Sicurezza e difesa: priorità e lacune
P5_TA-PROV(2003)0188
A5-0111/2003
Risoluzione del Parlamento europeo sulla nuova architettura europea di sicurezza e difesa - priorità e lacune (2002/2165(INI))


Il Parlamento europeo,
- viste la sua risoluzione del 30 novembre 2000 sullo sviluppo della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa dell'Unione europea dopo Colonia e Helsinki(1),
- viste le sue risoluzioni del 10 aprile 2002 sull'attuale situazione della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) e le relazioni tra l'UE e la NATO e sulle industrie europee della difesa(2),
- vista la sua risoluzione del 15 maggio 2002 sul potenziamento delle relazioni transatlantiche imperniate sulla strategia e il conseguimento di risultati(3),
- vista la sua risoluzione del 26 settembre 2002 sui progressi realizzati nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune(4),
- vista la sua risoluzione del 5 settembre 2000 sulla diplomazia comune comunitaria(5),
- vista la dichiarazione del 21 novembre 2002 dei capi di Stato e di governo dell'Alleanza atlantica al vertice di Praga,
- viste le relazioni finali del gruppo di lavoro VII 'Azione esterna dell'UE' e del gruppo di lavoro VIII 'Difesa' della Convenzione europea, del 16 dicembre 2002 - CONV 459/02 e CONV 461/02,
- visto l'articolo 163 del suo regolamento,
- vista la relazione della commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa (A5-0111/2003),

A. rammentando che scopo della politica estera e di sicurezza dell'Unione europea (PESC) sono la salvaguardia dei valori comuni, degli interessi fondamentali, dell'indipendenza e della sicurezza dell'Unione e la necessità di preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite,
B. convinto della necessità di creare le condizioni preliminari per l'instaurazione di una cultura della difesa comune,
C. considerando che la definizione di una politica estera comune costituisce una condizione preliminare alla costruzione di una politica europea di difesa,
D. partendo da un concetto più ampio della sicurezza che va oltre agli aspetti meramente militari e comprende la sicurezza non solo degli Stati, ma anche dei cittadini,
E. rammentando che la politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD) è stata concepita, in occasione dei vertici di Colonia e di Helsinki nel 1999, per dotare l'Unione europea di una capacità militare che rafforzi la credibilità dei suoi obiettivi di politica estera e creare la possibilità di avviare e condurre operazioni militari sotto la direzione dell'Unione europea in risposta a crisi internazionali, e ricordando in particolare le decisioni di elaborare una strategia per la prevenzione non militare dei conflitti, considerata una misura poco dispendiosa per la prevenzione e la gestione delle crisi,
F. affermando che le operazioni di gestione dei conflitti condotte dall'Unione europea devono essere basate su soluzioni multilaterali e rispettare il diritto internazionale,
G. esprimendo il convincimento che, vista l'attuale inadeguatezza delle leggi di guerra rispetto alla nuova situazione internazionale in cui le popolazioni civili sono le principali vittime dei conflitti, sia opportuno affidare alle Nazioni Unite il compito di definire la migliore applicazione del diritto umanitario internazionale ogniqualvolta sia ipotizzata un'operazione multinazionale ; invitando altresì l'Unione europea ad appoggiare gli sforzi delle Nazioni Unite al riguardo,
H. sostenendo i lavori condotti sotto gli auspici dell'OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari) relativamente all'elaborazione di direttive per la messa a disposizione di capacità militari nell'ambito di operazioni umanitarie, in situazioni di emergenza complesse,
I. affermando che la prevenzione dei conflitti e delle crisi con strumenti civili e diplomatici deve essere il principio guida di qualsiasi politica estera, di sicurezza e di difesa dell'Unione europea, ma riconoscendo che l'Unione europea deve disporre di mezzi militari per la gestione e la risoluzione delle crisi,
J. convinto che la PESD dovrebbe riguardare in primo luogo compiti da svolgere nell'ambito geografico dell'Unione europea,
K. rammentando che la PESD è limitata fino a questo momento alle missioni di Petersberg, che comprendono le operazioni umanitarie di soccorso e di supporto logistico, le attività di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento nella gestione delle crisi, ivi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace, mentre l'articolo V del trattato Nord Atlantico fa riferimento alla difesa collettiva, che si applica alla maggior parte degli Stati membri,
L. condividendo il parere che gli avvenimenti dell'11 settembre 2001 hanno evidenziato la necessità di estendere la pace e la stabilità al di fuori dell'Unione e di garantire la sicurezza all'interno della stessa,
M. sottolineando il fatto che non vi debbono essere livelli diversi di sicurezza nel territorio dell'Unione europea,
N. prendendo atto del fatto che la guerra nei Balcani e quella in Afghanistan hanno rivelato l'esistenza di importanti disparità in materia di capacità militare e di tecnologia tra l'Europa e gli Stati Uniti,
O. ribadendo che uno dei principali ostacoli all'ammodernamento e alla trasformazione delle forze europee perché esse possano raccogliere efficacemente le sfide del XXI secolo non è rappresentato dal livello di spesa della difesa, ma dalla mancanza di cooperazione, dall'assenza di una suddivisione chiara dei compiti e delle specializzazioni, nonché dai doppioni e dalla dispersione che caratterizzano la produzione e la fornitura di armi, aumentando il rischio di una mancanza di interoperabilità tra gli eserciti,
P. essendo convinto del fatto che il lancio di un'operazione militare, di qualunque tipo essa sia, a nome dell'Unione europea richieda il massimo livello di legittimità democratica e di sostegno da parte dell'opinione pubblica e debba basarsi sul rispetto dei dispositivi costituzionali dell'Unione e dei suoi Stati membri,
Q. convinto che le nuove misure in materia di sicurezza e difesa non debbano condurre all'indebolimento dei diritti dell'uomo in genere nonchè delle libertà civili e dei diritti dei cittadini dell'Unione sanciti nella Carta dei diritti fondamentali,

Obiettivi e principi
1. rammenta l'importanza dei principi cui deve ispirarsi la PESD: una sicurezza che sia comune all'Europa e al resto del mondo; una sicurezza stabile basata sull'uguaglianza, la giustizia e la reciprocità; una sicurezza fondata sul rispetto dei diritti della persona, del controllo democratico e del diritto internazionale;
2. ritiene che lo sviluppo di una vera e propria PESD sia parte integrante della PESC e costituisca un contributo efficace alla credibilità dell'Unione europea sulla scena internazionale, che le consentirebbe di difendere i suoi obiettivi e i suoi valori e di contribuire alla libertà, alla pace e alla stabilità nel mondo, conformemente ai principi delle Nazioni Unite e al diritto internazionale;
3. deplora profondamente l'attuale divisione regnante in seno agli Stati membri relativamente alle questioni cruciali di politica estera, che avrà gravi ripercussioni sulla politica estera e di sicurezza comune; segnala che soltanto se l'Unione si muove nella stessa direzione e parla con una voce unica e chiara, sarà considerata un protagonista autentico della scena internazionale;
4. è fermamente convinto che, fatto salvo il Trattato Nord Atlantico e in modo complementare allo stesso o al carattere specifico della politica di difesa di alcuni Stati membri, l'Unione persegue la sua sicurezza collettiva e che, pertanto, essa dovrebbe elaborare progressivamente una politica comune di difesa;
5. ritiene che solo un'Unione che disponga di una vasta gamma di strumenti di prevenzione e gestione delle crisi nonché di obiettivi e interessi di politica estera chiaramente definiti, comprese capacità militari efficaci e in grado di garantire l'interoperabilità, potrà diventare un protagonista indipendente nelle questioni mondiali;
6. ritiene che solo se la PESC si basa su risorse politiche, economiche e militari credibili, fornite dagli Stati membri e dalla NATO, l'Europa sarà in grado di esercitare la sua influenza sulle situazioni di tensione o di conflitto per far primeggiare i suoi valori e far valere i suoi interessi;
7. esprime interesse per l'iniziativa assunta da Belgio, Francia, Germania e Lussemburgo volta a discutere il 29 aprile 2003 a Bruxelles le prospettive della politica di difesa dell'Unione e formula l'auspicio che altri Stati membri vorranno parteciparvi e che le proposte che emergeranno da tale incontro saranno presentate al Consiglio e alla Convenzione europea;
Il nuovo contesto internazionale in materia di sicurezza
8. sottolinea che, dopo l'11 settembre 2001, la situazione in materia di sicurezza è caratterizzata da un'insicurezza crescente, con nuovi rischi e nuove minacce ai quali nessuno degli Stati membri dell'Unione è capace di far fronte da solo;
9. ritiene che regioni quali i Balcani, il Medio Oriente, la regione del Caucaso, l'Asia centrale e l'Africa continueranno ad essere zone potenziali di instabilità per gli anni a venire; sottolinea ciò nondimeno che, dopo l'11 settembre, il terrorismo è diventato una sfida alla sicurezza internazionale, in particolare quando entità non statuali tentano di produrre o acquisire armi di distruzione di massa;
10. propone - in risposta alla strategia di sicurezza nazionale degli USA - lo sviluppo di una strategia di sicurezza dell'Unione europea che definirebbe i valori e gli interessi dell'Unione nel campo della promozione della stabilità su scala mondiale, della prevenzione dei conflitti e della gestione delle crisi, e descriverebbe l'approccio dell'Unione al problema di rendere il mondo più sicuro; ritiene che l'annuncio di tale strategia potrebbe essere utile a sviluppare una migliore cooperazione UE-USA basata su interessi comuni e a ridurre le attuali divergenze;
11. riconosce che la lotta contro il terrorismo non solo ha reso obsoleta la nozione di limiti geografici per gli impegni militari, ma ha altresì confuso la distinzione tradizionale tra politica di sicurezza estera e nazionale;
12. si rende conto che questi nuovi rischi sono percepiti in modo diverso dagli Stati Uniti, che sono profondamente scossi dagli attentati terroristici del settembre 2001 e si considerano in stato di guerra, e dall'Europa in cui né gli orrori prodottisi nei Balcani, né gli attentati terroristici a New York, a Washington, a Bali, in Kenya e altrove hanno avuto un impatto analogo sull'opinione pubblica;
13. ritiene pertanto che spetti ai responsabili europei informare l'opinione pubblica sui conflitti in corso e sulle minacce reali, con serietà e chiarezza;
14. rileva che il 71% dei cittadini dell'UE si dichiara a favore di una politica comune di sicurezza e di difesa;
15. sottolinea l'importanza della nuova dimensione delle minacce connesse con il terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa, anche per la protezione delle popolazioni civili e delle istituzioni democratiche nell'Unione europea;
16. auspica che l'Unione europea allargata svolga un ruolo più attivo nel quadro delle attività dell'OSCE destinate a rafforzare la sicurezza in un'Europa allargata;
Missioni e operazioni
17. ritiene che le missioni di Petersberg dovrebbero essere oggetto di una revisione ed essere estese ad altri compiti che comprendano il ricorso alle risorse militari, quali la prevenzione dei conflitti, le operazioni congiunte di disarmo, la consulenza e l'assistenza militare e la stabilizzazione dopo i conflitti e la lotta contro il terrorismo, inducendo l'Unione europea a prevedere diversi tipi di interventi di vari livelli di intensità;
18. ritiene che la gestione civile delle crisi dovrebbe trovarsi su un piano di parità con gli aspetti militari delle missioni di Petersberg ed essere riconosciuta quale parte essenziale della politica europea di sicurezza e difesa; segnala che l'Unione dovrebbe essere in grado di affrontare le necessità della gestione civile delle crisi mediante il dispiegamento coerente e concertato delle capacità degli Stati membri e degli strumenti comunitari ai fini della prevenzione dei conflitti e del mantenimento della pace e della stabilità attraverso missioni di polizia nonché misure volte a rafforzare la democrazia, l'amministrazione pubblica e lo Stato di diritto;
19. sottolinea il carattere di prevenzione delle crisi di numerose missioni di Petersberg e si compiace della missione di polizia dell'Unione europea in Bosnia ed Erzegovina, che segna una tappa importante; deplora cionondimeno il fatto che il Parlamento non sia stato formalmente consultato su questa azione comune pur avendone approvato il finanziamento;
20. apporta il suo sostengo alla decisione adottata dall'Unione europea di farsi carico dell'operazione 'Allied Harmony' della NATO nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia (ERIM) e all'intenzione di garantire il comando della SFOR in Bosnia ed Erzegovina; invita, in vista del futuro ruolo del Parlamento nel monitoraggio e nel controllo di tale tipo di azioni, la Presidenza del Consiglio e l'Alto rappresentante a informare pienamente, se del caso in modo confidenziale, gli organi competenti del Parlamento su queste missioni, successivamente a ogni riunione del Consiglio Affari generali, in particolare per quanto riguarda il mandato e le capacità necessarie (compreso l'eventuale accesso alle strutture della NATO) e l'impatto finanziario;
21. prende atto con interesse delle possibilità di trasformazione della missione ISAF in Afghanistan in un'operazione della NATO sotto il comando europeo cosa che costituirebbe un importante precedente per un'operazione di mutuo rafforzamento NATO-UE, visto e considerato che l'Unione europea è uno dei principali donatori per la ricostruzione di questo paese e che la maggior parte delle forze ISAF dispiegate in questo paese sono europee;
22. è convinto che, a lungo termine, l'Alleanza atlantica potrà sussistere solo per mezzo dell'introduzione di una vera e propria identità europea di difesa;
23. insiste sulla necessità di approfondire la dimensione mediterranea della PESD e la cooperazione e il dialogo PESD-paesi mediterranei, conformemente agli orientamenti emersi nella riunione informale dei ministri della Difesa tenutasi a Rethimnon (Grecia) nell'ottobre 2002;
Capacità e armamenti
24. ritiene che lo sviluppo della PESD non sarà possibile senza il potenziamento delle capacità militari dell'Unione, il che richiederà lo sviluppo di una cultura europea della sicurezza nonché una migliore ripartizione delle risorse e adeguati finanziamenti;
25. ritiene che l'attuazione del piano di azione europeo sulle capacità (ECAP), adottato dal Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001, costituisca una priorità a breve termine per superare i deficit immediati di modo che la forza di reazione rapida possa essere dispiegata e sia operativa quanto prima;
26. raccomanda uno stretto coordinamento tra il piano di azione sulle capacità dell'Unione europea e l'iniziativa della NATO in materia di capacità per evitare gli inutili doppioni e raccogliere le sfide future: trasporto aereo strategico, aerei cisterna, sorveglianza a terra, munizioni guidate con precisione, protezione dalle armi di distruzione di massa, sostegno alle operazioni in corso, ecc., nella misura in cui gli Stati membri europei dispongono solo di una serie di forze da dispiegare nell'ambito della PESD o della NATO;
27. rammenta che una capacità di reazione rapida sarà efficace soltanto se è basata su una pianificazione anticipata; esorta pertanto il Comitato militare dell'Unione europea a programmare gruppi militari, le loro disposizioni in materia di comando e il loro trasporto, la loro logistica e le loro comunicazioni e a garantirne l'addestramento;
28. auspica a tal fine che l'Unione disponga, dal 2004, di una forza militare di 5.000 persone mantenute in stato di allerta permanente per operazioni di carattere umanitario e di salvataggio delle popolazioni minacciate, ed auspica che sia in grado, entro il 2009, di eseguire all'interno dell'area geografica europea un'operazione al livello e dell'intensità di quella condotta nel conflitto del Kosovo, in cooperazione con la NATO oppure autonomamente qualora l'alleanza non sia interessata;
29. esorta gli Stati membri che desiderano approfondire la cooperazione per armonizzare i propri fabbisogni militari a condividere le loro capacità e le loro risorse e a garantire un certo grado di specializzazione nell'ambito del loro impegno in materia di difesa;
30. ritiene opportuno tracciare un quadro debitamente motivato delle esigenze militari dell'Unione europea in quanto tale, che possa altresì servire di quadro di riferimento per una politica comune in materia di acquisti e di produzione;
31. caldeggia la creazione di un meccanismo incaricato di valutare e migliorare gli impegni assunti dagli Stati membri valutando l'entità dei loro bilanci militari rispetto al PIL e, in particolare, la proporzione del bilancio per la difesa destinata alla ricerca e alle attrezzature nonché la preparazione delle forze, comprese le capacità di dispiegare forze e la loro interoperabilità, compito che potrebbe essere affidato a una futura Agenzia per gli armamenti e la ricerca;
32. chiede che questa agenzia disponga di un bilancio proprio, limitato in un primo tempo alla ricerca e allo sviluppo in materia di nuove tecnologie di cui sono note le ripercussioni per l'industria civile;
33. ritiene che tale agenzia potrebbe essere destinata altresì a incoraggiare gli Stati membri ad adottare una politica armonizzata degli acquisti e a gestire progetti di cooperazione tra di essi;
34. chiede che le modalità pratiche di funzionamento di questa agenzia siano definite in consultazione, se non addirittura in codecisione, con il Parlamento europeo;
35. rammenta la sua posizione secondo la quale occorre rivedere l'articolo 296 del trattato CE per creare progressivamente un mercato europeo degli armamenti; invita gli Stati membri e i paesi candidati ad applicare il principio delle 'preferenze comunitarie', che garantisce la sicurezza degli approvvigionamenti;
36. invita a riflettere sulla possibilità che l'Agenzia spaziale europea (ASE) divenga l'agenzia spaziale dell'Unione europea; ciò rappresenterebbe un passo importante nell'istituzione della politica di sicurezza e di difesa;
Processo decisionale e miglioramenti istituzionali
37. sottolinea il fatto che qualsiasi operazione di gestione delle crisi esige efficacia e coerenza, motivo per cui è favorevole al rafforzamento del ruolo dell'Alto rappresentante che dovrebbe disporre di un diritto di iniziativa in materia di gestione delle crisi e dovrebbe garantire la coerenza tra gli aspetti civili e militari dell'operazione, fatti salvi il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza su tutte le operazioni di gestione di crisi condotte dall'Unione europea;
38. apporta pertanto il suo sostegno all'introduzione di nuove disposizioni istituzionali destinate a riunire le funzioni dell'Alto rappresentante e del membro della Commissione responsabile delle relazioni esterne in un 'Rappresentante esterno dell'Unione europea', membro della Commissione, che goda del sostegno di un'unità amministrativa unica della Commissione, il cui personale potrebbe in parte essere assunto attingendo alle risorse esistenti nell'UEO;
39. ritiene essenziale il coordinamento degli aspetti militari e civili in loco, che potrebbe essere affidato a rappresentanti speciali che agirebbero sotto la responsabilità del Rappresentante esterno dell'Unione europea rispettando l'integrità del comando militare;
40. ritiene che il futuro trattato istituzionale dovrebbe istituire una cooperazione specifica in materia di difesa ed è favorevole a un certo grado di flessibilità nell'avvio e nella realizzazione di operazioni di gestione delle crisi, in particolare grazie all'applicazione del principio delle 'astensioni costruttive', che faciliterebbe la flessibilità del processo decisionale e dell'azione e renderebbe altresì possibili tali cooperazioni rafforzate nelle strutture istituzionali dell'Unione; l'obiettivo dev'essere tuttavia di ricercare un consenso quanto più ampio possibile all'interno della UE per tutte le operazioni di gestione delle crisi;
41. riconosce che l'avvio di operazioni, sia civili che militari, richiederebbe un rapido accesso al finanziamento comunitario; basandosi sulle esperienze positive connesse con il meccanismo di reazione rapida per le operazioni a carattere civile, è favorevole all'idea di un fondo di avviamento per le operazioni militari di gestione delle crisi nell'ambito del bilancio PESC;
42. conferma la sua posizione secondo la quale i costi comuni delle operazioni militari nell'ambito della PESD dovrebbero essere a carico del bilancio comunitario (PESC) e chiede a tale proposito la modifica dell'articolo 28 del trattato sull'Unione europea;
43. suggerisce la creazione di un'accademia militare comune e propone una cooperazione rafforzata in materia di formazione, che potrebbe assumere la forma di un Istituto europeo di studi superiori di difesa, per garantire una migliore interoperabilità e creare, tanto negli eserciti che nella popolazione civile, il fermento necessario all'emergere di una cultura di difesa comune;
44. rammenta la richiesta precedentemente formulata di annettere al trattato, sotto forma di un protocollo, una clausola di difesa collettiva per gli Stati membri che desiderano condividere gli obblighi figuranti nell'articolo V del trattato di Bruxelles e porre in tal modo fine all'Unione dell'Europa occidentale;
45. condivide il parere secondo il quale, alla luce delle nuove sfide, come le minacce terroristiche che incombono sulla popolazione civile e le istituzioni democratiche, dovrebbe essere introdotta nel trattato una clausola di solidarietà per consentire agli Stati membri di ricorrere a tutti gli strumenti civili e militari necessari nell'Unione per prevenire le minacce terroristiche;
46. sostiene, a tal fine, la creazione di un raggruppamento delle unità civili e militari specializzate nella protezione civile, che dovrebbero effettuare un addestramento comune ed essere pronte a intervenire in caso di catastrofi naturali, ambientali o connesse con rischi industriali nell'Unione;
47. ritiene che l'esecuzione di operazioni di aiuto umanitario, in senso stretto, in paesi terzi dovrebbe essere affidata soltanto a organizzazioni internazionali specializzate e ad organizzazioni umanitarie non governative;
48. propone la creazione, accanto alle forze nazionali, di una forza di polizia e di un corpo di guardacoste comuni per la protezione delle frontiere esterne dell'Unione europea contro il terrorismo e la criminalità organizzata, l'immigrazione clandestina, il traffico di armi, di stupefacenti e di esseri umani e la lotta contro la delinquenza marittima; ritiene che questa forza comune costituirebbe un utile strumento supplementare per alcune missioni esterne della PESD;
49. reitera la sua richiesta di creare un Corpo di pace civile europeo;
50. ribadisce il suo sostegno alla creazione di un Consiglio dei ministri della Difesa responsabile delle questioni di capacità e di armamenti, mentre il Consiglio 'Affari esteri' continuerebbe ad essere competente per l'analisi della situazione e la gestione delle operazioni di crisi;
Relazioni tra l'Unione europea e la NATO
51. ritiene che l'Unione europea e la NATO si rafforzino mutuamente e perora una stretta collaborazione tra di esse;
52. ritiene che, per quanto riguarda la difesa collettiva, la NATO rimanga il legame indispensabile che unisce gli USA agli interessi di sicurezza europei; continua ad attribuire grande importanza al mantenimento di buone relazioni transatlantiche;
53. si compiace pertanto dell'accordo di partenariato strategico concluso il 16 dicembre 2002 tra l'Unione europea e la NATO che garantisce l'accesso dell'Unione europea alle risorse e alle strutture della NATO e consente pertanto all'Unione di utilizzare le capacità di pianificazione militare operativa della NATO e le sue strutture di comando per la realizzazione di operazioni condotte dall'Unione europea;
54. si compiace delle modalità adottate al Consiglio europeo di Bruxelles il 24 e 25 ottobre 2002 per la partecipazione di alleati europei che non sono membri dell'Unione europea ad operazioni condotte dall'Unione in caso di utilizzo delle capacità e dei mezzi della NATO; si compiace del fatto che sia stato confermato che non potrà essere avviata nessuna azione contraria ai principi della Carta delle Nazioni Unite;
55. prende atto della decisione adottata dalla NATO al vertice di Praga di creare una forza multinazionale di reazione rapida, composta di 21.000 uomini, che possa essere dispiegata molto rapidamente in caso di conflitti gravi, forza che sarebbe complementare a quella di reazione rapida dell'Unione europea, ma ritiene che tale decisione debba essere accompagnata da una chiara definizione dei rapporti tra queste due forze;
Legittimità e controllo democratico
56. ribadisce che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è il principale responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo e considera un'efficiente architettura europea di sicurezza e difesa un contributo essenziale al rafforzamento di una politica di sicurezza multilaterale nel quadro delle Nazioni unite;
57. propone che, nell'ambito della futura riforma delle Nazioni Unite, all'Unione europea venga assegnato un seggio permanente in seno al Consiglio di sicurezza;
58. chiede che qualunque operazione di gestione delle crisi, condotta dall'Unione nell'ambito delle missioni di Petersberg, sia decisa dal Consiglio soltanto previa consultazione del Parlamento europeo, che costituisce l'unica istituzione democratica eletta a suffragio diretto a livello europeo; la decisione dovrà essere adottata a maggioranza assoluta;
59. segnala il pericolo che nel finanziamento della PESD possano venirsi a creare bilanci ombra inaccessibili al controllo democratico; chiede pertanto che il finanziamento della prevista agenzia per gli armamenti, la ricerca e lo sviluppo abbia corso nel quadro della procedura di bilancio dell'UE, e ciò al fine di garantire il necessario controllo parlamentare;
60. riconosce la competenza dei parlamenti nazionali in materia di spese militari, acquisto di attrezzature militari e dispiegamento delle forze armate nazionali mentre il Parlamento europeo dovrà approvare il mandato e gli obiettivi di qualsiasi operazione di gestione delle crisi avviata nell'ambito della PESD e assumere la responsabilità dei costi derivanti dalle azioni comuni dell'Unione europea;
61. propone l'organizzazione di riunioni semestrali regolari, su invito del Parlamento europeo, tra le commissioni competenti del Parlamento europeo e rappresentanti delle rispettive commissioni dei parlamenti nazionali, al fine di sviluppare una prospettiva comune per quanto riguarda la definizione di una strategia comune per la PESD; ritiene che riunioni di questo tipo potrebbero rappresentare la base per futuri accordi tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali;
62. ritiene che questa cooperazione dovrebbe estendersi ad alcuni aspetti militari, come lo sviluppo di strutture comuni di comando e di progetti europei comuni di acquisto di armamenti; ritiene che una riunione congiunta di questo tipo potrebbe essere organizzata qualora un'importante operazione comunitaria di gestione delle crisi fosse prevista dal Consiglio con breve preavviso;
63. ritiene che queste riunioni congiunte costituiscano l'organo appropriato al quale dovranno rendere conto il 'Rappresentante esterno dell'Unione europea' e i comandanti delle operazioni di gestione delle crisi;
64. chiede che l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea non sia limitato alla politica estera e di sicurezza, ma includa ugualmente la politica di difesa, come in pratica già avviene quando il ministro della Difesa della Presidenza del Consiglio rende conto al Parlamento europeo;
65. chiede altresì che le informazioni comunicate sui progressi compiuti e le decisioni adottate nell'ambito della PESD dalla Presidenza del Consiglio e dal 'Rappresentante esterno dell'Unione europea' siano completate dall'obbligo di presentare relazioni scritte al Parlamento, qualora sia esplicitamente formulata una richiesta in tal senso;
66. si compiace del lavoro compiuto dalla sua delegazione per le relazioni con l'Assemblea parlamentare della NATO, che costituisce un importante contributo al rafforzamento delle relazioni tra l'Unione europea e la NATO; esorta i membri della delegazione a impegnarsi attivamente nei lavori di commissione dell'Assemblea parlamentare della NATO ed è favorevole all'idea della nomina, nelle due istituzioni, di relatori paralleli sui temi connessi con la PESD;
67. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al Segretario generale della NATO e al Presidente dell'Assemblea parlamentare della NATO.

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