Coi Piedi Per Terra Numero 236 del 5 ottobre 2009
8. TERRA.
Debito Ecologico
di Manuela Cartosio

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 settembre 2009 col titolo "Debito
ecologico stabile"]


Il "giorno del debito ecologico" segna il momento in cui l'umanita' ha
consumato le risorse naturali che, se usate in modo sostenibile, dovrebbero
bastare per l'intero anno. Quest'anno, secondo i calcoli del Global
Footprint Network, il giorno spartiacque e' stato il 25 settembre. Nel 2008
era caduto il 24 settembre.
Il guadagno irrisorio, secondo la britannica New Economics Foundation,
evidenzia che la crisi economica non ha avuto un effetto macroscopico sui
consumi globali sia di merci che di natura. Una ragione in piu', sostiene il
think tank ambientalista, per respingere la ricetta anticrisi che va per la
maggiore: si rilancino i consumi e l'economia ripartira' a razzo. Per
consumare sempre di piu' si e' costretta la gente a indebitarsi con le
banche. Cio', oltre a portare il sistema finanziaro sull'orlo del collasso,
ha accelerato la dilapidazione delle risorse naturali. Se l'ecosistema fara'
bancarotta, avverte la Nef, nessun investimento governativo riuscira' a
porre rimedio. Dunque, invece di tornare al business as usual, "occorre che
i paesi ricchi modifichino radicalmente i loro consumi".
Fatte queste premesse di principio, il report della Nef cita alcune piccole
ma impressionati storture del nostro modo di consumare. Una e' il "boomerang trade": paesi che simultaneamente esportano e importano gli stessi prodotti.
La Gran Bretagna importa dall'Egitto 22.000 tonnellate di patate all'anno e
ne esporta 27.000 verso il paese africano. 5.000 tonnellate di carta
igienica partono dalla Gran Bretagna alla volta della Germania, quasi
altrettante fanno il percorso inverso. Il costo del trasporto lo pagano sia
i consumatori che la Terra.
La Nef contrasta l'idea che il genere umano e il pianeta si salveranno solo
con un drastico calo delle nascite (una tesi, per restare al nostro orto,
cara al professor Sartori che non dorme di notte pensando ai miliardi di
cinesi e di indiani che pretendono d'avere il loro frigorifero e la loro
macchinetta). Contenere e riorientare i consumi e' dovere soprattutto dei
ricchi. Basti ricordare che alle quattro di mattina del 2 gennaio lo
statunitense medio ha gia' emesso la quantita' di anidride carbonica che un
abitante della Tanzania produce in un anno intero. Un suddito della Regina
Elisabetta raggiunge l'americano alle sette di sera del 4 gennaio.
Il Global Footprint Network stima che all'inizio degli anni Sessanta veniva
consumata grosso modo la meta' della biocapacita' del pianeta. Nel 1986 per
la prima volta abbiamo esaurito in un anno tutto quello che la Terra e' in
grado di produrre e rigenerare. Dopo, il giorno del debito ecologico e'
arretrato a rotta di collo: 21 novembre nel 1995, 2 ottobre nel 2005. Ora
siamo al 25 settembre. Senza drastici correttivi, nel 2030 il giorno
fatidico sara' il primo luglio. Stiamo consumando il 40% in piu' di cio' che
la terra produce. Avanti di questo passo, nel 2050 avremo bisogno di un
pianeta "parallelo" da cui rifornirci. Gia' oggi, se i sei miliardi di umani
vivessero secondo gli standard Usa, di pianeti supplementari ne servirebbero
4 o 5. In trent'anni la biodiversita' e' calata del 30%, ogni anno
spariscono 13 milioni di ettari di foreste, consumiano il 75% di pesce in
piu' di quello che i mari riescono a riprodurre.
Pur non avendo ristretto la nostra impronta ecologica, la recessione un
effetto collaterale positivo l'ha avuto: ha fatto abbassare del 2,6% le
emissioni di CO2. Tutta salute per il clima, a patto che la riduzione non
venga presa come alibi per ritardare o cancellare l'uscita dai combustibili
fossili.


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