TERZA SESSIONE
LE POSSIBILI SOLUZIONI PACIFICHE E POLITICHE DEL CONFLITTO

RELATORI


Prof. A. L’Abate
Università di Firenze

Prof. D. Janjic
Direttore del Forum for Ethnic Relation di Belgrado

Prof. F. Sejdieu
Università di Pristina



Prof. P. Fumarola
Università di Lecce

Prof. P. Nushi
Presidente del Consiglio dei Diritti Umani di Pristina



Prof. A. L’Abate:
"Il tema di questa sessione è : Le soluzioni pacifiche e politiche del conflitto. I due relatori sono Dusan Janjic di Belgrado, direttore del Forum for Ethnic Relation e il professor Fatmir Sejdieu, direttore del Manifesto, segretario dell’ LDK e rappresentante del Parlamento. Se non ci sono problemi seguirei quest’ ordine di interventi.
Il tema di oggi è molto importante, perchè fino a qualche tempo fa c’ era un background dietro di la lotta non violenta degli albanesi, attualmente la situazione è molto cambiata, quindi il problema è diventato molto più complesso e quindi ancora più importante. Poi naturalmente ci saranno gli interventi e, nel pomeriggio, il tema verrà ripreso nella tavola rotonda che dovrà mettere afuoco il che fare a breve raggio”.

Prof. D. Janjic :
"Parlerò di tre cose, di tre punti. Innanzitutto vi dico qualcosa di me, poi vi parlerò in termini più generali della natura del conflitto e poi suggerirò delle idee che sottoporrò alla nostra discussione sulla soluzione della questione Kosovo.
Parlerò come direttore del Forum per le relazioni etniche. Il forum è una ONG internazionale, in effetti, che riunisce più di cento persone, alcuni di questi sono albanesi. Le nostre prime discussioni e dibattiti sono stati organizzati nell’ 88 e appunto hanno riguardato il problema del Kosovo. Abbiamo iniziato lavori anche con altri gruppi e portato avanti delle azioni, che non hanno molto successo, che riguardavano il sistema scolastico dell’ 89. Grazie alla Fondazione Soros nel ‘92 abbiamo creato la Rete Soros per il dialogo serbo-albanese, che raggruppapersone del Kosovo, della Serbia e dell' Albania. Uno dei risultati di questo lavoro è stato il libro "Conflitto o Dialogo?", un libro pubblicato nel ’94. in questa pubblicazione ho sostenuto l' idea di uno status speciale per il Kosovo.
In seguito, in collaborazione con alcune organizzazioni internazionali abbiamo organizzato dei seminari, dei colloqui, il più famoso è il colloquio di New York, che si è svolto ad aprile dell' anno scorso, in collaborazione col (Project on Ethical Relations) Progetto sulle relazioni etniche. In effetti, abbiamo lavorato insieme ai leader politici delle varie parti. L' idea era piuttosto semplice: organizzare creare una rete, un contesto per le discussioni tra politici moderati, dopo vi dirò perché.
Lavoriamo su due temi, due linee guida: in primo luogo, come servizio di esperti, per l’ elaborazione di documenti per applicare lo status speciale o l'alta autonomia, in collaborazione con OSCE. Stiamo lavorando anche per far passare azioni di pressione per una idea, l' idea di organizzare un centro di coordinamento balcanico. Questo per quanto riguarda il Forum, per spiegarvi un po' il nostro coinvolgimento, i nostri collegamenti con la questione Kosovo.
In secondo luogo: parlando della questione Kosovo, in effetti, si parla di una questione molto complessa, di tutta una serie di problemi, a questo scopo devo fare alcune semplificazioni. Oggi vi parlerò solo del livello politico del problema.
Per iniziare voglio sottolineare che in tutti i paesi post comunisti si è presentato un problema, cioè come conciliare il conflitto tra lealtà allo Stato e lealtà all' etnicità, al proprio gruppo etnico. Il problema è molto grave, in particolare nella ex-Jugoslavia, specialmente nel caso degli albanesi. Si sono trovati di fronte ad una mobilitazione etno-nazionalistica, dinanzi ad un' identificazione etno-nazionale molto forte, anzi potremmo dire che adesso gli albanesi del Kosovo non sono in minoranza. Questa mobilitazione è così forte. I francesi usavano in passato un termine "nationalitè", che vuol dire etnicità, in transizione verso uno Stato-Nazione; se dovessi fare un parallelo, direi che si cerca di fare un' analisi comparativa con l' Austria, quindi questa è una considerazione. Questo, naturalmente , a causa dello Stato serbo, che non è uno Stato democratico, che ha usato la violazione dei diritti umani e del governo di Milosevic , che ha iniziato a progettare la costruzione di una specie di apart-heid. Gli albanesi si sono trovati in alto mare nel cercare di risolvere questa contraddizione, questa questione delle due lealtà divise.
Adesso qualche parola sulla mia etnicità, della Nazione serba. La mia opinione è che la crisi jugoslava, la crisi della ex-Jugoslavia è iniziata quando la questione serba si è aperta, in effetti, la Nazione serba e lo Stato serbo stanno attraversando una profonda crisi d' identità, parlo di Nazione come “etnicità”.
I serbi vivevano in Serbia, Croazia, Bosnia, Macedonia, per loro la ex-Jugoslavia era una specie di quadro naturale che permetteva loro di vivere insieme. Nella ex-Jugoslavia erano come una specie di nazione leader. Con la crisi e la scomposizione della ex- Jugoslavia i serbi si trovavano di fronte alla prospettiva di diventare minoranza, in Croazia, in Bosnia e anche in Macedonia. Nei Balcani essere in minoranza è una posizione molto difficile; essere minoranza significa essere cittadino di secondo grado, di seconda classe. Hanno rifiutato di essere una minoranza, questo è uno dei motivi per cui sono sorti certi tipi di movimenti nazionalistici serbi, fra la fine degli anni '80 e l’ inizio degli anni '90.
Il secondo e forse più importante motivo, è stata la politica. A livello di programmi politici, i serbi si trovavano di fronte a due possibilità: una, la etno-mobilitazione, l’ idea quindi di costruire un forte Stato nazionale che potesse raggruppare, mantenere assieme, tutti i serbi o la parte prevalente dei serbi. Programma che è stato sostenuto da molti e noti personaggi: è famoso l 'esempio dell' Accademia serba delle Scienze, ma è stato sostenuto anche da Slobodan Milosevic e dal suo regime.
E’ bene che io chiarisca la mia opinione su Milosevic: non credo che sia un nazionalista, è semplicemente assetato di potere. Ha manipolato con la mobilitazione etnica la popolazione e usa i serbi, continua ad usare i serbi per interesse personale, per mantenere ed accrescere il proprio potere-.
La seconda posizione rispetto ai programmi politici, dei quali parlavo prima, è quella che progetta la cosìddetta “nuova Serbia” o “Serbia democratica”. Questo programma si basa sull' idea della cittadinanza, è stato sostenuto per tutto il tempo da molti gruppi e partiti politici, ma non ha avuto un’ influenza prevalente nella vita politica serba, ci sono molti motivi che giustificano questa mancata influenza, ma uno è forse il motivo più importante: sullo scenario politico di tutta l' ex-Jugoslavia gli attori principali sono sciovinisti, è uguale sia per i serbi che per gli albanesi; le forze principali vengono dal movimento chiamato etno-mobilitazione, che mira a costruire Stati nazionali su base etnica.
Vorrei aggiungere anche qualcosa sul conflitto serbo-albanese. Credo che sia un conflitto sociale, che riguarda la questione dello status della popolazione albanese e quindi dello status del Kosovo, da una parte, e il controllo del territorio del Kosovo, dall' altra. In effetti, abbiamo sul terreno la lotta sul tema cruciale dell' Europa di oggi, è il conflitto tra la dinamica dell' etnicità e lo status quo territoriale.
Come sappiamo assai bene, l' Europa non ha risolto il problema degli strumenti necessari per mantenere la stabilità e la sicurezza, nel caso in cui ci siano dei confini che cambiano. Ieri parlavo dell' unificazione della Germania; è vero che l' Europa ed anche i popoli jugoslavi non hanno imparato la lezione più importante che ci è venuta dall' unificazione tedesca: è vero che l' unificazione della Germania è sorta sulla forza del potere dell’ etnicità, ma l' unificazione tedesca è stata fatta col consenso di tutte le parti, compresa l' Unione Sovietica, l’ America, gli europei e altri.
L' esempio della Germania è stato uno degli stimoli più importanti nel far nascere e sviluppare il movimento nazionalista serbo.
Concluderò questa introduzione dicendo che: è la prima volta nella storia che i serbi hanno accettato un programma tedesco per risolvere i propri problemi.
Voglio solo ricordarvi che la crisi bosniaca è iniziata quando i serbi hanno richiesto la cantonalizzazione etnica, quando hanno chiesto un’ Europa delle regioni, pensando ad un' unificazione con la Serbia con dei collegamenti speciali. Questa lezione è molto importante se guardiamo la popolazione albanese. Io ieri ho detto: “Gli albanesi vivono in quattro paesi diversi Kosovo che è in Serbia, Montenegro Albania e Macedonia”.
Parlare delle possibilità di una soluzione pacifica, mi fa sentire un po’ strano. In primo luogo, perchè devo parlare di soluzioni pacifiche durante questo cessate il fuoco, dopo l' inizio della guerra civile, cioè del conflitto armato; in secondo luogo, perchè devo parlare di soluzioni in giorni in cui un possibile quadro per la soluzione del problema è già sorpassato, finito. Ma cercherò comunque di parlarne.
Vi vorrei dire qualcosa sulle posizioni di partenza. La parte prevalente degli albanesi desidera e sostiene l' idea di un Kosovo indipendente, questo è un fatto. Molti di essi sosterrebbero l' idea della Repubblica del Kosovo come un' unità federale della Jugoslavia, come soluzione ad interim, provvisoria. I serbi, fino a febbraio di quest'anno, hanno rifiutato anche di parlare dell' esistenza di un problema del Kosovo, hanno rifiutato di riconoscere l' esistenza del problema; adesso, la parte prevalente dei serbi è disposta ad accettare un alto grado di autonomia. Alcuni di essi, in particolare, le persone pro-scioviniste, sono disposte anche ad iniziare un dialogo su come condividere il territorio, o su come escludere il Kosovo dalla Serbia. Questo nuovo movimento di radicali e di sciovinisti sono disposti a discutere su qualcosa che somigli ad una soluzione pacifica e stabile. E’ qui che vi dico: “Fate attenzione ! Cautela. Questi stanno minando alla Repubblica Serbska, sosterranno l' indipendenza del Kosovo, ma chiederanno in cambio la Repubblica Serbska !”. Questo è il prezzo che gli americani e tutte le persone di orientamento democratico in Serbia, tra gli albanesi ed in Europa si troveranno a dover affrontare nei prossimi mesi.
Io vorrei sostenere, invece, una soluzione ad interim e dare delle argomentazioni a sostegno di questa tesi, che, secondo me, può essere accettata da tutte e due le parti. In passato chiamavo questa soluzione: “status speciale"; speciale nel seguente senso: prima di tutto, perché non è possibile fare una copia esatta di qualsiasi altra esperienza simile. Potremmo imparare guardando l' Alto Adige, guardando l' autonomia della Palestina, guardando in particolare i negoziati inglesi-irlandesi, il problema del Cipro, possiamo imparare, ma dobbiamo invece creare qualcosa che in realtà possa funzionare sul terreno del Kosovo. In secondo luogo, questo status sarà speciale , perché coinvolgerà la comunità internazionale. I serbi e gli albanesi, lo Stato serbo e lo Stato parallelo albanese del Kosovo, hanno bisogno di un mediatore, in particolare, dopo il conflitto armato. Ora il mediatore deve essere anche una specie di arbitro. E' stato pubblicato un bell' articolo, su Les Temp Moderne, all' inizio della crisi jugoslava, e un tipo diceva: “Sì, bene prendiamoci il diritto all’ intervento, ma dobbiamo sapere che è anche un obbligo essere coinvolti per tutto il tempo ed offrire le soluzioni, perché l' intervento è attivo, sono azioni attive, che paralizzano le forze interne". Lo status speciale è speciale, perché sarà anche uno status provvisorio, cinque anni, dieci; è difficile dire quanto l' obiettivo principale di questa soluzione è di comprare tempo, di fornire il tempo necessario, perché il tempo è poco e necessario. Adesso non è il momento giusto, questo servirà ad addolcire l' atmosfera per ridurre le tensioni ed educare i leader, per intraprendere il dialogo, il negoziato, ed anche per esercitare pressioni su di loro, affinché accettino qualcosa di ragionevole. Adesso potremmo dire che questo processo è breve, pensando al bombardamento americano non violento. Adesso gli americani hanno un altro problema: come si bombarda la democrazia? Era così facile dire: "Andiamo a bombardare la Serbia e le forze serbe", ma ,dopo l' accordo fra (Holbruck) e Milosevic devono decidere di bombardare una democrazia, di sostenere la dittatura di Milosevic come lo strumento più efficace per applicare l'accordo (Holbruck). Milosevic, oppure cambiare qualcosa e sostenere la democratizzazione della Serbia.
Un altro significato che attribuisco all' idea di speciale è che sostengo l'idea di due processi paralleli. Uno è la soluzione del problema dello status degli albanesi, lo status del Kosovo; l' altro è la democratizzazione della Serbia, nel senso di riuscire ad avere delle istituzioni democraticamente elette, che siano in grado di applicare l' accordo che verrà raggiunto.
Parlando dell’ambito di questa autonomia, è vero, questa autonomia deve essere simile a quella di una Repubblica, ma il nome è il problema, non è il contenuto dell' autonomia. Qualche esempio: gli albanesi avranno una costituzione, o un diritto costituzionale per il Kosovo, avranno la loro legislatura, il parlamento, il governo, forze di polizia locali, controllo sui servizi segreti con certe procedure, eccetera. In breve, questa idea significa: decentralizzazione del Kosovo, federalizzazione della Serbia e confederalizzazione della Jugoslavia, ma è un processo. Dobbiamo sapere che, oggi, il Montenegro non potrebbe accettare uno status uguale al Kosovo, perché il Kosovo è un' unità più piccola, guardando alla popolazione, all’ economia, alle forze, all' apparato, alle élite, eccetera. A giudicare dalla costituzione, il Montenegro è metà della Federazione, ma, in realtà, non è così, il Montenegro è fuori dalla Federazione. Questo è un paradosso e può essere un punto di partenza per un cambiamento della situazione odierna. Cercherò di essere più preciso: e gli americani vogliono sostenere la democratizzazione, chiederanno, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, una ricostruzione del governo federale sulla base della Costituzione Federale. Noi abbiamo molti problemi con Milosevi, ma il problema più grave è la comunità internazionale. Nel ‘94, durante la crisi bosniaca, i parlamentari americani hanno discusso la questione dell' indirizzo al quale inviare la posta in Serbia e hanno detto: "Beh, è Milosevic, è lui che detiene il potere reale, noi sappiamo che il presidente della Serbia non è il presidente della Jugoslavia; ma il presidente della Jugoslavia quel (Tocarachoch) era debole, noi accetteremo Milosevic come il detentore del potere, come il garante per la Bosnia, non solo per la Serbia e la Jugoslavia, ma per la repubblica Serbka". Quando è iniziata la crisi bosniaca hanno detto: "Sì, è vero che nella costituzione il presidente della Jugoslavia non è responsabile dei rapporti internazionali". Hanno aiutato Milosevic a distruggere il governo federale; per costituzione è il governo federale responsabile dei rapporti internazionali. Quando ne abbiamo discusso, gli americani dicevano: "Il nostro problema adesso non è la parte serba; sappiamo chi firmerà e sarà Milosevic”. Guardiamo al versante albanese, lì non sappiamo chi firmerà. Dobbiamo procedere passo dopo passo, ma, non importa, io sono certo che solo uno status speciale, un alto grado di autonomia, preferisco chiamarlo la regione Kosovo, che è simile alla Repubblica Kosovo, potrebbe essere interpretata, per lo meno all' inizio, come una soluzione ad interim.
Vorrei adesso dedicare due minuti per suggerire qualche idea sul quadro del contesto grazie al quale si potrebbe tenere sotto controllo il processo, perché la soluzione del problema dello status del Kosovo è un processo. Questa idea di un certo tipo di contesto sub-regionale. Se vogliono attirare le persone ad accettare una soluzione, dobbiamo dar loro l' idea del futuro. Un esempio: non potrei parlare con gli albanesi e dire loro di cercate di essere leali, cercate di andare a votare per il governo serbo. Io non so quando la Serbia potrà diventare democratica, però voi potreste avere un ruolo in questo, voi conoscete la storia, io ve lo devo dire, perché mi trovo di fronte ad un movimento nazionalista molto forte anche tra gli albanesi e quindi devo dire che è vero, la soluzione finale nella politica di Rugova è sbagliata, lui ha programmato la soluzione finale così presto dello stato indipendente del Kosovo. Va bene, però, la questione è aperta; dobbiamo prendere adesso delle decisioni su questo per i prossimi dieci anni, cinque anni. Dobbiamo affrontarle. Noi sappiamo anche molto bene che voi volete cooperare con altri albanesi Da una parte; potremmo fornire, prevedere un altro intervento per collaborare in futuro; in secondo luogo, gli albanesi, in quel caso, devono accettare una qualche forma di autodeterminazione interna, anzi preferirei dire il diritto alla autoamministrazione ed all' autogoverno. Devono anche essere responsabili di un controllo per la sicurezza sub- regionale, devono accettare la responsabilità di questa sicurezza. Un esempio, il terrorismo: non sono disposto a fare il parallelo tra l' esercito del Kosovo, l’ UCK, e il terrorismo, non è la stessa cosa, però nell' aprile del ‘96, sono iniziate le azioni terroristiche, nel ‘97 i gruppi terroristici collegati all' Arabia Saudita, alcuni con l'ex Sicurimi, altri collegati con l' Occidente, hanno cominciato a commerciare in armi e ad armare le persone; per essere chiari credo che la responsabilità principale dell' insorgenza del conflitto armato sia dei serbi; è stata una cattiva leadership , una cattiva volontà nel portare avanti le azioni contro i terroristi. Sono iniziate le uccisioni di massa e questo ha fatto nascere la solidarietà tra gli albanesi; secondo me l'uccisione della famiglia (Ahmeti) è stato il punto di svolta di questo processo, ma dobbiamo lo stesso affrontare il problema del terrorismo. Adesso la Macedonia ha dei problemi: ci sono molti gruppi che lavorano su questa base; conosciamo l'intera storia dell’ Albania , dei gruppi armati lì, per questo noi pensiamo che, all' inizio, per lo meno in un modo informale, e poi, più tardi, in un modo formale, nel contesto più generale ci dovrà essere una collaborazione tra i governi dell' Albania, Macedonia, Kosovo , Serbia e Montenegro per aiutare la comunità internazionale, le forze interne a controllare la situazione per impedire che le azioni militari aumentino e che aumentino quindi i problemi dei profughi, le conseguenze del conflitto armato e tutti gli altri effetti negativi. Bisogna anche aiutare a risolvere meglio il problema dell' istruzione, della cultura, delle comunicazioni, dei mezzi di informazione elettronici, eccetera. A tal fine, il Forum dove lavoro si sta occupando di questo. L' obiettivo è semplice: abbiamo imparato qualcosa dalla storia europea, potremmo usare il conflitto per costruire un nuovo futuro, potremmo usare il conflitto nel Kosovo, non per manipolare la gente, per portare avanti il processo etno-nazionalistico; potremmo usare il conflitto del Kosovo, per iniziare l 'integrazione di questa sub regione, per aprire la prospettiva di qualcosa che assomigli al Benelux. Il secondo passo sarebbe di usare la Bosnia e il conflitto serbo-croato, come l'inizio di un processo di riconciliazione, come è stato tra la Francia e la Germania. Non dimenticate che la collaborazione franco-tedesca ha segnato l' inizio dell' Unione Europea. Perché la Serbia e la Croazia e la collaborazione tra di loro, non può segnare l'inizio dell' integrazione dell' Europa sud orientale? Credo che questa sia la nostra ultima occasione per aprire questa prospettiva per il futuro, senza questo, non credo che riusciremmo.
Vorrei concludere con questa considerazione: senza aprire l'idea del futuro, questa questione porterà solo ad un aumento sempre maggiori di osservatori e verificatori; sono, in effetti, dei militari, è un gruppo di persone molto interessante: vengono dalle diverse forze armate, sono solo capaci di organizzare lo spionaggio, nuove unità e nuovi conflitti, non sono in grado di controllare i processi politici e per ultimo non potrebbero controllare i processi politici, perché non è stato trovato un accordo politico, ancora non è stato raggiunto. Se non porteremo a termine dei negoziati sul contesto politico, avremo un cessate il fuoco nei prossimi mesi, da tutte le parti, ma tutte le parti troveranno, cercheranno la prima scusa possibile per ricominciare il conflitto e a marzo, aprile ci troveremo davanti ad un conflitto armato molto più vasto e non solo in Kosovo.
Per questo, parlare oggi, di soluzioni pacifiche, in effetti significa parlare di soluzioni politiche e per essere ancora più preciso, trovare qualche tipo di concertazione di sforzi per aiutare tutte le parti ad accettare lo status speciale per il Kosovo ed aiutare le parti ad applicare questo status speciale. Grazie".


Prof. F. Sejdieu (Traduzione in consecutiva dall’ albanese del Prof. H. Myrto) :
"Vorrei puntualizzare alcuni punti che servono ad introdurre il mio discorso. Credo che l' incontro di ieri e di oggi abbia un’ intenzione fondamentale di cercare assieme, trovare soluzioni ai problemi dei conflitti, che sono i mali del nostro tempo; credo che questa sia l’ intenzione principaledel nostro dibattito.
E' chiaro che oggi il Kosovo e la sua popolazione appartengono ad un’ area in crisi; crisi che dura da un decennio e che va sempre più crescendo. Si sà, anche, che la crisi nella ex-Jugoslavia è iniziata proprio nel Kosovo con l'annullamento del suo status politico e giuridico; uno status che è stato una base fondamentale per la nostra società e che poteva essere un punto di partenza per la discussione di questo dibattito. Partendo da questo, possiamo dire che il Kosovo faceva parte di una Federazione già smembrata. Naturalmente, veniva messa in crisi anche l' unità del Kosovo, trovandosi all’ interno di un processo di smembramento della Federazione. Il paese ha cercato di reagire, a modo suo, al meglio.
Nel momento in cui in Slovenia, Croazia e Bosnia iniziava la guerra, il Kosovo ha intrapreso, agito e fatto delle scelte originali : anche se la guerra poteva essere una delle soluzioni per risolvere il problema, la scelta che invece è stata fatta è stata una scelta politica, pacifica e non violenta, rispettando quella che era stata la libera volontà del popolo kosovaro, che si era espresso in tal senso con un referendum.La scelta del Kosovo è comprensibile, perchè è stata un’ estensione di ciò che aveva già espresso il mondo albanese: se si guarda agli albanesi delle regioni della Macedonia, del Montenegro e di altre, al movimento albanese preso nel suo insieme, allo spazio albanese. Il Kosovo si è prevalentemente rivolto verso la soluzione pacifica, anche dichiarando le opzioni per le quali era più disponibile. Penso che allora, come oggi, esista un consenso generale.
Il Kosovo, come un' unità della ex Federazione che ha un territorio ben definito dalla costituzione della Federazione, si deve ricostruire come Stato democratico indipendente, uno Stato che sarà da una parte aperto ai rapporti con gli altri Stati, ma che contemporaneamente dovrà difendere i diritti dei suoi cittadini. I diritti storici di nazionalità, ma anche i diritti di altre etnie. Gli albanesi, come gli altri popoli vogliono raggiungere gli stessi obiettivi. E’ la storia che ci può suggerire una soluzione per riparare agli errori passati, per esempio la riunificazione degli albanesi allo Stato attuale albanese.
Nello stesso tempo, prendiamo in considerazione l’ intera situazione che si sta sviluppando su tutto il territorio: così, la scelta dell’ indipendenza del Kosovo è un approccio reale, consistente e proprio su questa base sono state avviate le differenti forme di azione dal ‘91 ad oggi, come, ad esempio, il referendum, dove i cittadini del Kosovo, a maggioranza assoluta, hanno votato per l’ indipendenza. Un altro processo che è stato avviato è quello di ricostruire una società civile e pacifica in contrasto alla violenza esercitata dagli altri, contro quella violenza che viene esercitata contro loro stessi. Anche questa soluzione è stata approvata ed ha fatto progressi anche se in misura ridotta. Sono stati fatti tanti sforzi per presentare gli albanesi come una vera forza impegnata a risolvere i suoi errori e a trovare soluzioni ai problemi interni della regione. Sono state poste due tesi parallele, due approcci differenti attraverso i quali il conflitto può essere analizzato: se, da un lato, il Kosovo è una vera e propria bomba ad orologeria che può esplodere e creare gran confusione nell’ intera regione, dall’ altro rappresenta un territorio che può anche essere chiuso ermeticamente, percui ciò che accade al suo interno non influenza assolutamente il territorio circostante. Indipendentemente da ciò che è successo in questa fase, è impossibile permettere, oggi, che il conflitto rimanga all’ interno del Kosovo che non venga esteso al fuori di esso, perchè sono processi collegati fra loro. Ciò che possiamo dire è che non desideriamo il conflitto, non vogliamo che il conflitto si estenda ed assuma dimensioni che poi sarebbero tragiche, ma desideriamo un’ azione collettiva che sarebbe una soluzione utile. Un’ intervento preventivo di coloro che fanno la politica globale, fino al livello del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, nello stesso tempo, un impegno complessivo delle diverse associazioni, anche non governative, in modo che si possa risanare la situazione del Kosovo, che possa rinascere l' amicizia tra la gente e lenire quella grande piaga causata dall’ incursione di Milosevic e delle sue forze armate che ha miranto proprio all' eliminazione della popolazione albanese e dei suoi valori storici e culturali. Vorrei fare solo un piccolo paragone, per me simbolico: parallelamente alla distruzione del ponte di Monstar, che è stato il simbolo dei collegamenti e dei rapporti d’ amicizia tra i due popoli, si è aperta in Kosovo una fase di decadimento dei valori storico culturali.
Rispetto alla richiesta di dare al Kosovo la possibilità di ottenere uno status, o di raggiungere, con metodi pacifici, uno status, va menzionata una variante: la democratizzazione della Serbia, cioè togliere il potere a Milosevic, e considerare, in questo processo, gli albanesi e il Kosovo come fattori che possono dare il loro contributo. La nostra risposta finora, che credo che daremo anche in futuro, è negativa, e si basa proprio sulle dichiarazioni che il popolo del Kosovo ha già fatto, ovviamente noi vogliamo e desideriamo una Serbia democratica e ci auguriamo che questo processo si realizzi al più presto, ma ci auguriamo, allo stesso tempo, che anche l' opposizione e la posizione serba cambino nei confronti del Kosovo. Ieri è stato detto che l' atteggiamento dell' opposizione serba al Kosovo non è cambiato.
Una delle altre questioni da discutere assieme potrebbe essere: se c'è una possibilità di uscire da questa situazione. In tal senso l’ aiuto può venire dal movimento pacifista e da altre iniziative a livello internazionale. In base all’ esperienza avuta in Kosovo, fino ad ora, pensiamo che i processi siano stati molto lenti e a volte abbiamo l’ impressione che ci siano state forti lacune nell’ impedire che si sviluppasse una situazione tale da ridurre il Kosovo allo stato attuale. La popolazione ha reagito alla situazione in due modi: con il movimento politico e pacifista, generalmente appoggiato dalla popolazione del Kosovo, e con il conflitto nel quale è stata costretta ad entrare dai serbi. Ma c'è la possibilità che il conflitto si concluderà sulla base di ciò di cui abbiamo parlato fino ad ora? E’ possibile portare avanti queste proposte ? Naturalmente queste sono domande che trovano una risposta se combinate ad azioni concrete, con azioni condizionate dai fattori menzionati prima. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 116101199 e 1203, danno speranza che la questione kosovara venga trattata, in quanto sta assumendo una dimensione propria. Come prima cosa s' intende interrompere la violenza, impedire il terrore, che è andato sempre più crescendo negli ultimi mesi; posso citare qualche esempio, ciò che ho visto con i miei occhi: le vittime del villaggio di Precas, la famiglia Iashari e la famiglia Ahmeti, il caso di qualche giovane nelle montagne di Giacova, ho visto tutto ciò con i miei occhi. Scene terribili che non voglio ricordare: hanno tolto anche gli occhi alle persone, hanno massacrato i loro corpi, spaccato i loro crani..., queste sono cose che sono accadute a persone viventi, ancora in vita !
Questi metodi sono medioevali e primitivi, ma certamente la richiesta di incoraggiare il dialogo come metodo per risolvere il conflitto è sostenuta dagli albanesi; credo che questo sia il senso del nostro atteggiamento comune, anche se c'è tanto da aggiungere a ciò che è stato detto e fatto finora. Si tratta cioè di costringere concretamente la Serbia ad accettare il dialogo, potete ricordare l 'intervento della Conferenza di Ginevra sul problema della pubblica istruzione: si sono avuti circa tredici incontri che sono tutti falliti, come l’ accordo per la pubblica istruzione nel Kosovo, a questo bisogna aggiungere tutte le altre ostruzioni fatte dalla Serbia in questo ambito. La comunità di Sant' Egidio conosce bene la situazione: sono stati dati solo due locali scolastici, cioè la Facoltà tecnica e l’ Istituto di albanologia e qualche locale delle scuole medie superiori. Il problema dunque è rimasto.
Credo che la prospettiva delle azioni future, successive, rimanga nello sforzo comune delle istituzioni internazionali, nella risoluzione (11169) dell' ONU e nell’ applicazione del capitolo 7 dei diritti sul trattamento del Kosovo come un focolare di un’ arear a rischio.
Gli albanesi non desiderano mettere le bombe contro la democrazia, vogliamo semplicemente l' intervento contro quelli che le usano e che le fabbricano; gli albanesi desiderano la demilitarizzazione generale, compreso il Kosovo. Con questo tipo di azioni si può promuovere il dialogo, che naturalmente poteva essere già stato realizzato mediante un protettorato internazionale che crediamo poteva essere utile in una fase di transizione.
Ci sarebbero anche altre opzioni da analizzare. Ci sono proposte sulle diverse autonomie, fino a quelle che sostengono un alto livello di autonomia, che riconoscono diversi status specifici, si può pensare ad una gerarchia di sistemi autonomi tra loro collegati, ad esempio, il Kosovo, poi la Serbia e la Federazione iugoslava. Ma tutto ciò, in una forma o nell’ altra, si è già avuto in passato. la struttura della Federazione era diversa. Penso invece che per il Kosovo, nel quadro attuale, non esista la possibilità di adottare questa soluzione, perché il contesto attuale della Federazione è completamente diverso da quello del passato, strutturato intenzionalmente contro gli albanesi, forse. Mi riferisco principalmente al regime di Milosevic, ciò che è stato detto finora pubblicamente.
Per concludere, penso che il processo del negoziato, già avviato, abbia delle grandi. difficoltà. Noi speriamo nelle dichiarazioni fatte dall 'estero in merito, ma, nello stesso tempo, devo dire che le posizioni assunte sono molto distanti fra di loro, penso che sia necessario appoggiare una soluzione a lungo termine, che naturalmente garantirebbe una stabilità in tutta la regione. Noi guardiamo ad un Kosovo indipendente, con la sua storia; un Kosovo che possa garantire veramente il diritto alla libertà dell' uomo, un Kosovo che possa trattare e difendere i diritti storici ed etnici, un Kosovo che non chiuda le sue frontiere né all' Albania ,né alla Serbia. Naturalmente questo poteva già essere un risultato del movimento pacifista, così come è stato per altri paesi; è facile fare paragoni, ma bisogna aver presente che in uno Stato, in un’ etnia come quella del Kosovo, vi è l’ intervento di un’ altra forza, che è la polizia militare serba, che agisce in modo anticostituzionale.
Ci sarebbero tante altre cose da discutere, ma per il momento concludo qui. Vi ringrazio per l' attenzione".

Prof. P. Fumarola :
"Vorrei fare una domanda. Dusan Janjic ha concluso il suo discorso in modo molto preciso: la presenza di duemila soldati, sebbene disarmati, non è una buona cosa, devasta l' ambiente e la possibilità di una soluzione politica e pacifica. Questa stessa idea, quella di Caracciolo e della rivista Limes dicono sostanzialmente che non si può chiedere un protettorato, perché fino a qualche anno fa era un' idea colonialista ed oggi, invece, è addirittura richiesta? Sul protettorato internazionale, più in generale, e su questa presenza dell’ OSCE, a breve termine, vorrei un chiarimento dai due relatori. Dusan Janjic è stato chiaro, ma non mi è chiara la posizione degli albanesi".

Interviene il Presidente dell' organismo per i diritti umani del Kosovo e docente di psicologia all' Università di Pristina.

Prof. Pajazit Nushi (traduzione in consecutiva del Prof. H. Myrto):
"Vi ringrazio per avermi dato la parola ed affronto subito l’ argomento. Credo che la soluzione politica del conflitto del Kosovo, anche al livello in cui si trova adesso, sia possibile. Quando parlo di livello del conflitto ho in mente anche la dimensione militare di esso, che, nei primi giorni di novembre, è stata di un livello basso. Non è stato sempre così, diversi sono stati i tempi del coflitto e diverse sono state le zone del conflitto in Kosovo. Il conflitto è stato differente nello spazio e nel tempo. Ho, nello stesso tempo, presente le sue tragiche conseguenze, che rendono sempre più difficili le soluzioni, anzi si parla di una ulteriore diffusione del conflitto. Comunque da ciò che abbiamo visto finora, le conseguenze non possono impedire la soluzione politica e, dal punto di vista temporale, la soluzione politica può durare. Questo mia affermazione è basata su alcuni fatti, fra questi, dò più importanza al fatto che il conflitto nel Kosovo non ha un carattere inter-etnico. Nell' istituzione dove lavoro non abbiamo notato casi di conflitto familiari o personali, tra famiglie o individui albanesi, serbi e montenegrini, anche se le alcune famiglie serbe (e madasese) ed alcune istituzioni religiose sono armate e stanno dalla parte delle istituzioni statali serbe, sin dall'inizio dell’ ultimo decennio. Le armi fornite dallo Stato attuale serbo non sono state mai usate dalla gente senza un ordine superiore, ci sono stati dei casi in cui alcuni non hanno voluto prendere quelle armi, non hanno accettato di prenderle. Abbiamo avuto conferma che, nei massacri di alcune famiglie albanesi, commessi nel settembre scorso, i serbi indigeni non hanno partecipato, sono stati, invece, la polizia e la milizia serba, venuta appositamente dalla Serbia.
Proprio per questo noi affermiamo che la violenza esercitata controgli albanesi, durante questi anni, ha un carattere statale e che si è perpetrata attraverso la violazione dei diritti individuali e dei diritti collettivi e nazionali degli albanesi che vengono calpestati nella loro essenza: i diritti dei cittadini albanesi sono violati nel campo dell' istruzione pubblica, della cultura, della scienza, dell' economia, ecc. .
Oltre alle caratteristiche tipiche della violenza, come la violazione dei i diritti individuali e collettivi, la violazione delle libertà individuali, ecc. , la violenza ha assunto altri caratteri: primo fra tutti il carattere massivo e sistematico. Voglio dire che a tutti gli studenti albanesi è stato impedito di continuare l' attività di apprendimento, di istruzione e di ricerca scientifica nei locali scolastici, nelle biblioteche ed nelle differenti istituzioni scientifiche .
La violenza economica ha impoverito la maggior parte delle famiglie albanesi, anche questa è una violenza statale e massiva, che viene esercitata sin dal 1989, le cui conseguenze sono gravi per la popolazione albanese; per non parlare della violenza vera e propria che solo nell’ arco di tempo che va dal gennaio all' 8 ottobre 1998 ha fatto 1770 vittime fra i civili (307 donne, 193 bambini, 344 di età superiore ai 55 anni, donne che avevano partorito, ammalati, circa 780 persone tra albanesi e serbi presi in ostaggio o scomparsi) e dei 1800 albanesi messi sotto processo. Una delle conseguenze più gravi di questa situazione è l' emigrazione delle famiglie albanesi, il loro allontanamento dai villaggi .
L' effetto di queste migrazioni sistematiche, le loro dimensioni, la distruzione di 442 villaggi, i roghi di abitazioni, la distruzione parziale di 40.000 case, dà l' immagine della pulizia etnica ed è per questo che il Kosovo ha cambiato la sua struttura demografico-economica. Sono questi processi che rendono difficile l' accordo politico che sarebbe possibile solo con l'interruzione della violenza, con il ritiro dei contingenti militari e polizieschi e con l'aiuto e la presenza internazionale. Grazie”.

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