IL KOSSOVO TRA GUERRA
E SOLUZIONI POLITICHE DEL CONFLITTO
Una conferenza internazionale all’Università di Lecce

SOMMARIO

Premessa

La prevenzione dei conflitti ed il ruolo delle ONG

1) Il ritardo:

2) Lo sfruttamento degli accordi ai fini del privilegiamento degli interessi economici:


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Premessa

In questo momento in cui sembra che la situazione del Kossovo stia migliorando, con la firma dell’accordo per la smilitarizzazione di questa area calda dei Balcani, e per l’invio nella zona di un contingente di 2000 osservatori internazionali per monitorare gli accordi di pace tra le due parti, la Conferenza di Lecce, organizzata dalla locale Università grazie anche ad un finanziamento del Ministero Italiano per la Ricerca Universitaria, con la collaborazione della Campagna per una Soluzione Nonviolenta nel Kossovo, è stato un momento importante di confronto tra le due parti in causa. Hanno partecipato all’incontro, che è servito come occasione di analisi delle ragioni dei due contendenti e di possibili soluzioni accettabili dalle due parti in conflitto, e che si è caratterizzato per una grande chiarezza e franchezza sulle diverse posizioni, ma anche per l’estremo rispetto reciproco, studiosi dell’Università di Belgrado e di Pristina, e di molte altre Università del mondo. Ma non c’erano solo studiosi ma anche persone impegnate nel dialogo e nella organizzazione della società civile, in particolare di ONG impegnate nel settore della nonviolenza, sia in Serbia, nel Montenegro, e nel Kossovo, ed in altri paesi del mondo (in particolare, della Macedonia, dell’Italia, della Francia, dell’Inghilterra, degli Stati Uniti). All’incontro hanno partecipato anche persone che coprivano cariche istituzionali, come il Presidente della Regione Puglia (Prof. S Di Staso), il sindaco di Lecce (On. A. Poli Bortone), il Rettore dell’Università di Lecce, ed il Preside della Facoltà di Architettura dell’Università Albanese del Kossovo in rappresentanza del Rettore della stessa Università. Il dibattito si è sviluppato secondo alcuni temi : la prevenzione dei conflitti ed il ruolo delle Organizzazioni Non Governative; la lotta nonviolenta e le prospettive di un suo potenziamento; le possibili soluzioni pacifiche e politiche del conflitto; il problema della fuga dalla guerra di tanti kossovari e della loro accoglienza in Italia, in particolare nella Regione Puglia che è stata definita "la frontiera italiana del Kossovo"; ed infine sulla iniziativa "I care" a Pristina (la capitale del Kossovo) per ricordare in quella città il 50° anniversario della firma del trattato per la difesa dei diritti umani dell’ONU. I vari argomenti sono stati introdotti, salvo le tavole rotonde, da due brevi relazioni introduttive (in genere di un serbo e di un albanese per sottolineare le reciproche posizioni) lasciando molto spazio al dibattito cui sono intervenute moltissime persone. Ma vediamo brevemente, augurandoci che gli atti dell’incontro possano essere trascritti prima possibile e messi a disposizione del pubblico interessato, lo sviluppo del dibattito sui vari temi sopra accennati.

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La prevenzione dei conflitti ed il ruolo delle ONG

Il dibattito su questo tema era stato iniziato da uno studioso svedese del Trasnational Fund for Peace and Future Research (TFF) Jan Oberg, che per primo, nel 1992, aveva scritto un importante documento per stimolare la Comunità Internazionale a prendere atto del rischio di esplosione del conflitto ed intervenire rapidamente per prevenirla. Oberg, che si era impegnato a venire al Convegno di Lecce ad introdurre questo tema, non è poi venuto per altri impegni sopraggiunti, ha però fatto avere un suo documento, scritto dopo aver fatto una visita nella zona ed aver parlato a fondo con i leaders serbi e albanesi . E’ significativo il titolo di questo documento: "La guerra nel Kossovo: non è stato il fallimento della prevenzione, tutti avevano interesse a farla". In questa relazione scrive Oberg: "Cose come quelle del Kossovo accadono perché è negli interessi di attori potenti che succedano... non posso evitare di pensare che nel caso del Kossovo molti attori centrali avessero interesse a fare questa guerra". Milosevic perché aveva bisogno della crisi per mantenersi al potere, visti anche i risultati delle elezioni in Serbia che avevano aumentato i voti della destra ultranazionalista, da lui fatta entrare in seguito al governo, e perché sapeva che la Comunità internazionale non avrebbe appoggiato la secessione degli albanesi del Kossovo attraverso la violenza. L’opposizione albanese alla linea nonviolenta portata avanti dal Presidente del Kossovo Rugova perché questa politica non aveva portato i frutti sperati, l’indipendenza del Kossovo, e perché si sono convinti che il linguaggio delle armi è l’unico che il regime di Belgrado capisce. E la comunità internazionale perché ha bisogno di Milosevic per portare avanti il trattato di Dayton sulla pace in Bosnia e per tenere sotto controllo nei vari paesi del mondo le forze che premono verso posizioni separatiste. Ed anche per gli impegni contradditori presi dai governi europei, dal gruppo di contatto e dagli USA, che da una parte sostenevano l’idea della sovranità ed integrità della neo Jugoslavia ricordando che i confini degli stati non possono essere cambiati con la forza, dall’altra però avevano ricevuto Rugova ai più alti livelli di potere, considerandolo come capo di uno stato riconosciuto, dando così agli albanesi l’illusione di un appoggio alla loro richiesta di indipendenza. Ed infine perchè questa ha aspettato ad intervenire nel conflitto quando ormai la violenza era esplosa, utilizzando il conflitto armato tra le due parti come occasione per presentare la NATO come il più importante "mantenitore di pace", tenendo invece nell’ombra le Nazioni Unite.
Ricordando le principali tesi del documento di Oberg il sottoscritto, che era stato incaricato di introdurre il dibattito sul primo argomento ha sottolineato come siano state le organizzazioni non governative a portare avanti il lavoro più serio nel campo della prevenzione del conflitto. E come questa attività avesse portato a dei notevoli successi, come, ad esempio, la firma dell’accordo per la normalizzazione del sistema scolastico tra Milosevic e Rugova, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio di Roma, od all’organizzazione, da parte di qualcuna di queste, di incontri di scambio di opinione e di mediazione tra i due paesi che avevano messo in moto un confronto ed un dialogo aperto tra le due parti (New York, Vienna, Ulqin, ecc.). Che la diplomazia non ufficiale, in alcuni casi si può parlare anche di diplomazia di secondo livello o dal basso, vada avanti a quella ufficiale, ed apra la strada ad accordi ufficiali successivi, non è affatto un male. E’ questo il ruolo tradizionale del volontariato che invece di sostituire lo stato deve cercare di arare dei campi nuovi, che successivamente lo stato stesso dovrà riempire. Ma nel caso del Kossovo questo non è avvenuto. Come mai? Portando due esempi concreti ho parlato di due cause : 1) il ritardo dell’intervento statuale rispetto ai bisogni; 2) l’utilizzo degli accordi invece che per una politica di pace per portare avanti i propri interessi economici.

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1)Il ritardo:

L ‘ esempio più chiaro è quello dei "Corpi Europei Civili di Pace". Già nel 1995 c’era stato un primo incontro a Bruxelles, presso il Parlamento Europeo, per portare avanti questa idea che era stata lanciata dal deputato dell’Alto Adigeal Parlamento Europeo Alex Langer. L’idea aveva trovato conferme ed appoggi anche in documenti ufficiali del Parlamento (rapporto Bourlange/Martin del 17 maggio 1995). In incontri successivi , nel 1996, per la messa a punto del progetto e la sua implementazione il sottoscritto, che era stato invitato a far parte del gruppo di lavoro per la realizzazione del progetto, aveva proposto che questo corpo, appena fosse stato costituito, potesse essere utilizzato profiquamente nella prevenzione dell’esplosione di un conflitto armato nel Kossovo. Questa proposta era stata approvata da importanti leaders albanesi del Kossovo e da studiosi serbi preoccupati di una soluzione pacifica nel Kossovo. Ma avevo sottolineato anche che se si voleva realmente prevenire il conflitto armato questo intervento avrebbe dovuto essere rapido. All’inizio del 1997 la proposta è stata da me ripresentata, per incarico degli organizzatori, ad un Convegno presso il Parlamento Europeo per una politica europea di prevenzione dei conflitti, cui hanno partecipato sia l’OSCE, che il Centro Europeo per la Prevenzione dei Conflitti. Ma a parte un primo stanziamento per studi di "prefattibilità" dei Corpi suddetti, questi sono restati sostanzialmente a livello di progetto. Così il conflitto armato nel Kossovo è esploso con tutta la sua crudezza di brutali uccisioni, di fuga della popolazione civile dai villaggi, e di profughi che sono scappati da quel paese per riversarsi nei paesi vicini ed in Europa (compreso il nostro paese). Ma l’accordo firmato tra Holbroke e Milosevic per la pacificazione di quella regione prevede appunto la presenza nella zona di 2000 osservatori civili, inquadrati nell’OSCE. Se i corpi europei civili di pace fossero stati nel frattempo organizzati, come proposto dal Parlamento Europeo, e fosse stata portata avanti il programma di una loro formazione approfondita sull’intervento nonviolento nei conflitti, avremmo avuto personale ben preparato ad affrontare questo compito non facile, ed anche rischioso (dato che ormai il conflitto armato è esploso e gli eserciti contrapposti - dato che nel frattempo è nato anche l’Esercito di Liberazione del Kossovo, prima inesistente - esarcebati l’uno contro l’altro). Invece per fare questo lavoro vengono inviati prevalentemente militari (in Italia 150 su 200; in Germania 120 su 200) che non risultano aver alcuna preparazione per interventi civili non armati, con la scusa che costano di meno perchè già nel ruolo paga. Questo è un chiaro esempio di ritardo, speriamo non voluto, nel portare avanti proposte serie venute dal mondo delle Organizzazioni Non Governative, ma che avevano trovato riscontro ed appoggi anche nel Parlamento Europeo.

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2) Lo sfruttamento degli accordi ai fini del privilegiamento degli interessi economici:

Il secondo esempio da me presentato è stato quello degli accordi per la normalizzazione del sistema scolastico nel Kossovo firmati da Milosevic e Rugova e mediati dalla Comunità di Sant’Egidio. Questi prevedevano il rientro degli studenti albanesi di questa area negli edifici scolastici pubblici da cui erano stati scacciati anni prima . La firma di questi accordi è stata utilizzata dalla Comunità Europea, con un ruolo particolarmente attivo dell’Italia e della Grecia, per eliminare le sanzioni di primo livello e dare alla neo Jugoslavia (Serbia e Montenegro) lo statuto di "mercato privilegiato". E per fare accordi economici con questi paesi, che ci hanno visto in primo piano grazie alla FIAT, alla Telecom (che ha acquistato tutto il sistema di telecomunicazioni - comprese le poste del Kossovo che erano state depurate etnicamente con il licenziamento della maggior parte degli impiegati albanesi - per un prezzo che i membri dell’opposizione a Milosevic sostengono essere un quarto del valore reale, ma i cui fondi sono serviti a far cessare gli scioperi degli impiegati pubblici della Serbia, che non venivano pagati da mesi ), e infine agli accordi, tra Italia e Grecia, per lo sfruttamento delle miniere di Trepça (nel nord del Kossovo, e tra le più ricche d’Europa, che secondo i kossovari sono la vera ragione dell’attaccamenro della Serbia alla terra kossovara, infatti la proposta serba di soluzione del problema del Kossovo più frequente è quella della divisione del Kossovo in due, con la zona delle miniere incorporata alla Serbia). Noi della Campagna per una Soluzione Nonviolenta nel Kossovo siamo stati sempre contrari alle sanzioni, che colpiscono soprattuto la povera gente (anziani, bambini, malati, puerpere, ecc,) e che hanno permesso invece a Milosevic ed ai suoi amici (in particolare ad Arkan, il criminale di guerra organizzatore di corpi paramilitari, le cosiddette "tigri", che sono inquadrate all’interno della polizia di stato e che hanno compiuto, sia in Bosnia che nel Kossovo, i crimini peggiori) di arricchirsi in modo incredibile attraverso il contrabbando ed il mercato nero. Siamo più favorevoli a quelle che uno studioso della nonviolenza, come Sharp, ha definito le "sanzioni positive", e cioè degli incentivi condizionati però all’ applicazione di certi comportamenti. Nel caso dell’accordo sulle scuole se si fosse monitorato la loro applicazione condizionando a queste l’eliminazione delle sanzioni economiche e l’apertura del commercio, questo sarebbe stato un agire valido. Invece gli accordi sulla scuola non sono stati applicati, ma quelli economici sono andati avanti, e questo ha creato un grande malcontento tra la popolazione albanese (il vicepresidente del Partito Parlamentare ha anche scritto in una intervista "Anche gli accordi possono portare alla guerra!). Questa in grande maggioranza aveva visto gli accordi come una vittoria della politica nonviolenta portata avanti fino ad allora, e come l’apertura di spazi per una politica di miglioramente graduale delle condizioni di vita della popolazione del Kossovo. Questo comportamento della C.E., che non si è affatto preoccupata che gli accordi per la scuola venissero portati avanti, e si è interessata solo ad incrementare il mercato dei propri prodotti, li ha invece convinti che ormai la nonviolenza era finita e che era l’ora di passare alla lotta armata ("perchè la comunità internazionale - questo è stato il commento di tanti kossovari - capisce solo il linguaggio delle armi e non quella della nonviolenza!"). Perchè la C.E. decidesse di ritirare lo statuto di "mercato privilegiato" ci sono infatti volute le lotte del sindacato degli studenti albanesi del Kossovo che hanno organizzato delle bellissime manifestazioni nonviolente per l’applicazione dell’accordo sulla scuola fino allora lettera morta, e c’è voluta la violenta repressione di queste da parte della polizia serba, che ha portato a molti feriti e vari arresti. Il copione si è ripetuto a marzo del 1998, quando sono stati firmati i protocolli di applicazione dell’accordo sulla scuola (realizzati solo parzialmente), anche qui con un ritiro subitaneo di alcune delle sanzioni previste dal gruppo di contatto. Eppure in quello stesso giorno l’ultranazionalista Seceli è stato portato al governo della Serbia, e sono iniziati dei feroci attacchi militari alla zona di Decan, vicino ai confini dell’Albania (quelli che hanno portato alla fuga di tante persone verso l’Albania, e poi verso l’Europa).
La conclusione di questo discorso è quello che l’attività della diplomazia di secondo livello, di quella che è stata definita la diplomazia popolare, o dal basso, può essere un potente strumento di prevenzione dei conflitti e di avvio di una politica di pace, a condizione però che ci sia una simbiosi tra questa e l’attività degli stati, e che questi non siano così in ritardo nei confronti della prima, o addirittura non l’utilizzino per portare avanti i propri interessi commerciali e non invece una politica di pace e di giustizia. Ma purtroppo questa scelta è cieca perchè gli interessi commerciali vengono bruciati proprio da quella guerra che essi hanno impedito di prevenire.

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