Relazione Recante una Proposta di Raccomandazione
del Parlamento Europeo al Consiglio
sull’istituzione di un Corpo di Pace Civile Europeo

Commissione per gli Affari Esteri la Sicurezza e la Politica di Difesa
Relatore Onorevole Per Gahrton

Nella seduta del 17 luglio 1998 il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver deferito alla Commissione per gli Affari Esteri, la Sicurezza e la Politica di Difesa la proposta di raccomandazione al Consiglio presentata dall’Onorevole Spencer e altri (38) deputati sull’Istituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo (B4-0791/98).

Nella riunione riunione del 24 settembre 1998 la Commissione per gli Affari Esteri, la Sicurezza e la Politica di Difesa ha esaminato la proposta di raccomandazione e ha deciso di elaborare una relazione.
Nella riunione del 24 settembre 1998 ha nominato relatore l’Onorevole Gahrton.

Nelle riunioni del 1 dicembre 1998, 7 gennaio 1999 e 20 gennaio 1999, la (POLI) la Commissione per gli Affari Esteri, la Sicurezza e la Politica di Difesa ha esaminato la proposta di raccomandazione elaborata dal suo Presidente e l’ha approvata all’unanimità.
Hanno partecipato alla votazione gli On.

La proposta di raccomandazione è stata depositata il 28 gennaio 1999.
Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.

Proposta di Raccomandazione
Raccomandazione del Parlamento Europeo sull’Istituzione di un Corpo di pace Civile Europeo
Il Parlamento Europeo

Vista la proposta di raccomandazione al Consiglio presentata dall’On Spencer e altri (38) deputati sull’Istituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo (B4-0791/98)
Visto l’articolo J7 del trattato sull’Unione Europea
Visto l’articolo 46, paragrafo 3 del suo regolamento
Vista la relazione della relazione per gli Affari Esteri, la Sicurezza e la Politica di Difesa (A4 – 0047/99)

- considerando che la fine della “guerra fredda” è stata caratterizzata, sia in Europa che al di fuori di essa, da un continuo aumento di conflitti intra e inter statali con crescenti implicazioni internazionali, politiche, economiche, ecologiche e militari,
- rilevando che il carattere multiforme di questi conflitti li rende spesso difficili da capire e da gestire acausa della mancanza di adeguati concetti, strutture, metodi e strumenti,
- considerando che la risposta militare ha conflitti internazionali deve essere spesso integrata da sforzi politici volti a riconciliare le parti belligeranti, a far cessare conflitti violenti ed ha ripristinare condizioni di reciproca fiducia,
- ritenendo che il ruolo potenziale dei civili in situazioni di conflitto deve essere ancora pienamente valutato,
- sottolineando che esso ha approvato varie risoluzioni riguardanti l’istituzione di un Corpo di Pace Civile Europeo (CPCE)
- rilevando che tale iniziativa dovrebbe essere vista quale ulteriore strumento dell’Unione Europea per accrescere la sua azione esterna in materia di prevenzione dei conflitti e di composizione pacifica degli stessi,
- considerando che in nessun caso il CPCE deve essere inteso quale alternativa alle normali missioni di pace, ne causare ridondanze nei confronti di organizzazioni quali l’OSCE e l’ACNUR, già attive in tale ambito, quanto piuttosto quale complemento, qualora necessario, alle azioni per la prevenzione dei conflitti di carattere militare in cooperazione con l’OSCE e l’ONU,
- sottolineando che la prospettiva del futuro allargamento dell’Unione Europea rende ulteriormente necessario e pressante
- riformare e rafforzare la PESC, rilevando che l’Unione Europea ha già maturato, per quanto riguarda la guerra nella ex Yugoslavia, un’esperienza con la Missione di Monitoraggio della Comunità Europea (ECMM) che potrebbe costituire il primo passo verso l’istituzione del CPCE
- ribadendo tuttavia che l’esperienza della Missione di Monitoraggio della Comunità Europea (ECMM) e la Missione di Verifica nel Kosovo dimostrano i limiti del concetto di CPCE,
- considerando che l’inopportuno insediamento di missioni di osservatori disarmati, che possono essere facilmente presi in ostaggio, potrebbe anche sul piano politico avere effetti indesiderati,
- sottolineando che numerose ONG specializzate, molte delle quali dotate di una vasta e profonda esperienza, potrebbero fornire un prezioso contributo a tale progetto,
- ribadendo che qualsiasi civile impegnato nel Corpo di Pace debba essere adeguatamente addestrato,
- evitando che il CPCE diventi una struttura organizzativa ampia e rigida, tale da imporre costi elevati e improduttivi e di impedire un flessibile impiego delle risorse provenienti da varie fonti, governative e non,
- raccomanda al Consiglio di elaborare uno studio di fattibilità sulla possibilità di istituire un CPCE nell’ambito di una politica estera e di sicurezza comune più forte ed efficace;
- raccomanda al Consiglio di vagliare la possibilità di concreti provvedimenti generatori di pace finalizzati alla mediazione e alla promozione della fiducia tra i belligeranti, all’assistenza umanitaria, alla reintegrazione (specie tramite il disarmo e la smobilitazione), alla riabilitazione nonché alla ricostruzione unitamente al controllo ed al miglioramento della situazione dei diritti umani;
- raccomanda al Consiglio di attivare una struttura minima e flessibile, al solo fine di censire e mobilitare sia le risorse delle ONG, sia quelle messe a disposizione degli Stati, e di concorrere, eventualmente, al loro coordinamento;
- raccomanda la Consiglio di affidare all’Unità di Primo Allarme il compito di analizzare e individuare casi di possibile impiego di un CPCE,
- raccomanda al Consiglio di riferirgli in merito all’ECMM presentando una piena valutazione del ruolo di questo organismo e delle sue future prospettive nonché dei suoi limiti;
- raccomanda al Consiglio e alla Commissione, nell’ambito di questo studio di fattibilità, di organizzare un’audizione per valutare in profondità il ruolo che le ONG hanno svolto nella soluzione pacifica dei conflitti e nella prevenzione della violenza nella ex Yugoslavia e in Caucasia;
- Incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza alla Commissione.

MOTIVAZIONE
Il concetto di un Corpo di Pace Civile Europeo (CPCE)

Introduzione
La nuova situazione di conflitto venutasi a creare alla fine della “guerra fredda” è stata caratterizzata da un numero crescente di conflitti intrastatali con sempre maggiori implicazioni internazionali di carattere politico, economico, ecologica e militare. Tale evoluzione ha portato ad una crescente necessità e legittimità di un intervento esterno, ponendo le organizzazioni internazionali come l’Unione Europea (UE) di fronte a una sfida sempre maggiore. Tuttavia dato il carattere multiforme di questi conflitti, esse debbono affrontare il problema della loro comprensione e gestione. Si registra una mancanza di adeguati concetti, strutture, metodi e strumenti, (ivi compresi i mezzi materiali e personale preparato). E’ ovvio ormai che avvalersi unicamente delle risorse tradizionali associate alle strategie diplomatiche o militari non basta più. E’ necessario pertanto un approccio globale inteso a creare la pace, che comprenda gli aiuti umanitari, la cooperazione allo sviluppo e la soluzione dei conflitti. Gli interventi debbono essere coordinati a livello internazionale; riferirsi ai bisogni della popolazione nella zona di conflitto; essere compatibili con la società civile e con gli altri attori sul campo; essere nonviolente e distinti dalle azioni coercitive, flessibili e pratici; essere altresì in grado di contrastare fin dall’inizio l’escalation della violenza. La relazione Bourlanges – Martin approvata dal Parlamento Europeo nella seduta del 17 maggio 1995, a Strasburgo, ha riconosciuto per la prima volta questa necessità affermando che “un primo passo per contribuire alla prevenzione dei conflitti potrebbe consistere nella creazione di un Corpo Civile Europeo della Pace (che comprenda gli obiettori di coscienza) assicurando la formazione di controllori, mediatori e specialisti in materia di soluzione dei conflitti”. Da allora, il Parlamento Europeo ha ripetutamente confermato tale affermazione, da ultimo nella sua più recente relazione sull’attuazione della PESC. Nel frattempo è stato previsto di configurare il Corpo di Pace Civile Europeo nel modo seguente;

OBIETTIVI
La principale priorità del CPCE sarà la trasformazione delle crisi provocate dall’uomo, per esempio la prevenzione dell’escalation violenta dei conflitti e il contributo verso una loro progressiva riduzione. In ogni caso, i compiti del CPCE avranno un carattere esclusivamente civile. Un particolare accento sarà posto sulla prevenzione dei conflitti, in quanto più umana e meno onerosa rispetto alla ricostruzione del dopoconflitto. Tuttavia, il Corpo potrebbe svolgere altresì compiti umanitari in seguito a catastrofi naturali. Il coinvolgimento del CPCE non dovrebbe limitarsi ad una data regione (per esempio l’Europa).

Il CPCE si baserà su di un approccio olistico, che comprenderà inter alia sforzi politici ed economici e l’intensificazione della partecipazione politica e del contesto economico delle operazioni. Dal momento che gli sforzi intesi a trasformare il conflitto debbono riguardare tutti i livelli di conflitti che si protraggono nel tempo, il CPCE assumerà compiti multifunzionali. Esempi concreti delle attività del CPCE intese a creare la pace sono la mediazione e il rafforzamento della fiducia tra le parti belligeranti, l’aiuto imanitario (ivi compresi gli aiuti alimentari, le forniture d’acqua, medicinali e servizi sanitari), la reintegrazione (ivi compresi il disarmo e la smobilitazione degli ex combattenti e il sostegno agli sfollati, ai rifugiati e ad altri gruppi vulnerabili), il recupero e la ricostruzione, la stabilizzazione delle strutture economiche (ivi compresa la creazione di legami economici), il controllo e il miglioramento della situazione relativa ai diritti dell’uomo e la possibilità di partecipazione politica (ivi comprese la sorveglianza e l’assistenza durante le elezioni)n l’amministrazione provvisoria per agevolare la stabilità a breve termine, l’informazione e la creazione di strutture e programmi in materia di istruzione intesi ad eliminare i pregiudizi e i sentimenti di ostilità, e campagne d’informazione e d’istruzione della popolazione sulle attività in corso a favore della pace. Nulla di tutto ciò può essere imposto direttamente alle parti, tuttavia la loro cooperazione può essere agevolata attraverso il sostegno politico proveniente dall’esterno.

La riuscita nell’adempimento di questi compiti dipenderà dal grado in cui il CPCE sarà capace di migliorare le relazioni tra gli aiuti umanitari, il rafforzamento della fiducia e la cooperazione economica. Il sostegno a questi settori non potrà avere un risultato positivo se non sarà messo in relazione agli altri; per esempio il successo degli aiuti umanitari e la ricostruzione dopo una guerra dipendono dal grado di fiducia che viene a crearsi tra le parti belligeranti. La ricostruzione materiale ha pertanto il compito di coinvolgere i belligeranti in progetti comuni.

Il CPCE dovrebbe essere un organo ufficiale, istituito dall’Unione Europea e operante sotto gli auspici della stessa. Con riferimento agli organi e agli Stati membri dell’UE, il CPCE dovrebbe garantire che:
- I fondi dell’UE siano utilizzati per progetti compatibili con gli interessi dell’UE;
- Il sotegno dell’UE sia reso visibile:
- Gli Stati membri dell’UE siano sotenuti nella preparazione e nell’assunzione del personale delle missioni;
- Il coordinamento tra gli Stati membri e gli altri attori beneficiari dei fondi per attività finalizzate alla pace sia agevolato e siano vietati i doppioni;
- I fondi dell’UE siano utilizzati in maniera efficiente.
Il CPCE opererà soltanto con un mandato sostenuto dall’ONU o dalle sue organizzazioni regionali: OSCE, OUA, OAS. Esso contribuirà a crreare i necessari collegamenti tra le attività diplomatiche, da un lato, e la società civile dall’altro. Quale organo a favore della pace, il CPCE svolgerà attività diverse da quelle svolte in tal senso a livello diplomatico. Le missioni del CPCE si baseranno sull’assenza di operazioni militari violente, su una specie di accordo di cessate il fuoco e sul consenso delle principali parti interessate. Quale organo ufficiale il CPCE si distinguerà dalle ONG. Le sue attività si baseranno tuttavia su un’efficiente ccoperazione con le ONG e rafforzerà e legittimerà il loro lavoro. L’attività del CPCE darà strutturata ed organizzata indipendentemente dagli organi militari, pur basandosi sulla cooperazione con i militari laddove le missioni del CPCE coincideranno con le operazioni per il mantenimento della pace.
PP.

PERSONALE E STRUTTURA
Il CPCE consisterà in due parti:
1.) un nucleo costituito da personale qualificato atempo pieno che svolgerà compiti di gestione ed assicurerà la continuità (vale a dire un segretariato con compiti di amministrazione e gestione, assunzione, preparazione, intervento, rapporto di fine missione e collegamento);
- un gruppo costituito da personale specializzato da destinare alle missioni (ivi compresi esperti, con o senza esperienza, tuttavia perfettamente addestrati), chiamato a compiere missioni specifiche, assunto a tempo parziale o con contratti a breve termine in qualità di operatori sul terreno (ivi compresi gli obiettori di coscienza su base volontaria o volontari non remnerati). Il reclutamento si baserà su una rappresentanza proporzionale tra gli Stati Membri dell’Unione Europea.

PREPARAZIONE GENERALE
Tutto il personale sarà preparato tenuto conto delle condizioni generali della missione (per esempio carenza di adeguate infrastrutture materiali, forti pregiudizi e sentimenti di ostilità, tendenza alla violenza, servizi sanitari inadeguati, sistemi di forniture che mettono a dura prova il personale e le sue capacità sociali, dovendo cooperare in scenario multiculturale alieno alla propria vita normale. La preparazione generale svilupperà le capacità di far fronte a condizioni estreme ed applicabili ad una vasta gamma di situazioni di conflitto. Avrà lo scopo di creare un terreno d’intesa comune che comprenderà l’apprendimento di un modo di comunicazione comune e fornirà un approccio generale per il personale dell’UE proveniente da esperienze professionali e culturali diverse, che gli consentirà di operare in paesi con popolazioni di diverse culture. Nel corso della preparazione generale, ai tirocinanti verranno impartite nozioni di base sulle attività intese a stabilire la pace e sulle organizzazioni interessate (ONU, OSCE, ONG).

PREPARAZIONE CON RIFERIMENTO ALLE FUNZIONI
Dato che il carattere multidimensionale dei conflitti rende molto ardue la loro comprensione e gestione, le esperienze professionali debbono riferise alle strategie per la trasformazione dei conflitti e alle specificità delle varie funzioni da svolgere. Indipendentemente dalla missione cui il personale sarà assegnato, esso dovrà ricevere una preparazione specifica e circostanziata relativa alle funzioni da svolgere su almeno uno dei principali compiti della missione.

PREPARAZIONE CON RIFERIMENTO ALLA MISSIONE
Il personale della missione dovrà essere messo al corrente delle condizioni specifiche in cui verrà a trovarsi in talune missioni e delle particolari funzioni che dovrà svolgere. Si rende pertanto necessaria una preparazione con riferimento specifico alla missione da effettuare, sia prima dell’intervento che sul terreno.


RAPPORTO DI FINE MISSIONE
Il rapporto di fine missione è importante per il personale e per il CPCE per valutare e integrare le esperienze e per migliorare la preparazione e le operazioni sul terreno.

ASSUNZIONE
Al fine di garantire che venga assunto soltanto personale qualificato è necessario che il CPCE stabilisca:
&Mac183; una base generale di dati relativa al personale disponibile che comprenda organigrammi compatibili in tutti gli Stati membri e Istituzioni di formazione dell’UE;
&Mac183; procedure generali di assunzione che consentano la trasmissione periodica di informazioni sul personale qualificato tra le istituzioni interessate;
&Mac183; una base per l’assunzione negli Stati membri, tramite la pubblicazione dei vantaggi della partecipazione del CPCE agli sforzi intesi a creare la pace, e l’adozione di misure sul piano giuridico e finanziario per garantire la sicurezza del posto di lavoro e predisporre misure sanitarie in vista delle missioni.

INTERVENTO
E’ necessario provvedere all’organizzazione dell’intervento conformemente al mandato di una data missione. Il mandato deve essere definito in termini chiari e fattibili con riferimento alle risorse disponibili. Si deve altresì provvedere all’equipaggiamento necessario, alla copertura assicurative e all’organizzazione della dislocazione del personale.

FINANZIAMENTO
L’UE e i suoi Stati membri provvedono al finanziamento. Al fine di agevolare la creazione del CPCE in base alle risorse disponibili, da un lato, e far fronte all’insieme delle esigenze, dall’altro, è previsto un continuo ampliamento del CPCE, iniziando con un progetto pilota seguito da costanti operazioni di controllo e da adeguamenti perfettamente sincronizzati.

QUADRO ISTITUZIONALE
Il CPCE dovrebbe essere creato quali servizio specifico nell’ambito della DG I° della Commissione, con un direttore generale responsabile nei confronti del Commissario per gli Affari Esteri e dell’Alto rappresentante del PESC che dovrà essere insediato tra breve presso il Consiglio. Onde garantire la sua necessaria flessibilità operativa sarebbe opportuno strutturarlo sul modello di ECHO.

CONCLUSIONI
Il ruolo potenziale dei civili nel campo della prevenzione e della soluzione pacifica dei conflitti deve essere ancora valutato in tutti i suoi elementi. Al termine di una missione militare per il mantenimento della pace si registra spesso una recrudescenza del conflitto, in quanto le ragioni interne che sono state all’origine della violenza non sono state pienamente affrontate e risolte. La risposta militare, per qunto necessaria per porre fine al confronto violento, non è sufficiente a creare un’effettiva riconciliazione tra le parti. A tale riguardo, l’idea del CPCE dovrebbe essere presa in considerazione daal’UE quale ulteriore mezzo per accrescere e rendere la sua azione ancora più efficace. Agevolare il dialogo e riprestinare le condizioni di reciproca fiducia sono compiti troppo spesso trascurati che dovrebbero far parte di ogni missione di pace. Solo perseguendo un reale processo di riconciliazione si potrà raggiungere una pace durevole. La diplomazia civile, meno dura e più flessibile, dovrebbe essere usata per affiancare, continuare o concludere azioni militari per il mantenimento della pace. L’UE ha una straordinaria occasione di rafforzare la sua politica estera e di sicurezza comune creando un nuovo strumento pratico che potrebbe essere messo a disposizione delle parti belligeranti, prevenire l’escalation della violenza e apportare una soluzione pacifica alle crisi.

28 gennaio 1999

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