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03/12/2010

Le piazze d'Italia per l'acqua pubblica
di Christian Elia

Intervista a Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull'Acqua (Cicma), autore con Claudio Jampaglia di Salvare l'acqua

Oggi, 4 dicembre 2010, in tutta Italia, tanti cittadini scenderanno in piazza per difendere il simbolo stesso di tutti i beni comuni: l'acqua. Il movimento si ritrova, dopo il successo della raccolta di firme per il referendum sulla ripubblicizzazione dei servizi idrici. PeaceReporter ne discute con Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull'Acqua (Cicma), autore con Claudio Jampaglia di Salvare l'acqua, Feltrinelli editore, libro inchiesta sulla situazione del bene più prezioso, minacciato dalle speculazioni del profitto dei privati.

Cosa c'è da aspettarsi da questa mobilitazione?
Prima di tutto tanta gente. In questi giorni, per le presentazioni del libro, sto viaggiando in tutto il Paese e dalla Calabria a Genova trovo ovunque un'animazione forte dei comitati locali per le manifestazioni regionali. Un rilancio per quel movimento che, dopo essere riuscito a raccogliere un milione e 400mila firme in poco più di due mesi per il referendum, ha avuto una fisiologica flessione. Anche perché i media nazionali hanno come rimosso il tema. Ecco, oggi è una giornata importante. Per ritrovarsi e accendere di nuovo i riflettori sul tema.

Intanto un grande risultato, oltre quello delle firme, il movimento lo ha raggiunto. Un gigante della distribuzione come la Coop ha preso una posizione ufficiale in favore dell'acqua del rubinetto.
Questo è davvero un ottimo segnale. Sono convinto che sia il risultato dell'ottimo lavoro che è stato fatto in questi dieci anni. Siamo riusciti a penetrare nelle convinzioni - trasversali - del sistema politico e a smuoverlo. Paradossalmente, è un segnale del successo anche la forte reazione di Mineracqua (cartello delle aziende produttrici di acque minerali ndr): il giorno dopo l'iniziativa della Coop, si sono mobilitati sui media nazionali per difendere il loro prodotto. E non sono mancate, per loro, sponde dei mezzi d'informazione. Comunque è il segno che la nostra
predicazione ha inciso tra elementi inamovibili, come interessi economici e scelte politiche, trasversalmente compatte. Oggi tanti ci vengon dietro, sia nel centrosinistra che nel centrodestra. Dal Pd alla Lega, politici locali hanno preso posizione a favore della nostra battaglia per l'acqua pubblica. Questo si è rivelato uno dei pochi temi dove, in un mondo politico fatto di due popoli congelati, caricatura uno dell'altro, senza i partiti, si è formato uno schieramento trasversale. Che è diventato un movimento nazionale, in rete su questo tema con altri movimenti mondiali. L'unico con una rete internazionale, che neanche i sindacati hanno più, dalla Bolivia all'Africa. Un movimento che in questi giorni si ritrova a Cancun (vertice mondiale sul clima ndr)per dire la loro, anche se non erano stati invitati.

Un movimento che, in questi giorni, come ha vissuto la denuncia dell'Unione Europea rispetto ai livelli di arsenico nelle acque in alcune zone d'Italia?
Tutti noi, ormai, dobbiamo mettere in conto che i disastri ambientali, abusivi e nascosti, in Italia come in altri paesi, ci presentano il conto. Gli inquinanti si fanno strada nelle falde.
Per un'acqua di buona qualità ci sono due strade: scavare pozzi sempre più profondi o potabilizzare le risorse idriche con sistemi sofisticati. Entrambe queste soluzioni costano. In Italia si presenta uno scenario inquietante. Pensate alla Lombardia delle migliaia di fabbriche dismesse, dove già si pesca l'acqua in seconda falda, o alle falde vicine alle discariche di rifiuti in Campania. Questo però è una conferma di quanto diciamo: la criminalità del privato si è manifestata. Bisogna piantarla con l'idea di ridurre le tasse per rilanciare l'economia e pensare che siano i privati a gestire le risorse. Non arriveremo mai a un modello per il quale il fabbisogno di acqua potrà essere soddisfatto dalle sorgenti dei privati. Quindi rubinetto, tutta la vita, e controlli sempre più sofisticati. La cartina di tornasole l'ha fornita proprio l'arsenico. L'Acea, in Lazio, non ha mai ottemperato all'obbligo previsto dalla privatizzazione di ammodernamento e manutenzione degli impianti. A Lodi, dove governa il pubblico, hanno derogato un pò, ma poi sono intervenuti.

La crisi di governo è alle porte. Dopo che la sentenza della Corte Costituzionale è parsa darvi torto, come giudica i prossimi mesi, anche rispetto al referendum?
La sentenza della Corte non è bella. Mi sembra che i poteri delle Regioni e dei Comuni in materia di risorse idriche ne escano ridimensionati. Questo va in senso opposto della modifica del titolo V della Costituzione italiana e dello sventolato federalismo. Bisognerà discuterne. 
Certo, quella sentenza ci complica la vita rispetto alle adesioni dei Comuni, ai quali chiedevamo di modificare lo Statuto per inserire l'acqua come bene privo rilevanza economica. Crea problemi anche rispetto ai quesiti del referendum. La materia è delicata, bisogna aspettare. Ci resta di sicuro lo strumento del referendum, ma con la minaccia che se si va a elezioni anticipate in primavera bisogna - come previsto dalla legge - rinviare il referendum di un anno.
Se ci fosse la volontà politica, però, questo è un ostacolo che si può aggirare. In primo luogo, come già accaduto nel 1986-1987 per il referendum sul nucleare, decidendo di votare lo stesso nonostante le elezioni. In secondo luogo si può fermare l'attuazione del decreto Ronchi, che fissa al 31 dicembre 2011 la dismissione del 40 percento delle reti idriche ai privati, per un anno. Che senso ha tenere il referendum nel 2012, se il decreto passa prima? Stiamo lavorando per questo e la manifestazione di domani chiede alla classe politica di rispettare la volontà del quattro percento degli aventi diritto al voto in Italia, che firmando per il referendum hanno espresso una chiara volontà politica.

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