negli animi, anche le istituzioni decadono, diventano, prima, vuoti scheletri, e rischiano poi al primo urto di finire in polvere. Se oggi c'e' un problema della democrazia in Italia, e' piu' un problema di principi che di istituzioni. A dieci anni dalla promulgazione della costituzione possiamo dire che le principali istituzioni per il funzionamento di uno stato democratico esistono. Ma possiamo dire con altrettanta sicurezza che i principi delle democrazia siano diventati parte viva del nostro costume? Non posso non esprimere su questo punto qualche apprensione. Il cammino della democrazia non e' un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell'umanita'. Oggi non crediamo, come credevano i liberali, i democratici, i socialisti al principio del secolo, che la democrazia sia un cammino fatale. Io appartengo alla generazione che ha appreso dalla Resistenza europea qual somma di sofferenze sia stata necessaria per restituire l'Europa alla vita civile. La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri e' che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme.
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