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versione delle ore 11,20

Google contro la Cina: e ora si vedono le pagine sul Dalai Lama
di Vittorio Zambardino

E noi smettiamo di censurare” – La notizia si può anche riferire così, con le parole di uno dei nostri lettori commentatori: “Questa mattina, letti i giornali in rete, ho provato a digitare “dalai lama” su google ed ho avuto l’ineffabile sorpresa di veder comparire centinaia di risultati. Strano? Non tanto: sono a Shanghai … Saluti a tutti – Stefano”. Possiamo aggiungere che anche la foto dell’uomo che a Tien an men tiene in scacco un carro armato è ora visibile sulle pagine di ricerca di Google Cina.

In modo abbastanza solenne, Google ha comunicato nella notte appena trascorsa (il giorno in California) due cose: che sospenderà ogni attività di “filtraggio”, cioè di censura dei contenuti nei risultati delle ricerche, “non rispettando più l’accordo col governo cinese”. E, dice l’azienda,  che non esclude di dover chiudere la sua sede in Cina a seguito di questa decisione. Perché questo colpo di scena? Perché – dice Google – a metà del mese di dicembre è stato portato un attacco a scopo di intrusione senza precedenti. Ma non di hacker ragazzini, bensì di hacker spie che avevano come scopo quello di violare la mail degli attivisti di gruppi umani. Due di questi account di posta sarebbero stati violati.

Un attacco generalizzato - Quella di Google non è una decisione: non è un “ce ne andiamo”. E’ un “potremmo andarcene”. Ma al momento è più interessante vedere cosa è davvero successo. Si è trattato in realtà di un attacco molto ampio che ha coinvolto 34 aziende tecnologiche di diverso tipo. Di certo finora la Adobe ha ammesso di aver subito l’intrusione. Ma lunedì pomeriggio anche il “Google cinese”, il motore di ricerca Baidu era stato oggetto di una intrusione di tipo diverso (link in inglese).

E mentre la Electronic Frontier Foundation, la più grande organizzazione di difesa dei diritti degli utenti internet, plaude alla decisione di Google, quella di sottrarsi al peso della censura, e mentre la borsa si incarica di premiare il concorrente cinese (Baidu) perché resterebbe in campo dopo l’uscita di Google, la realtà dei fatti è che per la prima volta – e per iniziativa dell’azienda di Brin e Page – viene rivelata una pratica di pesante condizionamento che riguarda tutto il mondo della grande industria tecnologica in Cina. Sul fatto,ieri sera c’è stata una dichiarazione del segretario di stato, Hilary Rodham Clinton, che ha chiesto una risposta al governo cinese.

L’unico motivo per il quale non è ancora in campo una denuncia generalizzata è la paura delle aziende di esser fatte fuori dal mercato, ma l’episodio dimostra di non essere né nuovo né sconosciuto. Basta leggere il comunicato di Google: “Siamo stati, come altre aziende, oggetto di attacchi. Ma questa volta è diverso”

Questa volta, come dice il Wall Street Journal, è stato talmente sofisticato e virulento da spingere Google a costituire una squadra di investigatori e da suscitare l’interesse del controspionaggio americano. Insomma, sarebbe finita l’epoca della testa bassa, anche se mai il governo cinese è menzionato nelle posizioni di Google. Come dice il titolo del comunicato: “Un nuovo approccio alla Cina”.

Quanto ci perde Google – secondo uno studio di JP Morgan i ricavi di Google in Cina si collocherebbero attorno ai 600 milioni (ricavi, non utili). Quindi l’anno prossimo si dovrebbe ragionare su questa scala, ma proprio al link qui fornito c’è chi parla di perdite meno significative.

Google, nella sua competizione in Cina, è stato già penalizzato dalla periodica e sempre più frequente disattivazione di YouTube. Nonostante questo, ha di recente investito per una piattaforma di distribuzione e vendita di musica, in diretta concorrenza con Baidu, e non ha mai smarrito la cognizione che quello cinese è il mercato internet con le migliori prospettive di crescita nel mondo.

ore 10,30 Il Guardian: la Cina li butterà fuori – Il Guardian apprezza la mossa di Google ma prevede che la Cina butterà fuori il motore di ricerca dal paese.

ore 10,48 Come si è arrivati a questo punto dai compromessi del passato: lo spiega Michael Arrington su Techcrunch, che ricostruisce i tentativi fatti dall’azienda a partire dal 2006 di trovare un terreno di intesa con le autorità. Si riparla della “cyber army”

ore 11,20: e la Microsft cosa farà? – Già, a mano a mano che i commenti si sviluppano. Cosa farà la Microsoft si chiede “The Microsoft Bl0g”?  Non dovrebbe, aggiunge, fare come Google e dire che non c’è spazio, per il suo Bing, di lavorare senza essere sottoposti a censura e ad attacchi assai sospetti?  Restiamo in attesa, chissà, qualcosa dovrebbe dire anche Yahoo!, cha precedenti “illustri” in Cina.

ore 8,30: la Spectre su twitter Non manca in queste ore chi, riferendo post anonimi su twitter, parla di atti di spionaggio attribuibili al governo russo e di attività illecite dalla sede di Google a Shangai. Non è il caso di perdersi in queste illazioni, perché non esiste alcuna possibilità di verifica di queste affermazioni ma soprattutto non esiste un soggetto che se ne prenda la responsabilità. Anche le affermazioni di Google non sono al momento verificabili (alcune non lo sono mai), ma almeno sono firmate. Tanto, questa storia è in pieno svolgimento ed è ovviamente una questione di grande spionaggio internazionale, ma difficile che venga presa come tale dai media. Almeno fino a quando da Hollywood non uscirà un film che la racconta.