Myanmar, 1500 anni di carcere per gli oppositori del regime
11 novembre 2008


Dal sangue nelle strade al carcere duro, nelle prigioni di Pyinmana e Yangon. A circa un anno di distanza dalla rivolta di monaci e studenti in Myanmar, la giunta militare che detiene ancora il potere nel Paese ha condannato a 65 anni di reclusione ventitré dissidenti birmani della „Generazione 88‰, il movimento culturale e politico che nell&Mac226;agosto del 2007 scese in piazza per manifestare contro la decisione del governo di aumentare i prezzi del carburante e per il rispetto delle elementari libertà civili, innescando nel mese successivo le proteste dei monaci buddisti che, violentemente soppresse, sfociarono in una vera e propria rivolta popolare.
La notizia, trapelata dalle rigide maglie del sistema d&Mac226;informazione governativo, è stata rivelata all&Mac226;agenzia France Presse da un portavace del partito di opposizione, la Lega nazionale per la democrazia guidata da Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari. Tra i condannati, giudicati in una udienza a porte chiuse nel carcere in cui erano stati imprigionati dopo le manifestazioni dello scorso agosto, c&Mac226;è anche un celebre blogger di 28 anni, Nay Phone Latt, da anni nella lista nera della giunta militare per aver diffuso informazioni sulla reale situazione in Myanmar, dove ancora oggi qualsiasi tipo di opposizione democratica viene soffocata dal regime autoritario.
"Sdegno" per le condanne ai dissidenti, ma anche "impegno" affinché la situazione diplomatica e politica nella ex-Birmania cambi, è stato espresso in un&Mac226;intervista a Youdem Tv da Piero Fassino, che lunedì ha ricevuto dai ministri degli Esteri europei la riconferma di inviato della Ue in Myanmar per un nuovo semestre. "Queste notizie così drammatiche - ha sottolineato Fassino - dicono come la situazione continui ad essere critica. Nonostante l'impegno dell'Onu, dell'Uinione Europea, dei Paesi asiatici, la giunta militare birmana resiste alle richieste di dialogo con l'opposizione". "Da un lato - ha proseguito - esprimiamo sdegno, e dall'altro non dobbiamo rassegnarci a una situazione inaccettabile, per lavorare alla liberazione di Aung San Suu Kyi e al dialogo con l'opposizione".
Lunedì, dopo aver lodato Fassino per il lavoro dipolamatico svolto nel Paese negli ultimi 12 mesi, i Ventisette hanno "deplorato la mancanza di progressi registrata quest'anno per un'autentica transizione verso la democrazia in Birmania/Myanmar", cogliendo anche l&Mac226;occasione per lanciare l'ennesimo appello per la scarcerazione del leader dell'opposizione Aung San Suu Kyie. E non solo: "L'Unione Europea - è scritto in un comunicato ufficiale del Consiglio - ribadisce che le preannunciate elezioni del 2010 potranno essere un passaggio credibile solo se Aung San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici saranno liberati e sarà avviato un percorso di dialogo tra le autorità al potere, l'opposizione democratica e la comunità internazionale".
Intanto, dopo un anno dalla rivolta dei monaci e della società civile, resta ancora da chiarire quante persone sono cadute lo scorso anno sotto i colpi di fucile e le bastonate dei militari. Secondo gli ispettori dell&Mac226;Onu i morti sarebbero almeno 30, ma a tutt&Mac226;oggi, come già successo dopo "la rivolta degli studenti" del 1988 costata la vita ad oltre 3000 dissidenti, molte persone risultano scomparse, sparite nel nulla.

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