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Una sedia vuota a Oslo «Non voglio che l'immagine di una sedia vuota alla cerimonia del premio Nobel per la Pace diventi il simbolo della Cina nel 21esimo secolo». Lo ha detto il dissidente cinese in esilio negli Usa Yang Jianli. Sarà lui con molta probabilità a ritirare a Oslo il premio Nobel conferito all'attivista Liu Xiaobo, condannato da Pechino a 11 anni di carcere per “sovversione”. Liu Xiaobo, 54 anni, docente di letteratura cinese all'università di Pechino è stato animatore della rivolta pacifica di piazza Tienanmen e più di recente è stato tra i firmatari e i creatori di Charta 08, manifesto per la democrazia in Cina che ha raccolto online 10mila firme, prima di essere censurato dal governo. Pechino prima ha minacciato di rompere le relazioni diplomatiche con la Norvegia se il Nobel fosse stato assegnato a Liu, poi ha contestato il riconoscimento, affermando che Xiabo è un criminale condannato secondo la legge. La sedia vuota, alla consegna del Nobel venerdì 10 dicembre non sarà solo una. Diciassette Paesi oltre alla Cina hanno annunciato che non saranno presenti «per varie ragioni». Si tratta di Russia, Kazakhstan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Serbia, Iraq, Iran, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Cuba e Marocco. Durissima la reazione di Amnesty International. «La Cina ha manovrato dietro le quinte per impedire ai governi di assistere alla cerimonia di Oslo, mediante una miscela di pressioni politiche e ricatti» ha dichiarato Sam Zarifi, direttore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico. «Il fatto che, nonostante le pressioni e le minacce, la Cina sia stata in grado di catturare il consenso solo di una piccola minoranza di paesi, riflette la natura inaccettabile delle sue pretese. I governi e le istituzioni internazionali devono continuare a resistere a una prepotenza del genere» ha continuato Zarifi. In questi giorni si sono moltiplicati gli appelli al governo cinese perché consenta almeno alla moglie di Xiabo, attualmente agli arresti domiciliari, di ritirare il premio. Il premio nobel Desmond Tutu si è spinto oltre, invitando la Cina a cogliere l’attimo e dimostrare che vuole inaugurare un nuovo corso, basato sulla democrazia e il rispetto dei diritti umani. Insieme a l'ex presidente ceco Vaclav Havel l'arcivescovo sudafricano ha lanciato dalle colonne del quotidiano britannico “The Observer” un appello per l'incondizionato rilascio dell’attivista cinese.
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