LA LEGISLAZIONE DISCRIMINATORIA DELLA SERBIA

Sulla base del lavoro di un giurista albanese, Nekibe Kelmendi, Discriminatory and uncostitutional laws and other judicial acts on Kosova passed by the Assembly of Serbia, pubblicato da Kosova Information Center, Pristina, 1994, convinti anche noi, come Cicerone, che ”l’anima, la mente ed il significato di uno stato si trova nelle sue leggi”,(p.3) e rimandando al testo coloro che vogliano approfondire l’argomento, faremo una analisi sintetica di questo tema.


L’autore riporta, citandole, 47 leggi, ordinanze e programmi. Ne riporteremo solo alcune che ci sembrano più significative.


La prima è la modifica costituzionale degli articoli 9-49 della Repubblica Socialista della Serbia (28 marzo 1989). In contrasto con la Costituzione del 1974 che prevedeva che ogni modifica costituzionale riguardante il Kossovo, avrebbe dovuto essere approvata dall’Assemblea di questa regione Autonoma, con l’art. 3 viene invece detto che questa può dare solo un parere non vincolante. Con un altro emendamento la Presidenza della Serbia si riserva il diritto, su proprio giudizio, in ogni momento e per un periodo illimitato di tempo, di eliminare l’autorizzazione al funzionamento degli organi provinciali. Un altro articolo del testo elimina del tutto il principio costituzionale dell’uguaglianza delle lingue (nel Kossovo circa il 90% della popolazione è di lingua albanese e nella regione le due lingue erano ambedue ufficiali) rendendo lingua ufficiale del paese solo il Serbo- Croato (con gli alfabeti cirillico e latino). Secondo il Governo Serbo questi ed altri emendamenti sono legali per il fatto che l’Assemblea del Kossovo avrebbe dato il consenso, nella riunione del 23 marzo 1989, alla loro modifica. Come si dice nel testo, e come riportato da molte delle nostre interviste e da altre testimonianze (vedi anche la foto su questo incontro), grazie allo stato di emergenza introdotto il 27 febbraio del 1989, “l’edificio del Parlamento del Kossovo era circondato dall’esercito e dalla polizia, con carri armati ed altri mezzi armati, con aerei ed elicotteri militari che sorvolavano bassi la sede proprio al momento della presa di decisione, il che significa che il consenso è stato dato sotto una pressione fortissima. Inoltre la conta dei voti “a favore” e “contro” non è mai stata fatta, malgrado il conteggio fosse indispensabile per dare valore giuridico alla decisione dal momento che , per l’approvazione degli emendamenti, era necessaria la maggioranza dei voti di tutti i delegati all’assemblea” (p.6). A dimostrazione della non validità giuridica della decisione Kelmendi cita anche: il fatto che erano presenti alla riunione, ed hanno votato, persone della Lega dei Comunisti che non facevano parte del Parlamento; la non pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale del Kossovo, come sarebbe stato richiesto dalla legge; la decisione della Corte Costituzionale del Kossovo , che però nel frattempo era stata sciolta, incostituzionalmente, dal Governo Serbo, il 27 luglio 1990 di considere nulla la decisione di consenso agli emendamenti citati.


La seconda è il cosiddetto “Programma per lo stabilimento della Pace, Libertà, Uguaglianza, Democrazia e prosperità nella Provincia Autonoma del Kossovo” (Gazzetta Ufficiale della RS - Repubblica Serba- 15/90 del 30 marzo 1990). Basta riportare alcuni degli articoli del testo per capire che il programma non punta tanto alla pace ed alla giustizia, quanto alla discriminazione nei riguardi degli albanesi ed alla realizzazione dei piani di “pulizia etnica” di cui si era fatto promotore Cubrilovic (vedi scheda ). Il paragrafo 17 prevede infatti “ L’immediata sostituzione di tutti coloro che hanno partecipato alle dimostrazioni da tutti gli uffici direttivi delle imprese ed anche dalle istituzioni pubbliche”. Se si tiene conto che le manifestazioni degli albanesi del Kossovo contro le modifiche costituzionali sono state di massa questo ha comportato il licenziamento, secondo Kelmendi , di circa 135.000 persone, con lo scopo, scrive l’autore “di esporre gli albanesi a condizioni di vita tali da costringerli ad abbandonare questi territori - infatti ne è derivata un’emigrazione di larga scala verso i paesi dell’Europa Occidentale - e perciò la pulizia etnica del Kossovo e la creazione di opportunità per la colonizzazione del Kossovo da parte di Serbi e Montenegrini” (p.8). Altri paragrafi prevedono inoltre la formazione di nuovi comuni in aree in cui i Serbi ed i Montenegrini formano la maggioranza della popolazione, l’esclusione dell’Albanese come lingua ufficiale, attività e provvedimenti per la diminuzione della natalità, la creazione di un Fondo apposito e la costruzione di nuovi appartamenti per fermare l’emigrazione e favorire il ritorno della popolazione Serba e Montenegrina nel Kossovo.
Altri testi : 1) limitano le vendite dei beni da parte degli albanesi (Legge 22/91 del 18 aprile 1991) . Andando contro ai diritti di proprietà validi fin dai tempi dei Romani la legge prevede che gli Albanesi del Kossovo non possano né comprare, né vendere , né affittare le loro proprietà senza un permesso scritto del Ministero delle Finanze della Serbia; 2) aiutano concretamente (Legge 43/91 del 20 luglio 1991) i cittadini Serbi e Montenegrini ad acquistare terreni od a costruirsi case allo scopo dichiarato di limitarne l’emigrazione o stimolarne il ritorno nel Kossovo; 3) eliminano (Gazzette Ufficiali 1,3.5,12,13,17,28,38,67,69,76,77, del 1992) tutti i nomi di strade, scuole e centri culturali che ricordino la storia, la cultura, e la letteratura albanese, rimpiazzandoli con nomi, scritti usualmente in cirillico e non comprensibili perciò alla maggioranza della popolazione del luogo, presi invece dalla storia, dalla cultura e dalla mitologia Serba.
L’ultimo testo che merita di essere analizzato è quello intitolato “Dichiarazione sui diritti umani e sui diritti delle persone che appartengono alle minoranze nazionali” (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Serba , 89/92 del 7 dicembre 1992). Il testo, oltre ai diritti ed alle libertà concesse a tutti i cittadini, concede alla minoranza nazionale albanese, l’uso della madre lingua per la comunicazione pubblica, il diritto alla libera espressione della loro religione, dell’informazione, e dei mezzi di comunicazione di massa, e di pubblicare nella propria lingua, la libertà di esprimere le proprie idee politiche , di partecipare alla vita politica, di organizzare le proprie istituzioni culturali, la protezione dei diritti e delle libertà inalienabili. Kelmendi sottolinea il contrasto tra queste dichiarazioni e la situazione reale, nella quale la lingua Serba è l’unica ufficiale, la Televisione in lingua Albanese è stata chiusa, e tutti i dipendenti e giornalisti licenziati, in cui i diritti umani (vedi capitolo) e le libertà degli albanesi vengono violati in continuità. La legge riconosce, in altri articoli, questa discrepanza, ma la giustifica con “la violenta effettuazione, da parte del movimento separatista Albanese, del cambiamento etnico della popolazione...per la creazione di un territorio Albanese etcnicamente puro”(art.3, p.43). e con il loro tentativo di dar vita al un loro Stato e di cambiare gli attuali confini. (art. 4, p.44). Infine nell’art. 6 della legge si dice testualmente: “Di fronte ad un movimento separatista molto forte da parte degli Albanesi del Kossovo e della Metochia, la Repubblica di Serbia è stata costretta a fare certe leggi ed ad introdurre certi regolamenti ad interim in un certo numero di imprese e di istituzioni nel Kossovo e nella Metochia per salvaguardare l’integrità del proprio territorio, la sovranità, i diritti di tutti i cittadini, il capitale, la proprietà, la continuazione normale della produzione ed impedire il causarsi di danni materiali immensi. L’adozione di tali regolamenti non è in contrasto con la legislazione internazionale. Ogni stato è garantito dalla legge internazionale nel suo diritto a proteggere l’integrità del proprio territorio. Inoltre non è riconosciuto alle minoranze nazionali il diritto alla statualità, né il diritto alla secessione della parte del territorio in cui esse vivono. Le suddette misure intraprese sono temporanee e sono state applicate solo nei campi della statualità e della protezione di interessi economici. nessuna di queste misure è andata contro ai diritti della minoranze nazionali, ma si è impedito che i diritti delle minoranze nazionali crescessero in un corpo di diritti che aprisse la strada ad un nuovo diritto, quello di avere uno stato ed alla secessione” (pp.44-45). Kelmendi sostiene che non è vero che riguardino solo il campo dell’amministrazione statale e della protezione degli interessi economici, ma che interessano invece “tutti i campi della vita” e trova in questi articoli la conferma del carattere discriminatorio nei riguardi degli albanesi in piena contraddizione alla legislazione internazionale.

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