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ActionAid: un miliardo senza cibo Stop ai sussidi per biocarburanti e più investimenti nell'agricoltura locale
di Claudia Fusani
3 giugno 2008
ROMA - Loro dentro, cinquanta capi di Stato, i leader di 191 paesi e migliaia di sherpa intorno a tavoli e buffet a discutere come dire basta alla fame nel mondo, finora con scarso successo. Gli altri fuori, un numero minuscolo, qualche decina, ma con idee molto chiare: nel 1996 erano 800 milioni gli affamati nel pianeta; dieci anni dopo, nel 2006, erano 854 milioni; solo quest'anno, nel 2008, rischiano di aggiungersi altri cento milioni se non saranno fatte in fretta alcune cose. Non difficili. Sicuramente non convenienti per multinazionali e alcuni gruppi industriali.
"Loro" sono i capi di Stato che da stamani fino a giovedì cercheranno, chiusi dentro il grande ex ministero dell'Africa diventato dal 1952 sede della Fao, di decidere le politiche agricole giuste per combattere carestie e correggere tragedie come questa: ogni giorno quasi 16 mila bambini muoiono per problemi legati alla mancanza di cibo. Significa che nel mondo muore un bambino ogni 5 secondi.
"Gli altri" sono ActionAid, la ong che ha lanciato la campagna Hunger free (liberi della fame) e in questi giorni farà il suo "controvertice", parallelo anche se interno a quello della Fao. L'agenzia delle Nazioni Unite, una sorta di ministero mondiale dell'agricoltura, della pesca e delle foreste che si occupa di pianificare risorse e coltivazioni (non distribuisce aiuti né alimenti, a quello provvede il World Food Program), stamani avvia i lavori del vertice biennale sulla Sicurezza alimentare. ActionAid doveva "occupare" l'anfitreatro naturale del Circo Massimo con uno striscione lungo 200 metri con su scritto "Stop al business della fame". Duecento metri, un metro per ognuno di quei duecento milioni di affamati in più che rischiano di aggiungersi nei prossimi anni alle statistiche sulla fame nel mondo. Ma la polizia ha detto no. Motivi di sicurezza, "manifestazione non autorizzata", identificati manifestanti e giornalisti. ActionAid continua comunque il suo controvertice. E rivendica il diritto di essere ascoltata.
La fame nel mondo? "Scelte politiche sbagliate". L'analisi di ActionAid parte da una constatazione tanto banale quanto complessa: la fame nel mondo non è un problema legato a cause naturali ma è la conseguenza di scelte politiche sbagliate. "I prezzi del cibo, cresciuti dell'83 per cento negli ultimi 36 mesi - dicono i dati messi a disposizione da ActionAid - sono destinati ad aumentare fino al 2015. Non per mancanza di cibo: tra il 2007 e il 2008 c'è stata una produzione record di cereali segno che la terra è in grado di sfamare e bene i suoi sei miliardi di abitanti".
Il caro-cibo, secondo ActionAid, ha almeno quattro cause. La prima: "La crescente domanda di biocarburanti, sostenuti da sussidi di stato e che hanno via via sottratto terreno alle coltivazioni alimentari". La grande produzione di cereali, grano, riso e soia è sì in crescita ma perchè legata alla produzione di biomasse da cui poi ottenere i biocarburanti. Ci sono poi il caro-petrolio e "speculazioni finanziarie internazionali" (segnalate "incette speculative da parte di esportatori e commercianti in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Rwanda, Malawi"). La terza causa sono "programmi di liberalizzazione del mercato e aggiustamenti strutturali che nei fatti sottraggono terra e mezzi ai contadini e obbligano le popolazioni ad importare". Infine il clima: secondo la Fao "22 dei 37 paesi che attualmente stanno affrontando la crisi alimentare hanno sofferto di recente estreme crisi climatiche". I 37 paesi in crisi sono 10 in Asia, cinque in America Latina, uno in Europa, 21 in Africa. L'Africa è sempre il core business dell'attività dell'agenzia Onu dislocata per ironia della sorte nell'ex ministero fascista per l'Africa.
Quattro ricette. ActionAid fa anche un dettagliato elenco delle multinazionali e delle aziende che producono cereali, macchinari agricoli, sementi, pesticidi, erbicidi e fertilizzanti e che, secondo i suoi studi, stanno guadagando dalla crisi alimentare grazie soprattutto "a politiche che incoraggiano i sussidi anziché la produzione locale e la produzione di biocarburanti". Marco De Ponte, capo delegazione di ActionAid al vertice Fao, indica almeno quattro interventi urgenti nell'agenda politica mondiale alla voce crisi alimentare. Serve "ricostruire le economie alimentari nazionali per garantire alle popolazioni locali l'accesso al cibo". Un buon esempio in questo senso arriva dal Vietnam dove le recenti riforme hanno dato a quasi tutti un pezzetto di terra da coltivare e con cui sfamarsi. "Stop immediato ai sussidi per biocarburanti che ha prodotto la riduzione delle terre coltivate a fini alimentari a favore della produzione di biocarburanti" spiega De Ponte. La richiesta di ActionAid al vertice Fao è che "gli Stati Uniti rimuovano ogni sussidio alla produzione di etanolo e che l'Unione europea interrompa ogni incoraggiamento alla produzione di biocarburanti tramite l'utilizzo di coltivazioni ad uso alimentare". Fondamentale sarebbe anche "mettere le donne al centro dello sviluppo rurale". Sono le donne a lavorare la terra (le donne contadine sono un quarto della popolazione mondiale secondo la Fao) ma solo il 2% di loro possiede la terra e solo l'1 per cento dei crediti erogati per progetti agricoli viene gestito da donne tra l'altro sprovviste di know how imprenditoriale. Infine gli ogm. "La produzione di cibo transgenico non è certo una risposta alla crisi" ribadisce ActionAid. E la Ue deve continuare ad applicare la moratoria. In Italia il decreto fiscale di Tremonti ha tagliato proprio quelle poche poche decine di euro destinate a salvaguardare le biodiversità.
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