Tratto da La Nonviolenza e' in Cammino
Diana Napoli Intervista Michele Boato Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia@libero.it, sito: www.storiedellastoria.it) e Michele Boato (per contatti: micheleboato@tin.it) per questa conversazione, svoltasi a Mestre il 19 febbraio 2008. Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano, insegna nei licei, e' volontaria presso il Centro per la nonviolenza di Brescia, cura un sito di studi storici. Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008. E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri)] - Diana Napoli: Da diversi giorni e' al centro dell'attenzione un documento in cui si parla della possibilita' di costituire liste nonviolente alle prossime elezioni. Elezioni amministrative, politiche? - Michele Boato: Questo documento e' partito da un'area ecologista e poi si e' allargato al mondo nonviolento. E' nato un anno fa, a Firenze, quando ci siamo incontrati, circa una sessantina di persone, tutte piu' o meno del mondo ecologista, con venature nonviolente ma non prevalenti (certo c'era Mao Valpiana, l'incontro e' stato reso noto sul sito del Movimento Nonviolento, ma non era nato con una connotazione specificamente nonviolenta), a partire da una proposta che avevo fatto, di riflettere su come contare di piu' rispetto alla politica, al di la' delle elezioni. C'erano sul tappeto dei "modelli", delle ipotesi, sempre suffragate da esempi in modo che si capisse che erano ipotesi vere e non cervellotiche, sostanzialmente di tre tipi. Il primo modello era quello che prevedeva di restare totalmente estranei e quindi influire sulla politica solo come movimento, come lobby, come pressione e controllo sugli eletti; questa era l'ipotesi prevalente nel mondo ecologista "ruspante", quello dei comitati, per cui si fanno le lotte (contro l'inceneritore, l'elettrosmog, il passante autostradale, la Tav) e si lascia ai parlamentari o consiglieri il compito di sostenere i nostri obiettivi nelle loro istituzioni. * - Diana Napoli: Quindi battaglie a livello locale... - Michele Boato: Si', locali, ma che hanno anche delle reti nazionali, anche se di settore. Comunque, questo modello, prevede un rapporto non dico di contrapposizione, ma di forte alterita' verso le istituzioni, per cui si organizzano dei gruppi di pressione allo scopo di convincere chi nelle istituzioni invece ci sta. Il secondo modello e' quello che prevede di entrare in politica ma solo a livello di liste civiche (quindi sostanzialmente locale, perche' una lista civica e' difficile vederla a livello nazionale). L'idea e' quindi quella di costituire una lista quando serve e non necessariamente o dappertutto, ma delle liste che abbiano degli scopi precisi; per cui, per esempio, se c'e' il problema dell'inceneritore si puo' fare una lista, poi si puo' anche eleggere il sindaco come e' successo a Montebelluna, qui in Veneto, con Laura Puppato che poi e' stata assurta da Grillo a simbolo positivo di politici di movimento, che restano legati al popolo etc. Naturalmente non e' l'unico esempio, ci sono decine di liste che si sono presentate (e sono nate) su battaglie specifiche; alcune sono nate morte, altre, come a Sernaglia della Battaglia (Tv), hanno lottato contro le discariche e avuto un grande risultato elettorale eleggendo alla seconda tornata di elezioni il sindaco e la maggioranza; molte di queste liste hanno avviato e poi praticato le raccolte differenziate piu' spinte, che hanno cambiato il volto del Paese... insomma, liste civiche che sono rimaste civiche, non legate necessariamente a nessun partito (magari con dei riferimenti politici personali, non collettivi), che sono durate nel tempo e che durano ancora: il sindaco di Breganze, il sindaco di Sernaglia (comune che fa la piu' alta raccolta differenziata d'Italia). Una cosa simile e' successa anche a Taranto qualche mese fa: ha vinto, in questa citta', un sindaco che era fuori dai partiti; ha vinto, e nessuno lo ha sottolineato abbastanza, andando al ballottaggio col candidato del centrosinistra, col 70% e sta governando mettendo in campo degli elementi di democrazia diretta interessanti. Questo per dire che una lista civica puo' essere anche un progetto non necessariamente limitato al "paesino". La terza ipotesi e' quella per cui si decide di entrare in politica a livello nazionale, entrando magari in qualche partito. O entrando come singoli nei partiti diversi ma restando collegati portando avanti la stessa tematica (cosa che fecero in passato i radicali quando elessero in diversi partiti dei loro esponenti che pero' poi in realta' si persero diventando del partito nel quale erano stati eletti), o scegliendo in particolare un partito, o al massimo due, e su questo fare leva. * - Diana Napoli: Ma si tratterebbe, in questa terza ipotesi, di una candidatura di indipendenti in un partito o sarebbe un'alleanza tra un gruppo, che ha anche un proprio simbolo che si vede, e un partito? - Michele Boato: Puo' trovare delle forme diverse: o singoli indipendenti sostenuti dal movimento o una corrente addirittura, cosa che ha tentato Realacci nella Margherita anche se poi il suo ambientalismo si e' perso per strada, come quello di Rutelli... Comunque tutto questo discorso dev'essere riportato, con la discussione che ne segui', all'anno scorso. Si e' trattato di una discussione molto partecipata, con 70-80 interventi (soprattutto del centro-nord, pochissimi sono intervenuti dal sud) in cui quasi tutti avevamo scartato la terza ipotesi (e questo nonostante molti degli intervenuti provenissero dai partiti, in particolare della sinistra, o forse proprio per questo, perche' in quel contesto non ci volevano piu' stare). Ma quasi tutti avevamo scartato anche la prima ipotesi (stare totalmente fuori dalla politica), quindi prevaleva di fatto un'ipotesi intermedia che pero' non aveva un aspetto organizzativo. Era un'idea. A questa discussione, poi, si e' sovrapposta questa crisi politica improvvisa, assolutamente non prevista; infatti ci dicevamo che, una volta tanto, potevamo discutere con calma, senza elezioni alle porte. Comunque ci eravamo dati dei compiti: qualcuno doveva abbozzare dei punti programmatici che potessero essere fondamentali per tutti, partendo dalle iniziative che si fanno; qualcun altro doveva portare delle indicazioni concrete di metodo, organizzative, in maniera tale che non si riproponesse, di nuovo e anche senza volerlo, il vecchio modello di partito. E poi pensavamo di rivederci con calma anche in relazione alle elezioni amministrative; per esempio a Vicenza vedere gli sviluppi del "No Dal Molin", una lista civica per Treviso col problema dell'inceneritore e del razzismo del sindaco... Invece c'e' stato il precipitare della crisi politica e a questo punto Peppe Sini ha chiesto di rilanciare la discussione. Peppe non era stato attivo nella discussione precedente, nel senso che, pur sapendo dell'incontro, pur avendo inviato una proposta al congresso del Movimento Nonviolento con l'indicazione di costituire liste della nonviolenza, non era entrato direttamente nella discussione. Inoltre, al congresso del Movimento Nonviolento, la sua proposta era rimasta minoritaria, anzi la riflessione della commissione politica non ha neppure toccato il tema della presentazione di liste ad eventuali elezioni. Pero', dopo questa crisi, mi e' stato chiesto di rilanciare il dibattito e allora ho presentato questo documento, di cui parlavi all'inizio. Mao Valpiana lo ha poi rivisto in chiave nonviolenta e Giusi Di Rienzo in chiave femminista, senza pero' apportare sostanziali modifiche alla stesura iniziale che postulava, in piu' rispetto alla discussione di Firenze, l'idea di un ingresso in politica a livello nazionale (cosa che appunto, fino a quel momento, era stata messa da parte), con un invito: discutiamone. Negli interventi finora arrivati si capisce che per molti sarebbe bella come iniziativa, ma e' vista come un'ipotesi ben lungi dall'essere praticabile. Bisogna raccogliere le firme, bisogna raggiungere il quorum del 4% a livello nazionale: forse questo dato potrebbe essere raggiunto in qualche citta' ma a livello nazionale assolutamente no, almeno per come siamo noi. Al senato il quorum e' regionale ma dell'8%. Neanche i verdi piu' verdi del Sud-Tirolo sono mai arrivati all'8%, e qui in Veneto, nei momenti migliori, nel 1990, siamo arrivati al 7 e dopo allora mai piu': siamo stati eletti consiglieri regionali io a Venezia, Mao Valpiana a Verona, Francesco Bortolotto a Vicenza e Ivo Rossi a Padova, ma e' stato proprio un apice, ora i Verdi sono all'uno, uno e mezzo per cento. Comunque e' da sottolineare che in questa ipotesi di accordo o comunque che prevede di fare leva sui partiti nessuno ha mai parlato dei Verdi: la loro crisi e' talmente totale che quando si dice di far leva su qualche partito nazionale tutti pensano a Rifondazione, al massimo qualcuno diceva i Ds. * - Diana Napoli: Ma anche i Verdi erano nati con una dinamica tipo questa, l'Arcipelago Verde... - Michele Boato: Si', l'Arcipelago che convocavo a Bologna, per oltre tre anni, dall'81 all'83-'84: ogni tre mesi si tenevano queste riunioni che erano veramente di arcipelago: Amici della bicicletta, Lega per il Disarmo Unilaterale, Universita' verde (qui a Mestre c'era, dall'81, la prima di un centinaio di Universita' verdi nate poi in tutta Italia, organizzata dalla rivista "Smog e dintorni", diventata nell'85 "Tam Tam verde" e nel 2000 "Gaia" con la sorella minore "Tera e Aqua")... Insomma isole che si incontravano finche', nel 1984, decidemmo di provare. Gia' l'anno precedente in qualche situazione si erano presentate delle Liste Verdi: Ancona, Trento, Viadana in provincia di Mantova, Monza e in pochissimi altri posti; andarono abbastanza bene e furono eletti dei consiglieri. Per cui nel 1984 pensammo di presentare delle Liste verdi nelle elezioni regionali e provinciali dell'anno seguente. Mi ricordo che convocammo due assemblee a Firenze dove tenemmo le relazioni introduttive Alex Langer, io e Anna Donati, cercando di non farci imbrigliare: da Pannella che tendeva, anche involontariamente, a soffocarci; da quelli della Legambiente (Pci), Wwf e Italia Nostra, che queste cose le volevano fare e controllare con le loro segreterie nazionali a Roma... Ma l'Arcipelago non si fece imbrigliare, perche' con le liste regionali la cosa nasceva abbastanza dal basso, da comitati e associazioni (a parte una lista inventata da Pannella nel Lazio, con Primo Mastrantoni verde-radicale) e una in Campania (Pecoraro Scanio viene da qui). Poi, ahime', quando ci furono le elezioni politiche del 1987, la cosa si fece piu' irreggimentata. All'inizio riuscimmo ancora a tenere viva una certa dinamica, vennero eletti 13 deputati; io erano uno di quei tredici e tenni aperta una posizione molto movimentista per un paio d'anni. Poi non ce la feci piu', diedi le dimissioni (feci la rotazione anticipata rispetto a quella che si doveva fare a meta' mandato, la feci dopo un anno e mezzo, sono rimasto l'unico ad averla fatta e questa e' una vergogna dei Verdi). Al mio posto subentro' Alessandra Cecchetto, una ginecologa che fece si' che, per la prima e unica volta in Italia, un gruppo parlamentare avesse una maggioranza di donne (7 su 13). Poi da quel momento si creo' la "Federazione", che divento' presto un partitino, sempre piu' chiuso, con sempre piu' la conta e il mercato delle tessere... Dal 1990 abbiamo costituito nel Veneto una specie di isola felice, diventammo molto isolazionisti; poi pero' siamo rimasti sempre piu' schiacciati e cosi' nel 2000 siamo usciti dai Verdi (sia io che Mao Valpiana, Bortolotto, Rossi, ma anche Gianni Tamino, Alessandra Cecchetto, Cristina Romieri, che e' stata tra le fondatrici dell'Associazione Vegetariana con Capitini, Toio de Savorgnani di Mountain Wilderness ecc. ecc.). Siamo usciti, perche' i Verdi erano diventati (e sono) un partito di tessere che qui nel Veneto sono state pilotate dai centri sociali. Dal 2000 i Verdi sono il partito di Bettin, Caccia, Casarini che per l'occasione s'e' iscritto ai verdi; di persone, cioe', che con l'ambientalismo non hanno nulla a che fare e infatti hanno creato anche tutta una serie di modi di dire che segnano il cambiamento: "piu' rosso che verdi, rosso-verdi, non solo verdi"... Questi sono tutti modi per dire che dell'ecologismo non gliene importa niente e ancor meno della nonviolenza che si', si utilizza, ma fino a un certo punto, poi, come a Genova e in cento altre occasioni, "quando ci vuole ci vuole" e insulsaggini di questo tipo. * - Diana Napoli: Pero', nonostante questa esperienza, l'idea ti ritenta. - Michele Boato: Mi ritenta anche perche' ormai siamo vaccinati e quindi il metodo e le regole le consideriamo importantissime, preliminari a tutto: mezzi e fini coincidono. Abbiamo chiesto a tutti di proporre delle regole che si possano far sottoscrivere ai candidati alle elezioni (per esempio c'e' una proposta, utile per discutere anche se non tutta condivisibile, di Lino Balza di Medicina Democratica di Alessandria); in queste regole dev'esserci, ovviamente, il principio della nonviolenza assoluta. Mi ricordo, per fare un esempio, che esponenti dei centri sociali del Nord Est, entrati nei Verdi, al contro-summit dei ministri europei, qualche anno fa a Riva del Garda, hanno mandato all'aria un'enorme iniziativa, perche' hanno sfasciato un distributore di benzina e i mass-media hanno parlato solo di loro. La mattina, oltre ai dibattiti, c'era stata una bellissima manifestazione con le canoe e i palloncini, che e' scomparsa dai giornali perche' gli amici di Casarini e Agnoletto hanno distrutto un distributore di benzina a mezzogiorno; questi sono gli stessi di Genova, quelli cioe' che continuano a parlare di Genova come di una grande vittoria invece di parlare del suicidio del movimento di Seattle, che hanno scientificamente organizzato. La nonviolenza deve essere un a priori e le scelte devono essere chiare. L'esperienza di far politica in prima persona mi ritenta, anche se non penso sia un'ipotesi valida in questo momento. Io la sto mettendo sul tappeto perche' me lo ha chiesto Peppe Sini, ma anche perche' penso che potrebbe essere valida in un prossimo futuro. * - Diana Napoli: Non credi che pero' ci sia il rischio che questa proposta sia destinata all'opposizione? Che, realisticamente, una formazione del genere possa stare solo all'opposizione? - Michele Boato: Ma questo non e' un problema: essere all'opposizione o in maggioranza e' assolutamente secondario - io ho fatto molta politica, sono stato anche consigliere regionale - perche' tu dall'opposizione puoi benissimo guidare il governo. Se sei legato a movimenti popolari e metti in piedi battaglie popolari, il governo lo condizioni. Se stai in maggioranza, invece, metti le tue condizioni e ci stai alle tue condizioni. * - Diana Napoli: Ma, rebus sic stantibus, sono improbabili le possibilita'. - Michele Boato: Non importa. Se hanno bisogno proprio di due voti ecco che le tue condizioni sono importanti, se invece non ne hanno bisogno, le tue condizioni sono superflue e questo succede spesso. Per cui l'importante e' avere le idee chiare, sapere quali sono i problemi e sapere a quali livelli diversi sono risolvibili: questi sono risolvibili a livello parlamentare, questi a livello regionale, questi comunale eccetera. E' quasi inutile fare una battaglia in consiglio comunale contro la guerra in Afghanistan, perche' serve a molto poco che il comune si schieri, prenda posizione. Si tratta del comune tal dei tali e non del Parlamento europeo. Se sei nel Parlamento europeo o nel Parlamento italiano, allora si', quella e' una battaglia fondamentale; ma se sei in Comune devi dire qualcosa sugli aspetti su cui il Comune ha competenza e cosi' per quanto riguarda la Regione, eccetera. Il livello deve essere quello giusto. Se si hanno le idee chiare e chiaro il livello, allora e' necessario avere, a quel punto, un ottimo rapporto con i movimenti e con la rete. Bisogna essere un nodo della rete e non qualcuno che sta al di sopra di essa e con cui i movimenti si rapportano quando ne hanno bisogno. Un progetto di questo genere necessita di questo stretto rapporto nella rete, superando la separazione tra movimento e istituzioni. Infine, gli input vengono si' dal basso, dai movimenti, certamente, ma anche da chi sta nelle istituzioni, che puo' dare una seria mano ai movimenti, perche' sa, dall'interno delle istituzioni, quali pertugi si possono aprire per vincere certe battaglie. Esempio: il coordinamento Rifiuti Zero di Treviso e Venezia lottava contro la proposta di due inceneritori e pensava di perderla, perche' tutto il mondo era contro di loro. Invece questa battaglia l'abbiamo vinta perche' siamo riusciti a trovare un grimaldello dentro le istituzioni (alcuni consiglieri che erano contrari). Questo grimaldello non era a priori a favore di qualcuno o contro qualcun altro e su questo, a mio parere, sbaglia chi chiede una lista "di sinistra" punto e basta. Di questi consiglieri-grimandello, uno era dei Comunisti italiani e uno era della Lega. Naturalmente si sarebbe portati a pensare: "impossibile avere rapporti con la Lega!", ma in questo caso i consiglieri della Lega erano come noi, contro gli inceneritori. Questi consiglieri regionali hanno proposto due mozioni diverse ma che si sostenevano a vicenda: una era specifica contro i due inceneritori proposti da Unindustria in provincia di Treviso, l'altra proponeva una moratoria generale degli inceneritori in Veneto. Cosi', sommando - e non dividendo - i voti della parte del centrodestra che stava con la Lega e del centrosinistra (quasi tutto) che appoggiava la mozione del consigliere dei Comunisti italiani, ecco che si e' fatta una maggioranza trasversale in consiglio: le due mozioni sono state votate a larga maggioranza e si sono bloccati i due inceneritori. * - Diana Napoli: E cosa hanno fatto al posto degli inceneritori? - Michele Boato: Non li hanno fatti e basta: la raccolta differenziata in provincia di Treviso e' la piu' alta a livello nazionale, siamo circa al 70%, non c'era alcun bisogno di inceneritori. Da un certo punto di vista era una battaglia facile, eppure a volte anche le battaglie facili si perdono, basta vedere in giro per l'Italia quanti inceneritori hanno fatto. In Lombardia, per esempio, e Brescia e' il cuore di questo business criminale, ma anche in province in cui si faceva la raccolta differenziata meglio e piu' di Brescia e dove di inceneritori non c'era bisogno: sono riusciti a costruirne uno anche a Bergamo, a Dalmine, dove c'e' una raccolta differenziata tra le piu' alte d'Italia. Treviso, quindi, era una battaglia relativamente facile eppure sembrava impossibile vincerla, perche' in Regione c'e' la giunta di centrodestra, amica degli industriali, eccetera. e invece... Quindi, piu' che dire una lista "di sinistra e nonviolenta", direi "ecologista e nonviolenta". "Di sinistra", oggi in Italia, non vuol dire quasi piu' niente. Il programma di Veltroni e' identico a quello di Berlusconi che si incavola perche' dice che glielo ha copiato ed e' vero! Sono uguali! Il primo punto di Veltroni e' sulle opere pubbliche: rigassificatori, Tav, inceneritori... ma siamo impazziti, e questa cos'e'? Quindi questa cosa che dovrebbe essere la sinistra e' acqua fresca, non c'e' piu'. Poi vai a vedere un po' piu' a sinistra e qui si trovano tutte le questioni del lavoro, pero' gia' quando parli di problemi un po' scottanti come l'inquinamento della chimica ecco che anche "la piu' a sinistra della sinistra" comincia ad avere problemi, perche' contrappone difesa dei posti di lavoro e inquinamento e parteggia per il primo dei due termini. Senza contare la disattenzione piu' totale per tante questioni tipo l'elettrosmog o la ferrovia di cui, nei fatti, se ne strafregano. Percio': idee chiare, rapporto col movimento e poi essere trasversali: in politica non si puo' dare per scontato assolutamente niente prima di averlo tentato. Io sono stato parlamentare solo per un anno e mezzo, pero' in quei pochi mesi ho ottenuto due vittorie forti, e una delle due nessuno se la sognava: la prima tassa ecologica in Italia, le famose cento lire sui sacchetti di plastica. Ho presentato prima l'emendamento in commissione ambiente, dove sono stato seguito da Chicco Testa del Pci, da Ronchi di Dp e poi anche dai radicalicon Rutelli. Poteva sembrare e rimanere una nicchia, la solita iniziativa della sinistra, e invece no. Ho lavorato con due amici miei dell'area di governo, che sapevo essere d'accordo (uno era stato il sindaco Dc di Padova, Gottardo, l'altro era un repubblicano della Romagna, De Angelis), cosi' quando questo emendamento e' arrivato in aula, dove quasi sicuramente sarebbe stato bocciato, ha ottenuto il loro aperto appoggio. Mi ricordo le parole di Gottardo: "si ricordi che chi vota contro questo emendamento e' un amico dei plasticari, un nemico dell'ambiente", insomma una frase fortissima, addirittura brutale nel modo in cui venne pronunciata, e alla fine l'emendamento e' passato, ottenendo anche l'appoggio del ministro dell'Ambiente Ruffolo (socialista ma moderatamente ambientalista, che scriveva sull'"Espresso" - ancora oggi - cose interessanti su economia e ecologia). In pratica e' partita da me, fuori dalla maggioranza, una iniziativa "utopistica", che, lavorando su tutto lo schieramento politico, e' diventata legge dello Stato, cosa che non era assolutamente prevedibile. Quando uno lavora nelle istituzioni non e' che deve fare i compromessi, questo non era un compromesso: ma deve trovare le alleanze sui singoli progetti (che puo' essere Stop alla guerra in Afghanistan piuttosto che la tassa sui rifiuti). L'altra cosa fatta nella mia fuggitiva esperienza parlamentare, con la stessa logica, e' stata togliere il fosforo dai detersivi. Allora c'era l'eutrofizzazione del mare Adriatico a causa del troppo fosforo che arrivava dall'agricoltura e dai detersivi. Siccome era una impresa lunghissima e difficilissima togliere il fosforo dei fertilizzanti, abbiamo studiato che gia' togliendolo dai detersivi si creava un gap in grado di bloccare questo processo di eutrofizzazione. Allora abbiamo fatto una proposta per cui il fosforo nei detersivi non poteva superare l'un per cento (all'epoca era, a seconda del detersivo "piu' bianco del bianco", dal 3 al 7%): questo aveva scatenato una campagna di stampa dei produttori di detersivi e di lavatrici che minacciavano chissa' quali fallimenti e problemi (le lavatrici non avrebbero piu' funzionato, ci sarebbero voluti piu' soldi per fare il bucato...). Per contro pero' c'era una fortissima iniziativa di noi ambientalisti, alleati con gli albergatori della riviera adriatica (che rischiavano il fallimento perche' i giornali tedeschi invitavano a non andare piu' in Italia col mare pieno di alghe) che venivano con noi a Roma a fare le manifestazioni davanti al Parlamento. Per cui presentiamo una mozione per il fosforo nei detersivi all'un per cento, e passa, anche questa, con l'appoggio del ministro dell'ambiente. Poi pero' abbiamo dovuto denunciare il ministro dell'industria Donat Cattin che non si decideva a firmare il decreto attuativo (il ministro dell'industria e' sempre amico dell'industria, anche Bersani lo era, pur essendo dei Ds), perche' diceva, d'accordo anche con i sindacati, che sarebbero stati licenziati moltissimi operai, ci sarebbero state gravi ripercussioni per l'economia, eccetera. Poi pero', di fronte alla nostra denuncia alla magistratura, alla fine ha firmato e l'eutrofizzazione del mar Adriatico e' finita, si e' bloccata nell'89, non c'e' piu' stata: anche se ci sono dei momenti in cui ci sono delle alghe, non e' quel disastro. Questo vuol dire che non e' necessario sempre essere nella maggioranza. E non e' cosi' importante quanti vanno in Parlamento, ma che ci vadano quelli che sono in grado di agire. Non e' che in Parlamento ci si puo' mandare chiunque, non bisogna fare del populismo per cui basta dichiarare che bisogna cambiare, e far si' che il signor nessuno vada in Parlamento. Certo, va bene che ci vadano dei giovani, le donne, non i soliti affaristi; ma devono essere persone nuove e preparate, con una serie di qualita' da testare prima. Bisogna che abbiano alle spalle delle lotte, non persone che blaterano e basta, chiacchieroni, ma che abbiano una capacita' di lavoro, che siano in grado di collaborare con i movimenti e possibilmente che abbiano (o siano in grado di farsi) delle competenze specifiche, perche' non si puo' fare gli onniscienti a 360 gradi, non si puo' parlare di pubblicita', di televisione, di militare e di ecologia, di scuola, di tutto. Ovviamente ognuno deve saper seguire tutto cum grano salis, ma siccome deve lavorare nelle istituzioni, occorre che abbia dei campi specifici di conoscenze, nei quali sia in grado di muoversi. Nelle istituzioni si deve andare in punta di piedi, farsi molti amici e poi non discriminare a priori nessuno, avere le idee chiare, saper fin dove si puo' arrivare, dove ci si deve fermare. Ovviamente si puo' sbagliare, mica uno e' infallibile, ma si sbaglia andando in una direzione. Magari si poteva arrivare al 70 e tu hai fatto solo il 60, ma hai fatto comunque il 60% della strada, non zero. Invece ci sono quelli che vanno nelle istituzioni, fanno i duri e i puri, alzano le bandierine e dicono: "ah, ma io l'ho presentata la proposta di legge", sapendo dentro di se' che tanto la bocceranno. Significa, questo atteggiamento, non aver capito niente, fare le cose solo per mostrarsi, mentre nelle istituzioni si va per portare delle cose a termine, in fondo: non si presentato cento proposte di legge una piu' bella dell'altra sapendo che poi tanto nessuna verra' presa in considerazione; se ne presenta una, due, tre, anche dieci, ma le prepari, le segui, crei le alleanze, e le proposte devono essere quelle giuste. L'andare nelle istituzioni comporta avere queste qualita'. Non tutti possono averle tutte: qualcuno puo' avere piu' i rapporti col movimento, qualcuno puo' avere piu' la capacita' di scrivere le leggi all'istante e nella forma giusta, qualcuno puo' essere piu' in grado di stringere relazioni istituzionali, ma nel complesso questi elementi sono necessari. Mi ricordo che una volta, sempre quando ero in Parlamento, mi sono trovato una sera a cena al tavolo solo con Formigoni e abbiamo parlato per due ore: ora lui era un democristiano integralista, io ero per lui il demonio e anche lui poteva essere per me il demonio, invece ci siamo detti un sacco di cose utilissime in quel momento proprio su quelle battaglie di cui dicevo prima (la tassa sui sacchetti, il fosforo) ed e' stato importante perche' poi lui, rispetto ad esse, mi ha dato una mano, poiche' si trattava di tematiche per le quali avevo capito che aveva una certa sensibilita'. Certo se avessimo parlato di divorzio o di aborto le cose sarebbero state diverse, ma chi se ne importava in quel momento di parlare di certe cose! Mica dovevo catechizzarlo, io dovevo cercare di fare un pezzo di strada con lui, e questo mi sembra anche l'insegnamento di papa Giovanni: vedere le cose che ci uniscono e non quelle che ci dividono. Questo insegnamento in politica e' fondamentale. * - Diana Napoli: Si puo' andare quindi nelle istituzioni quando si hanno chiari tutti questi elementi, si puo' trovare l'alleanza senza pregiudizi sullo schieramento politico. Ma quando stare nelle istituzioni, il poterci stare, comporta una serie di questioni che non c'entrano con gli obiettivi che si vuole realizzare e pero' stare nelle istituzioni sarebbe importante per poterlo fare, tipo una guerra? - Michele Boato: Ah, che disastro... casca il governo? E pazienza! Se non c'e' questo principio almeno negli a priori della tua piattaforma elettorale, pazienza. Bisogna votare contro. Ma casca il governo? e che caschi! Su una cosa cosi' bisogna votare contro e fai cascare il governo perche' voleva continuare la guerra in Afghanistan. Ci sono dei momenti in cui non ci sono ragioni di stato che tengano, si tratta prima di tutto di una scelta etica: non uccidere, punto. Basta, fine, su altre cose si potra' discutere. Ovviamente non e' che tali questioni si verifichino tutti i giorni, nel senso che, in Regione, per esempio, queste cose non succedono perche' la Regione non deve votare la guerra, per cui il discorso delle liste civiche comunali o locali, come dicevamo all'inizio, e' importante proprio per questo fatto. * - Diana Napoli: Va be', e' anche piu' facile... - Michele Boato: E' piu' semplice, perche' non comporta quasi mai questioni di principio, ma e' piu' difficile perche' comporta la conoscenza del territorio. Tu non puoi, per dire, stare in Regione e votare una cava perche' ti hanno raccontato che e' bella quando non ti sei informato e magari li' c'e' della gente che contro quella cava fa lo sciopero della fame. Ma naturalmente dipende sempre dall'obiettivo che ti poni: e' chiaro che se il tuo scopo e' di fermare la guerra non devi porti come obiettivo la Regione e devi porti nell'obiettivo di raccogliere la maggioranza di consensi. Io vedo che in Italia oggi gli obiettivi sono mastodontici, enormi: le lotte contro la Tav, gli inceneritori, i rigassificatori (ti parlo degli aspetti che mi interessano di piu', quelli ambientali) e so che per raggiungere questi obiettivi ci vuole un movimento di popolo enorme, perche' all'interno delle istituzioni (che tu sia maggioranza o opposizione non cambia) il partito dei rigassificatori e' trasversale (cosi' come quello degli inceneritori e della Tav). Per cui il rapporto col movimento e' fondamentale. * - Diana Napoli: E il "movimento" cos'e' oggi? O dov'e'? - Michele Boato: Provo a risponderti con un esempio: pensa alle spese militari in bilancio. Non c'e' un deputato che vada in giro per l'Italia a spiegare come vengono buttati via i soldi. Perche' noi dobbiamo capire che la gente di certi temi normalmente non si interessa, ma comincia ad interessarsi se, invece, vede che la lobby militare pesa direttamente sulla sua vita personale: perche' lui e' in miseria, non arriva alla quarta settimana del mese e questo anche perche' spendono i nostri soldi per nuovi cacciatorpedinieri, per le flotte aeree, per la flottiglia che devono costruire adesso, per programmi spaziali inutili. Io stesso non ho avuto l'occasione ancora una volta di fare questo tipo di ragionamenti in assemblee pubbliche perche' non si creano le occasioni, ed essere nelle istituzioni vuol dire anche creare le occasioni. * - Diana Napoli: Quindi vuol dire che essere nelle istituzioni non e' punto d'arrivo del movimento, ma anche punto di partenza per il movimento. - Michele Boato: Certo, questo ti dicevo, ci deve essere una dialettica. Una cosa e' che il movimento indichi alcuni temi o cose da farsi; altra e' che chi sta nelle istituzioni scopra e indichi le occasioni. Non ci sono i soldi per far le piste ciclabili? ma togliamoli dalle spese militari! Tuttavia solo chi e' dentro le istituzioni riesce a vedere e a capire quanti soldi vengono risucchiati dalle spese militari che potevano andare, che so, alle piste ciclabili. E questa dialettica e' una dialettica che in Italia non esiste. * - Diana Napoli: E' la dialettica della democrazia. - Michele Boato: La finanziaria e' il cuore della politica, e' quel momento di decisione sulle spese in cui si possono spostare i soldi, perche' il resto sono spese fisse (gli stipendi, gli ospedali...): e' qui che si vede che idee ha un partito, un governo. Questo Prodi perche' dovevo tenerlo in piedi? Perche' faceva meglio di Berlusconi? Ma se ha aumentato ulteriormente le spese militari! Ma se stava per abolire il 5 per mille alle associazioni che era stato messo da Tremonti e Berlusconi! Il nostro documento, quello di cui parlavamo all'inizio, dice: per noi cosa e' stato il governo Prodi? Per Venezia e' stato il Mose: e' Prodi che ha fatto andare avanti il Mose; per il Piemonte e' stato la Tav, e' lui che ha premuto l'acceleratore per la Tav; e' stato, per Napoli, il disastro dei rifiuti e degli inceneritori, perche' si voleva fare l'inceneritore e in Campania governa il centrosinistra da un paio di decenni, a Napoli in particolare. Io ho degli amici che sono stati a lavorare li' cinque anni con il sub-commissario ai rifiuti e che venivano da esperienze in cui avevano organizzato la raccolta differenziata spinta: non gli hanno permesso di fare gli impianti di compostaggio (solo in presenza dell'impianto di compostaggio si puo' fare una vera raccolta differenziata, perche' l'umido deve andare da qualche parte, altrimenti che raccolta differenziata e'?). Senza l'impianto di compostaggio tutto rimarra' per le strade ed e' quello che e' successo. Gli hanno impedito di fare gli impianti di compostaggio che costano pochissimo e percio' non sono un business, perche' volevano fare l'inceneritore! Questo e' il centrosinistra e allora io non posso essere bloccato da questa situazione, io devo andare libero e dire: non voglio le spese militari e mi alleo con chiunque per ottenere questo obiettivo, anche con la Lega, che puo' non volerle per motivi diversi dai miei; non voglio la guerra in Afghanistan, o voglio le piste ciclabili, la raccolta differenziata, la legge 50 e 50 di uomini e di donne ovunque si decide... questo vuol dire avere le idee chiare, ecco il programma, non e' un programma generico. Il programma non e' per sempre, e' il programma di oggi. E tra due anni? Bene, tra due anni si ridiscute. - Diana Napoli: Tu quando hai cominciato a fare politica e quando hai conosciuto l'ecologismo e la nonviolenza? - Michele Boato: Sono cose diverse. Sono nato a Venezia e l'ecologismo l'ho scoperto a Marghera, nel 1968. Quell'anno, dopo aver occupato Ca' Foscari - ora sono passati giusto quaranta anni e sto preparando uno spettacolo musicale che racconta l'occupazione dell'universita' e tutto il resto - nel giugno '68 siamo andati a Marghera: tramite un impiegato che era anche studente di Ca' Foscari, ci siamo messi in contatto con gli operai di una parte della Montedison, la Chatillon (che ora si chiama MonteFibre) e abbiamo cominciato a conoscere l'inferno che c'era in quelle fabbriche, con dei reparti dove veramente si moriva. C'era un sindacalista interno, Ferruccio Brugnaro, un vero leader operaio, che era anche poeta e distribuiva volantini con le poesie sul cloruro di vinile che uccideva le persone che lo respiravano. E' stato li' che ho cominciato a diventare ecologista, con un'ottica che poi sarebbe stata quella, dal 1976, di Medicina Democratica. Nel 1969 e' nata Lotta Continua e sono entrato a farvi parte (io e anche Maria, che poi sarebbe diventata mia moglie). Non ero nonviolento assoluto, tant'e' che sono andato a fare il militare. Non ho fatto obiezione di coscienza, ma dentro l'esercito ho fatto per un anno r mezzo parte dell'organizzazione Proletari in divisa che organizzava la lotta contro le gerarchie e per il controllo democratico dell'esercito da parte dei soldati di leva, i proletari in divisa, appunto. Feci anche processare un paio di ufficiali, il generale comandante dell'Ospedale militare di Udine e il colonnello medico che avevano procurato la morte di un alpino per una semplice operazione di emorroidi, condotta malissimo; al C. A. R. di Casale Monferrato (il piu' grande d'Italia, con 6.000 reclute) abbiamo fatto gli scioperi del rancio eccetera, ma questo per dire che la lotta che facevo era dentro l'esercito, contro l'uso dell'esercito in funzione antipopolare e repressiva. Avevamo l'appoggio all'esterno per esempio di Pannella e abbiamo fatto insieme le marce antimilitariste nel 1972 (ci andavamo vestiti da militare; andare vestiti da militare a una manifestazione del genere non era da poco), facevamo un pezzo di strada assieme ma non eravamo la stessa cosa degli obiettori. La nonviolenza l'ho scoperta nel 1974. In Lotta Continua si discuteva sull'idea della rivoluzione, come farla e i modelli non erano certo nonviolenti: l'Irlanda in cui la frazione nonviolenta di Bernardette Devlin era minoritaria rispetto alla lotta armata che conduceva l'Ira; poi l'Eta basco e il Movimento Popolare di Liberazione della Palestina. Cominciava a prevalere l'idea di una lotta di popolo un po' piu' rafforzata, che non escludeva l'"ora del fucile"... Per cui ho iniziato gia' allora a rompere un po': nel 1972 in un convegno quasi clandestino a Rimini, io e un altro votammo, da soli, contro proprio sulla questione dell'uso della violenza e fummo quasi espulsi. In seguito il lavoro e' stato sempre piu' vicino agli obiettori di coscienza, soprattutto quando, nel 1977 ritornai a Mestre dopo quattro anni passati in Puglia, ed ereditai la sede di Lotta continua che nel frattempo si era disintegrata. Questa sede era condivisa con la Loc, fondammo Smog e dintorni, gruppo e rivista ecologista, e poi demmo vita anche alla sezione veneziana di Medicina Democratica... * - Diana Napoli: Nel '68 comunque voi eravate tra i primi ad occuparvi di ambiente... - Michele Boato: Si', mi ricordo che nel '69 usci' un libretto che raccoglieva i documenti dell'ondata studentesca e operaia, tra cui i nostri volantini (che poi sono diventati storia): erano gli unici che parlavano di salute, salute piu' che ambiente. Poi, nel 1973, sono stato a Brindisi, quando ero ancora in Lotta Continua, ad organizzare lotte contro l'inquinamento, anche molto dure (mi ricordo i paginoni della "Gazzetta del Mezzogiorno" che parlavano di me come un terrorista mandato da Marghera per impedire la costruzione di certi impianti; parlavano di me e di mia moglie come due personaggi pericolosissimi). La base operaia ci sostenne, reagi' in maniera fortissima, fece dimettere due dei sindacalisti su tre, perche' questa campagna era orchestrata dai sindacalisti; uno dei due, quello della Uil, ebbe anche un collasso in assemblea, poiche' nel momento in cui stava attaccandomi la gente gli rispose, difendendomi e fischiandolo sonoramente. Al posto del rappresentante Cisl subentro' uno della base, Roberto Bini, che era d'accordo con me. La Cgil si tiro' indietro prima di fare la stessa fine, cio' nonostante l'impianto lo fecero, ma in quegli anni si semino' molto. Tornato qui a Mestre, a fine '77, c'era il deserto perche' Lotta continua si era di fatto sciolta, era sparito tutto, c'era la droga che veniva avanti, il terrorismo delle Br, per cui ho preso in mano la sede del movimento, anche se mi dicevano che ero matto, dato che stavano per chiudere (e infatti la sede era diventata un'officina: uno degli operai di Lotta Continua faceva il deltaplanista e la sede era diventata un'officina, quando io arrivai c'era il deltaplano in riparazione...). Allora fondammo Smog e dintorni che, per un certo periodo, divenne anche un inserto di "Lotta continua" (diventato un quotidiano non piu' di partito ma del movimento del '77) e al grande convegno del "movimento" a Bologna, proprio quell'anno, noi organizzammo la parte ecologista dell'incontro, in particolare quella sul nucleare, che registrava la nascita in Italia del movimento contro il nucleare. Poi abbiamo fondato gli Amici della Bicicletta di Mestre, con cui, negli anni '80, abbiamo pedonalizzato l'unica piazza che c'e' qui a Mestre, piazza Ferretto, che prima era praticamente una strada trafficatissima. Ogni sabato, nell'83 e nell'84, bloccavamo con le bici l'entrata delle macchine, fino a quando non abbiamo ottenuto la pedonalizzazione della piazza. E in tutto questo la mia storia con la nonviolenza e' una storia di seconda battuta, anche se lavoravamo con la Loc di Maurizio Galvan, che stava nella stessa nostra sede. * - Diana Napoli: Ma quando eri in Lotta continua, prima del tuo incontro con la nonviolenza, pensavi davvero (prima parlavi di modelli di rivoluzione) che la rivoluzione si sarebbe fatta? - Michele Boato: Si'. Guarda, qui la lotta operaia e' arrivata nel 1968. Il primo agosto 1968 (c'e' anche una canzone di Gualtiero Bertelli, intitolata "Primo d'agosto Mestre Sessantotto" in questo spettacolo che sto scrivendo) migliaia di operai hanno bloccato la stazione. * - Diana Napoli: Quante persone lavoravano a Marghera? - Michele Boato: Da trenta a quarantamila; al petrolchimico erano settemila. Completamente abbandonati dal sindacato, fanno ad agosto una manifestazione con in testa uno striscione che ho dipinto a mano assieme a Laura Bettini, leader degli universitari di Padova, con su scritto "Tutti contro Montedison". Era un movimento che poteva sembrare insurrezionale, anche se di fatto non lo era, nel senso che gli operai volevano vincere una lotta sindacale, c'era la serrata del petrolchimico, bisognava reagire, ma, una volta che la vertenza si risolveva, la questione finiva. Due anni dopo, sempre ad agosto, nel 1970, si ribellano non piu' i chimici, ma i "negri di Marghera", cioe' gli operai delle imprese d'appalto, migliaia e migliaia di operai edili e metalmeccanici che costruivano e facevano le peggiori manutenzioni, i lavori piu' sporchi e morivano (ho fatto la mia tesi di laurea su Marghera e la chimica, ed ho inserito un capitolo sui "negri"). I "negri" si ribellano e ad organizzarli c'eravamo noi di Lotta continua; ancora una volta il sindacato squagliato e per tre giorni Marghera e' rimasta in mano agli operai. Si diceva proprio cosi': "Marghera in mano agli operai". Ci sono state le barricate, la polizia aveva sparato e ferito quasi a morte un operaio e poi si era ritirata; aveva capito di averla fatta troppo grossa. Per tre giorni Marghera e' sembrata una repubblica indipendente. Venne Sofri e rimase sorpreso, guardando, dal cavalcavia sulla ferrovia che sta tra Marghera e Mestre, sotto, sui binari, gli operai che bruciavano delle traversine accatastate. C'era una situazione fuori controllo. Il giornale della sera, "Venezia Notte" (era l'edizione veneziana del giornale di destra di Milano), titolava: "Marghera in mano ai cinesi", tant'e' che noi poi facemmo i volantini con tutti gli operai vestiti da cinesi. Quella visione ti faceva pensare ad una situazione pre-insurrezionale, anche se assolutamente non c'erano armi. Tento', Toni Negri, gia' dal primo giorno (quando la polizia aveva sparato all'operaio) di confezionare e passare a qualche giovane delle bottiglie Molotov, ma e' stato bloccato e se ne e' tornato a Padova. La nostra non era una posizione guerrafondaia, ma di potere dal basso, di autogestione, che poi teorizzammo, nel 1972 quando la linea di Lotta Continua divento' "Prendiamoci la citta'", e questa cosa intimori' da matti le amministrazioni, come, alcuni anni dopo, Zangheri, il sindaco di Bologna perche' il famoso convegno di Bologna si intitolava allo stesso modo e il Pci e dintorni pensavano che noi si volesse occupare chissa' che. Prendiamoci la citta', invece, voleva dire, semplicemente, facciamo in maniera che la gente si organizzi, cominci a decidere, conti, e organizzammo delle scuole di quartiere, i doposcuola... cose piccole ma che volevano creare un potere parallelo dal basso. Era il modello dei soviet, ma quello iniziale (non quello del Partito sovietico che li controllava tutti), quello dei soviet degli operai e dei contadini, i consigli che sognava anche Gramsci. * - Diana Napoli: Piu' che insurrezione forse sapeva un po' di Fronte Popolare, un'espressione di gioia da parte degli operai... - Michele Boato: Si', ma si prestava ad un'interpretazione in chiave rivoluzionaria. Anche se non c'era magari una concretezza di iniziativa rivoluzionaria. Cosa che per esempio non capiva il Potere Operaio di Toni Negri, che credeva di dover muovere gli operai solo su rivendicazioni materiali (prendere cento lire in piu'), una linea economicista, e da li' "fare il salto" per prendere il potere. Prendere il potere dove? Negri diceva che non era importante, che l'importante era muoverli che poi sarebbe saltato fuori qualcosa. Diversa invece, molto piu' concreta, era l'ipotesi di Sofri: se ci sono delle zone che si liberano, diventano, tipo Marghera, zone di democrazia diretta. * - Diana Napoli: Utilizzava proprio il verbo "liberarsi"? - Michele Boato: Si'. Mi ricordo la frase che mi disse sul cavalcavia al momento della rivolta dei "negri": "questi si stanno divertendo come porci". Lui aveva la sensazione che questa rivoluzione fosse una festa e in quel momento noi c'eravamo dentro. Debbo dire che effettivamente quello e' stato il momento piu' alto di quel modello. * - Diana Napoli: E come e' "rientrata" dopo la situazione? - Michele Boato: E' rientrata perche' si e' chiusa la vertenza; era scappata di mano alla logica sindacale, perche' gli operai volevano forme di lotta piu' dure e i sindacati non li appoggiavano, mentre poi noi le abbiamo attuate, mettendo in moto una rete territoriale notevolissima (avevamo coinvolto anche i pendolari; qualcuno di noi era andato a Chioggia e Cavarzere per bloccare persino le corriere che partivano). Ma quando si raggiunge un risultato e gli operai decidono in assemblea che quel risultato va bene a quel punto il discorso si chiude. * - Diana Napoli: E quindi non era la rivoluzione... - Michele Boato: Certo, erano in realta' movimenti rivendicativi molto forti, che pero' lasciavano dei segni nella misura in cui all'interno delle rivendicazioni c'erano anche richieste di democrazia. Per esempio la nascita dei consigli di fabbrica, eletti direttamente dagli operai come delegati e senza tessere (invece delle commissioni interne a tre designate dai sindacati provinciali) e' un elemento importante che lascia un segno da tutti i punti di vista, perche' hai nella fabbrica una situazione di democrazia piu' avanzata, perche' controlli meglio, per esempio, la questione della nocivita', della pericolosita'. Quando ho lavorato in fabbrica, nel 1971-'72 alla costruzione della centrale Enel di Fusina, appena arrivato mi vedo cascare giu' da 50 metri un giovane: quello e' stato il mio benvenuto in fabbrica. Ero ancora in prova, ho dovuto stare due settimane assolutamente in incognito perche', se avessero saputo chi ero, mi avrebbero mandato via subito. L'hanno scoperto poi, dopo. Gli operai che mi riconoscevano - dapprima ero stato studente di Lotta Continua e poi appunto operaio - stavano tutti zitti per farmi assumere, perche' non vedevano l'ora che mi assumessero, ma subito dopo abbiamo organizzato un comitato antinfortunistico, abbiamo fatto degli scioperi durissimi; ci siamo divisi a meta', specializzati e manovali, scioperavano mezza giornata ciascuno. Per cui quando scioperavano gli specializzati, i manovali non potevano far niente da soli, e ugualmente quando scioperavano i manovali (per contratto gli specializzati avevano bisogno dei manovali) gli specializzati si rifiutavano di lavorare. Sicche' abbiamo paralizzato il cantiere e in una settimana abbiamo stravinto. Abbiamo ottenuto, oltre ad aumenti salariali, dei diritti come quello del comitato antinfortunistico che ha lasciato il segno: erano gia' morte tre persone in quel cantiere mentre poi non e' morto piu' nessuno, perche' li abbiamo obbligati a mettere i ponteggi, a organizzare i turni (tra l'altro che gli operai morissero era preventivato: un dirigente di cantiere ci ha mostrato, in segreto, che nel budget era preventivato che potevano morire dai 5 ai 10 operai! Risparmiando sulla sicurezza, e' ovvio che ci sono poi delle conseguenze). E tutto questo ha lasciato evidentemente dei segni di democrazia che sono rivoluzionari, perche' vuol dire che della gente stava ottenendo che una certa societa', in questo caso il lavoro, fosse organizzato in maniera umana e meno bestiale. Questo vuol dire fare una lotta sindacale che abbia anche un contenuto politico (e non muovere gli operai solo per cento lire in piu' perche' "tanto poi le altre cose arrivano da sole", portate dal di fuori, dal Partito avanguardia, dagli intellettuali che sanno quale sara' la direzione della storia). * - Diana Napoli: E perche' i sindacati si erano, a tuo parere, defilati in un primo momento? corruzione, miopia, disinteresse, incapacita'? - Michele Boato: Mah, era una storia sindacale di accordi al ribasso, di sconfitte, anche se poi in effetti anche all'interno del sindacato c'e' stata una dialettica, un cambiamento: molti sindacalisti sono andati via sostituiti da quelli piu' vicini alla base: pensa alla Flm dei metalmeccanici di Brescia che e' diventata praticamente un partito rivoluzionario dopo l'autunno caldo e la strage di Piazza della Loggia del maggio '74, perche' si era creata una situazione con i consigli di fabbrica per cui la gente li' dentro faceva politica e non trattava solo gli aumenti salariali. C'era, in quel sindacato, anche Marino Ruzzenenti che ora e' un "esperto" a servizio dei movimenti, e che poi e' uscito perche' il sindacato e' tornato indietro negli ultimi anni. * - Diana Napoli: Tu credi che effettivamente gli anni Sessanta e Settanta abbiano costituito un cambiamento epocale, al di la' dei significati fortissimi ma immediati? - Michele Boato: Il cambiamento c'e' stato: se guardi la societa' prima e dopo il '68 il cambiamento e' molto grande. C'e' stata un'ondata che ha molto ridimensionato l'autoritarismo nelle scuole, le famiglie, le fabbriche (specie le piu' grandi), perfino nello stato. Oggi l'autoritarismo quando emerge e' qualcosa che si vede, che stride; allora invece era la normalita' delle cose, il potere era tutto, poteva fare tutto: le ruberie, gli scandali c'erano ma non emergevano. Dal '68 e' partita un'ondata che ha impedito che continuasse in quel modo, un'ondata che e' arrivata fin dentro la Magistratura (Tangentopoli non e' nata dal nulla), fin dentro la polizia, con la sindacalizzazione della polizia con cui adesso e' raro che abbiamo rapporti difficili: per esempio nell'ultima marcia che abbiamo fatto da Schievenin del Grappa a Venezia (in centinaia, 80 km a piedi in due giorni) la polizia ci ha dato una mano, cosa che un tempo sarebbe stata impensabile). * - Diana Napoli: Democratizzazione si', ma era un processo di lunga durata che e' certo stato accelerato, ma che stava in un movimento della storia. Di fatto, per quel che riguarda la possibilita' di una democrazia che istituzionalmente fosse diversa, di una politica internazionale condotta diversamente, forse si puo' avere la percezione che non sempre il cambiamento ci sia stato, o sia stato all'altezza delle aspettative. Qualcuno tra quelli con cui ho avuto occasione di parlare mi ha detto che e' stato, il '68, un momento non sfruttato, facendo l'esempio di un tramonto bellissimo, ma pur sempre un tramonto, quindi, di una giornata che era finita (cioe' un mondo che era gia' finito, dal punto di vista della lunga durata, quello operaio). - Michele Boato: C'e' un articolo di Giannozzo Pucci, che pubblichiamo su "Gaia" di primavera 2008, secondo cui il '68 vive nell'ecologismo: lo spirito libertario del '68 e' stato poi soffocato dal marxismo economicista sostanzialmente industrialista ottocentesco, che seguiva lo schema padrone-operai. Mi ricordo che all'universita' veneziana di Ca' Foscari il nostro era un movimento veramente antiautoritario che veniva sbeffeggiato e anche disprezzato dai saputelli del Pci. Ci dicevano: cosa volete voi, figli di borghesi? E cercavano, invano, di tarparci le ali... Quello che non sono riusciti a fare loro nel '68 e' riuscito successivamente ai gruppi politici, come la stessa Lotta continua dimostra: Lc e' l'esempio piu' bello ma anche piu' triste: nasce antiautoritaria, lo stesso nome, Lotta continua, non c'entra niente con la tradizione comunista (il Partito, l'Avanguardia eccetera, tutti i nomi della tradizione bolscevica). Lotta continua era invece molto movimentista, basista, quasi anarchica. Ma anche al suo interno, nel 1972, inizia il dibattito sulla necessita' di adottare l'ideologia marxista-leninista, la teoria comunista che non diceva piu' nulla a noi giovani. Non a caso poi Lotta continua e' morta. Il convegno che l'ha fatta morire e' quello di Rimini del 1976 (lo avevo gia' previsto qualche mese prima: al congresso preparatorio di Bari avevo previsto pubblicamente che a Rimini la presidenza sarebbe stata occupata da donne e dagli operai e cosi' e' stato!). Gli operai hanno detto: "va bene il marxismo, abbiamo capito, ora basta e comandiamo noi (e quindi via i Sofri, i Pietrostefani, i Rostagno, i Viale) e le donne (tra cui Franca Fossati, poi presidente italiana dell'Udi - Unione donne italiiane) hanno iniziato un proprio percorso di autonomia. Poi ci sono stati gli anni del terrorismo che hanno ancor piu' soffocato gli ultimi elementi rimasti dell'antiautoritarismo del '68, e poi il fallimento politico degli anni successivi quando Avanguardia operaia e altri gruppi "extraparlamentari" si sono sciolti... E cosa e' rimasto? E' rimasto l'ecologismo, che e' il nuovo, rispetto a questa storia, perche' e' un punto di vista che non ha niente a che vedere con tutta questa parabola politica marxista. C'e' ancora qualcuno che si attarda a pensare che l'ecologismo abbia a che vedere con questa storia (e continua a parlare di rosso-verde), c'e' anche chi continua a cercare il meglio di questa tradizione, che ormai e' solo un residuo archeologico: e' come se io dicessi che sono di Giustizia e Liberta', dato che mio padre ha fatto la Resistenza con Giustizia e Liberta' ed era del Partito d'azione. E tuttavia l'ecologismo in Italia ahime' e' stato conciato molto male; ed ecco che qui torniamo all'oggi. Siamo all'indomani di un omicidio: hanno ucciso i Verdi. Noi li abbiamo fondati, a partire dall'esperienza di Arcipelago verde, li abbiamo fatti crescere: nel 1990 qui abbiamo avuto il 7%, una cosa enorme, non ci credeva nessuno. Forse l'errore e' stato di aver messo insieme troppa gente: i Verdi Arcobaleno, fuoriusciti dei radicali, come Rutelli, e da Democrazia Proletaria, come Ronchi. Pero' nel Veneto e' stata gestita bene questa accoglienza: Mao Valpiana l'ha gestita a Verona con Alberto Tomiolo, io a Venezia e Padova con Gianni Tamino e Ivo Rossi. Pero' adesso i Verdi sono stati uccisi da clientelismo, opportunismo, svenduti per qualche posticino (Pecoraro che fa eleggere al Senato suo fratello calciatore... cose inenarrabili). Ci sono ovviamente nei Verdi ancora bravissime persone, ma l'ecologismo non lo fa piu' nessuno, se non i comitati, Allora dobbiamo rifondare l'ecologismo, su basi nonviolente. Non serve rifondare la nonviolenza, che in Italia e' sempre stata una cultura che ha attraversato diverse pratiche e teorie, ma l'ecologismo e dare cosi' alla nonviolenza una leva. * - Diana Napoli: La nonviolenza che ha pure bisogno di un "appiglio" pratico... - Michele Boato: Non possiamo fare il cortocircuito nonviolenza-antimilitarismo; per me e' sbagliato, ma in Italia e' un cortocircuito che si e' prodotto. L'antimilitarismo dev'essere l'a-priori della nonviolenza, come il principio "non uccidere", ma non basta: e tutto il resto? E "pro" che cosa? Pro decrescita, pro consumo sobrio e sano, mobilita' intelligente, solidarieta', e tutto questo nel resto del mondo si chiama ecologismo. In Italia, al contrario, l'ecologismo non esiste. C'e' Greenpeace che fa le sue battaglie. C'e' Medicina Democratica che fa le sue e lo stesso vale per il Wwf; c'e' Pronatura, ma agisce soprattutto in Piemonte e nelle Marche. Per quanto riguarda le altre associazioni nazionali: Italianostra fa le sue battaglie sul paesaggio e i beni culturali, Legambiente svende il patrimonio ambientalista a Vodafone, Enel o Eni che le pagano la pubblicita' sui suoi giornali e i Verdi l'ecologismo lo hanno messo in un angolo. Sentivo ieri: il matrimonio gay, togliere una rete a Berlusconi... non sono questi gli elementi tipici dell'ecologismo. La gente ci confonde con un qualsiasi partitino di ultrasinistra, come, sta succedendo ora che i Verdi sono entrati nella Sinistra Arcobaleno, divenendo, di fatto, una costola di Rifondazione. Si tratta dunque di rifondare l'ecologismo e a questo scopo "Verdi" e' solo una parola screditata (lo dico io, che sono tra i fondatori e che, comunque, insieme a Mao, mi sono presentato alle elezioni del 2000 e del 2005 con il simbolo "Verdi con la colomba" perche' non ci sembrava il caso di regalare la parola "Verdi" al Sole che ride, che noi, dopo l'entrata di Canarini, Caccia e vari abitue' di casco-manico di bandiera-passamontagna chiamiamo Sole che picchia). Ma per far rinascere l'ecologismo occorrera' percorrere cento strade, prima di trovare la soluzione; per questo, alla vigilia di queste elezioni, sono scettico sulla proposta di fare le liste dell'ecologia e della nonviolenza; nel senso che non e' una cosa che si fa dall'oggi al domani. Dobbiamo vedere a Vicenza, con la base Dal Molin che incombe, checosa proporre alle elezioni comunali e provinciali; dobbiamo vedere a Treviso, con la proposta di due inceneritori, e a Venezia. Per esempio, proprio oggi ho accettato una candidatura in una lista di un comune qui vicino, San Dona' di Piave, dove mi hanno chiesto di dare una mano. Si tratta di una lista che si chiama "Sinistra e partecipazione" e, anche se non avrei mai fatto di mia iniziativa una lista che si chiami cosi', e' un mondo che apprezzo ed ho accettato. A Treviso chissa' come si chiameranno e cosa faranno gli animalisti che hanno sbeffeggiato Gentilini quando ha fatto togliere le panchine per gli extracomunitari, e quando voleva chiudere il centro storico ai cani e loro hanno portato nel centro tutti i cani in passeggiata... Insomma e' un fiume, siamo ritornati alla situazione di Arcipelago verde. Ci vorranno cinque anni, ci vogliono persone che abbiano credibilita' alle spalle e per selezionarle e' necessario decidere in anticipo le regole del gioco. Se uno, ad esempio, non da' mai un volantino, se non ha voglia di confrontarsi con la gente, non puo' far parte di una lista di questo tipo. Occorre dare, per dire, almeno quattro ore di servizio alla settimana: una regolina piccola piccola ma che fa scappare quelli il cui unico scopo e' andarsi a sedere in qualche consiglio comunale o provinciale. E' una regola che ho sempre applicato quando mi arrivava qualcuno; dicevo: "allora, un paio di mesi vieni con noi a far volantinaggi e poi ne parliamo" e alcuni sparivano immediatamente, perche' avevano la concezione del politico come qualcuno che non potrebbe mai "abbassarsi" a queste pratiche. Ora, in questo tentativo di rinascita dell'ecologismo noi partiamo da sottozero. Nell'80 partivamo da zero, si doveva solo costruire una cosa. Adesso siamo sotto (ma tanto sotto) lo zero perche' la gente per lo piu' e' disgustata dai Verdi. Ad esempio qui a Mestre, con l'associazione Amico Albero difendiamo un parco in via Pio X; l'altro giorno siamo stati sugli alberi per due ore per difenderli contro il comune che ha deciso di far costruire proprio li' un condominio: tra quelli che hanno votato a favore di questo piano ci sono i Verdi! La manifestazione del 19 e 20 gennaio in difesa della valle di Schevenin, contro una miniera, e' stata organizzata come Ecoistituto (assieme al Cai, Mountain Wilderness e il foltissimo Comitato locale), non come Verdi: una grandissima marcia nonviolenta di centinaia di persone che hanno percorso 80 km a piedi: ricordava la Marcia del sale di Gandhi, anche se e' durata solo due giorni. Anche qui abbiamo vinto riuscendo ad ottenere un'interfaccia politica da consiglieri sia di centrodestra che di centrosinistra che (come e' accaduto con la questione dell'inceneritore di cui ti parlavo all'inizio, a Treviso) hanno presentato mozioni firmandole assieme. Ecco, in questa circostanza abbiamo avuto il 100% di adesione, il Consiglio regionale che vota all'unanimita' contro quelle miniere: unici assenti, nell'incontro tra i marciatori e i gruppi consiliari, i Verdi e Alleanza Nazionale! Questa marcia, per esempio, e' un po' un simbolo della nuova forma politica che deve nascere e tutti ne sono restati sbalorditi: centinaia di persone che si sobbarcano la distanza di due maratone a piedi, che hanno il coraggio di farlo per dimostrare che c'e' una valle intera che protesta in forma assolutamente nonviolenta e che lo fa con questo gesto per dire che e' una questione seria che si deve assolutamente tenere in considerazione (e infatti poi il consiglio ha bloccato le miniere). Per tutto questo, affinche' ci sia un vero sviluppo nazionale, penso debbano passare altri cinque anni, non e' domani. Penso che per ora ci saranno delle liste locali che si chiameranno in modi diversi, poi, successivamente, a livello nazionale ci potra' essere il simbolo della colomba o anche a quello del pacifismo antinucleare di Bertrand Russell. * - Diana Napoli: Prima, parlando del modo in cui tu hai iniziato a fare politica, non ti ho chiesto del ruolo che ha giocato in questa tua formazione il "risveglio" religioso degli anni Sessanta, il Concilio, la Pacem in Terris. Quasi tutti me ne hanno parlato rivendicando un'origine proprio da quel mondo cattolico. - Michele Boato: Anch'io ho quella matrice, nel senso che prima del '68 ho fatto il mio dovere di bravo aspirante, poi giovanissimo delegato aspiranti di Azione cattolica, ecc., Eravamo un po' tutti "cattolici di sinistra", perche' il mondo veneto e' cosi', non era una scelta, veniva naturale. Il mio vero apprendistato e' stato l'ingresso nell'universita', nel 1966. Mi sono trovato in un mondo in cui c'erano due "partitini" studenteschi, l'Intesa cattolica e l'Ugi laica di sinistra, ma io, come molte altre persone, non ero ne' comunista ne' cattolico nel senso di vicino alla Democrazia Cristiana, ma allora e' nato a Ca' Foscari il movimento studentesco, gia' nel 1966-'67, movimento che abbiamo creato noi, non allineati alla vecchia politica, stravincendo alle elezioni degli organismi rappresentativi studenteschi. Poi, nel 1969, questo movimento e' diventato, quasi in blocco, Lotta Continua: una quarantina di persone (solo due o tre piu' moderati si sono persi per strada) per le quali era normale far parte, dopo quel movimento, di Lotta Continua, che non era un partito, ma un movimento "spontaneo", antiautoritario. Dal punto di vista del movimento studentesco allora noi abbiamo vinto, almeno a Ca' Foscari; la gerarchia si e' auto-disintegrata: alcuni professori sono andati via, altri sono stati smascherati (mi ricordo un professore di francese che fingeva di essere di sinistra e invece l'abbiamo scoperto legato all'Oas, ai servizi segreti francesi, torturatori degli algerini) e nel complesso ne e' uscita una classe accademica un po' piu' decente. Poi pero', negli anni '90, c'e' stato un ritorno dei vecchi metodi, e gli studenti hanno perso, senza neanche protestare. * - Diana Napoli: Il ricordo piu' bello? - Michele Boato: Ne ho diversi e te ne ho gia' raccontati alcuni. Il primo, quando abbiamo pedonalizzato piazza Ferretto; e' stata una lotta bellissima: noi con le biciclette che liberavamo la piazza. Ci mettevamo li', bloccavamo l'entrata delle macchine e la gente ci applaudiva, era una cosa spettacolare, iniziata nell'84 e durata un paio d'anni. Un'altra cosa che ricordo e' del 1987, nel febbraio, quando con delle barchette, alle 4 di mattina, abbiamo cercato di bloccare la nave che trasportava ogni giorno duemila tonnellate di fanghi Montedison, carichi di fosforo, per scaricarli al largo del Lido. Una mattina abbiamo tentato di bloccarla, doveva partire alle 5 ed e' partita invece con mezz'ora di ritardo; e' partita si', ma dopo qualche mese il ministro De Lorenzo ha dovuto revocare il permesso di scarico a mare, cosi' Montedison e' stata costretta a riciclare i fosfogessi. Questa e' stata forse la battaglia piu' grossa, abbiamo rischiato di morire, una barca, speronata dalla nave, stava per affondare... Loro ci hanno denunciato per blocco navale e invece sono stati condannati per tentato omicidio! Un'altra bellissima soddisfazione e' invece recentissima, la marcia "Centomila passi per la montagna e le sorgenti" per salvare la valle di Schevenin: arrivare a Venezia dopo questa lunga marcia e andare con la delegazione in Consiglio regionale per sentire che la Giunta non avrebbe autorizzato la miniera. C'e' gente che mi ferma per la strada, come un mio amico l'altro giorno, per dirmi "Ho sentito dire che hai fatto un miracolo, salvare la valle, quando era gia' data per spacciata". La gente si sta passando la parola di una battaglia "impossibile", dato che la valle era segnata, sarebbe scomparsa per la "miniera" (ma fanno finta di cercare un "minerale", il sale magnesiaco, in realta' portano via pietra; e' una finta miniera, in realta' una cava). E' stata una battaglia epica, vinta con la nonviolenza. E' iniziato tutto l'anno scorso quando si discuteva di come salvare la valle, dato che iniziative tipo le firme erano gia' state fatte (ne avevano raccolte e spedite in Regione oltre ottomila) ma senza nessun risultato concreto. Quindi mi sono detto: allora bisogna fare qualcosa che li commuova. L'ho proposta l'11 novembre scorso, in occasione della Palantina, una grande manifestazione in difesa della montagna: "Facciamo due giornate di cammino, 80 km". C'erano 600 persone che mi hanno guardato come se fossi matto, anche se pero' avevo visto che gia' alcune (una quarantina) mi avevano dato il nome per dire: "io la faccio". Poi c'e' stata l'assemblea del paese, con una lunga discussione, c'era qualcuno incerto o contrario. Ma ad un certo punto, una signora si e' alzata in piedi e ha detto: "io la faccio tutta". Allora abbiamo chiesto quante altre persone l'avrebbero fatta veramente e, incredibile!, hanno alzato la mano quasi tutti i presenti (tranne quelli che proprio non potevano perche' lavoravano e cose di questo tipo). Tra l'altro in quella valle si ricordavano di me perche' quando ero stato consigliere regionale nell'85 avevo fatto una battaglia con loro, perche' non prelevassero ancora acqua dalla sorgente. Mi ricordavo che era una valle splendida, ma non conoscevo piu' nessuno se non il gestore del bar ("Bar speranza"!) che mi ha fatto da ponte e con questo filo ho potuto lanciare l'idea della marcia. Adesso se vado a Schevenin mi danno la cittadinanza onoraria. Ma di battaglie e di bei ricordi e soddisfazioni ce ne sono tanti. Per esempio anche il comitato antinfortunistico alla centrale Enel, che non ha piu' fatto morire nessuno di cui ti ho parlato prima. Dopo lo sciopero ci portarono a Milano alla sede dell'Assolombarda ed eravamo in tre o quattro operai a trattare; i sindacalisti non avevano nemmeno il diritto di parola perche' erano stati contrari a quel tipo di sciopero e tutti sapevano quindi che contavano nulla. E sono lotte che ti danno soddisfazione non perche' hai vinto, ma perche' hai ottenuto cose reali, hai salvato della gente che era previsto che morisse, perche' loro avevano preventivato, per quel cantiere, un numero di morti, era nel budget. E ancora, chi c'e' al vertice europeo della raccolta differenziata? Il Veneto, col 50%. E ci sono province al 70%. E' un risultato dell'anno e mezzo in cui sono stato assessore regionale all'ambiente: nel '93 c'era l'emergenza rifiuti in mezzo Veneto, come ora a Napoli, c'erano rifiuti per le strade perche' le discariche stavano esaurendosi e intanto maneggiava gia' il partito degli inceneritori. Ho messo un aut-aut: sono andato nei comuni, ho riunito i sindaci e ho detto: "O entro un mese (mi ricordo anche la data, entro il primo aprile, e infatti dicevano che era uno scherzo, il pesce d'aprile) voi iniziate la raccolta secco/umido e portate l'umido negli impianti di compostaggio (che c'erano gia', erano privati) facendo del secco tutta la raccolta che potete, oppure il rifiuto di ciascun comune rimane in quel comune, da tenere in piazza davanti alla chiesa perche' nessuno avra' il permesso di portare i suoi rifiuti neanche nel comune vicino". Mi hanno preso per pazzo, ma intanto e' partita la raccolta secco/umido e l'emergenza e' finita in due settimane. Poi in alcuni comuni e' nata la raccolta "porta a porta" e anche quella sembrava una follia ("tolgono i cassonetti, ci troveremo la spazzatura in tutti i fossi!"), il primo ad avviarla e' stato un assessore di Dolo, che era un insegnante, mio amico. Poi anche questa cosa si e' diffusa e, in due mesi, alcune zone sono passate dal 10 al 60%. Ne ho parecchie di soddisfazioni... oltre al fatto che sto per festeggiare i 35 anni di matrimonio! |