La Domenica Della Nonviolenza Numero 238 del 18 ottobre 2009 La Manutenzione dell'Esistenza di Fulvia Bandoli [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) col titolo "Manutenzione dell'esistenza: di questo ci parla l'ennesimo disastro ambientale"] Chi come me si occupa da oltre venti anni di ambiente sa bene quanto sia stata finora non condivisa nei fatti la proposta di far diventare la "manutenzione del territorio" la principale "grande opera" pubblica della quale ha bisogno il nostro paese. Ho riletto in queste ore tristi le cose che scrivevo quindici anni fa e potrei ricopiarle oggi, ma la rabbia piu' grande e' quella di non essere riuscite/i, noi che ci crediamo da sempre, a convincere le forze politiche nelle quali lavoravamo e i nostri amministratori locali a governare il territorio in modo ambientalmente sostenibile. Dopo ogni tragedia (e sono state innumerevoli con un costo di vite umane - a proposito di sicurezza - piu' alto di qualsiasi altra causa) tutti si appropriano per 48 ore della parole e delle proposte degli ambientalisti, i giornali si riempiono di articoli che ci informano di quanto sia pericoloso occupare con manufatti le aree di esondazione, costruire abusivamente, ricoprire con cemento sempre piu' aree agricole, tombinare i torrenti, non fare le reti scolanti, non manutenere le fognature. Cosi' come dopo ogni terremoto tutti scoprono che abbiamo 5.000 scuole e 500 ospedali in area sismica ma senza certificato di agibilita' statica e dunque rischiosi per gli 11 milioni di persone che ogni giorno entrano in queste strutture... per non dire del patrimonio edilizio abitativo (case) che andrebbe messo in sicurezza. Passate quelle 48 ore tutto torna uguale a prima, spariscono gli allarmi e le proposte e si torna a rapinare il territorio. La classe politica italiana tutta, gli economisti piu' o meno quotati, le banche, il sistema delle imprese ma anche il sistema dell'informazione non hanno saputo e voluto fare del nostro paese un paese piu' sicuro. Sono sessant'anni (dalle prime grandi alluvioni) che sappiamo quali opere di manutenzione andrebbero fatte e quali abusi non si dovrebbero compiere. Dopo il terremoto dell'Abruzzo ho proposto di rinunciare al Ponte sullo Stretto e di destinare quei fondi, gia' approvati dal Cipe, alla messa in sicurezza di scuole e ospedali e alla manutenzione idrogeologica del territorio, lo ripropongo anche oggi, al Governo che annuncia che non c'e' una lira per il prossimo anno e a tutte le opposizioni che non devono alzare la polemica e poi lasciarla cadere nel nulla. Ma non credo che il punto siano solo le risorse, sbaglieremmo a pensarlo, perche' ad esempio una regione come la Sicilia (a statuto speciale) ha avuto negli ultimi trenta anni una mole enorme di risorse rispetto ad altre e non le ha spese per mettere in sicurezza il territorio e la vita dei suoi abitanti. C'e' una inadeguatezza dei governanti (e purtroppo spesso coinvolge la destra come la sinistra), una ignoranza inaccettabile rispetto ai temi ambientali, e una "moda" diffusa che cataloga coloro che si occupano di ecologia come catastrofisti e nemici dello sviluppo. Che i cambiamenti climatici siano cosa che ci riguarda,che diminuire le emissioni di CO2 sia indispensabile paiono idee fastidiose. E nessuno di coloro che attaccano gli ecologisti pensa che vi sia, come invece dicono gli scienziati di tutto il mondo, un collegamento stretto tra la mano dell'uomo e cio' che l'ecosistema ci rimanda in termini di reazione ad un uso dissennato di risorse limitate. Adesso si faranno trasmissioni sulla rapidita' o meno dei soccorsi, si alzera' la polemica, per nascondere tutte le crepe vere del nostro territorio, senza dire che quando interviene la protezione civile e' gia' tardi e gia' tante vite sono state stroncate. E che quel che puo' fare questo servizio civile e' solo raccogliere piu' o meno bene i cocci e mettere toppe. L'opera pubblica della quale parlo (la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio) avrebbe una durata almeno decennale (meno comunque di quanto servirebbe a costruire il Ponte o altre centrali nucleari), coinvolgerebbe tante piccole e medie imprese edilizie che dovrebbero riconvertirsi alla manutenzione. La fragilita' territoriale dell'Italia e' un dato strutturale, intervenire dopo costa il doppio che prevenire. Ma non nutro molte speranze a meno che non si cambi radicalmente il modo con il quale si pensano in Italia lo sviluppo e soprattutto il lavoro. L'Italia a brandelli, allagata, rotta e crepata e' lo specchio del fallimento di una intera classe politica e questa classe politica e' stata quasi esclusivamente maschile. Consiglio a tutte e tutti coloro che vorranno farlo di andare sul sito della Libreria delle Donne di Milano (luogo storico del femminismo italiano) e di dedicare una mezz'ora a leggere un testo appena uscito che si chiama "Immagina che il lavoro". Si tratta di un testo forte e che contiene una buona analisi e qualche ottima intuizione. In sostanza quelle donne ci dicono che il lavoro futuro piu' che produrre altre merci sara' sempre di piu' "arte della manutenzione di tutte le sfere dell'esistenza umana". E che siccome le donne gia' da decenni fanno due lavori "produttivo e riproduttivo insieme", sanno da sempre cosa significhi manutenere una casa, una comunita' di persone giovani e vecchie, e forse, aggiungo io, saprebbero, loro si', fare della manutenzione del territorio una priorita' di intervento. Ho parlato prima del fallimento di una classe politica intera che attraversa almeno tre generazioni, ma tutte e tutti sappiamo che ai vertici della politica ci sono e ci sono stati quasi esclusivamente uomini, abbarbicati al loro posto, al loro potere, al loro ruolo. Una mia cara amica mi ha detto pochi giorni fa "non chiediamo agli uomini di darci posti, chiediamo loro di farsi da parte". Una nuova classe politica dirigente, a tutti i livelli, non puo' che partire dalla liberta' e dalle forti competenze che tante donne hanno acquisito in questi decenni. Se noi affideremo il futuro dell'Italia nelle sole mani degli uomini che finora l'hanno diretta il risultato non cambiera'. Non e' un discorso separatista, e' una semplice constatazione della realta'. Come sulla violenza sessuale gli uomini devono prendere consapevolezza del fatto che "non tutti i maschi sono stupratori ma tutti gli stupratori sono maschi" e che dunque e' della loro sessualita' che si tratta, cosi' sulla direzione della vita politica, sull'organizzazione della rappresentanza e della democrazia tutto e' stato fatto dagli uomini a loro misura. E quella misura solo maschile oltre a non poter misurare un mondo di donne e uomini liberi ha portato anche il nostro paese, la sua democrazia, il suo sviluppo alla paralisi. Per occuparsi di manutenzione dell'esistenza in tutte le sue forme bisogna almeno averlo fatto qualche volta, le donne lo fanno ogni giorno. |
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