Una Conferenza a Brno (1998) di Jean-Pierre Vernant Tratto dal quotidiano "Avvenire" del 18 ottobre 2005, che lo estrae dal volume Senza frontiere, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005, riprendiamo il testo di una conferenza tenuta da Jean-Pierre Vernant a Brno nel 1998, in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell'Universita' Masaryk Essendo francese e molto vecchio, conservo nel cuore il ricordo degli anni Trenta, all'epoca della mia giovinezza e dei miei studi, quando seguivo, pieno di orrore e di vergogna, il dramma del vostro Paese e la vilta' del mio. Gli accordi di Monaco, che vi consegnarono al Terzo Reich con la benedizione degli inglesi e dei francesi, mi hanno segnato per sempre; non mi sono mai andati giu'. Ero fra quelli che vedevano nell'abbandono del vostro Paese il preludio a tutte le catastrofi, e sentivo gia' le vostre disgrazie come se fossero state anche mie. Quando le truppe tedesche, con i vessilli nazisti al vento, sfilarono a Parigi sugli Champs-Elysees nel 1940, rividi come in sovraimpressione le immagini - diffuse dai cinegiornali non molto tempo prima - delle stesse truppe che entravano a Praga tra due ali di spettatori disperati. La guerra, le lotte della Resistenza, la liberazione - naturalmente era sempre in gioco il mio Paese, ma c'era anche il vostro, che non avevano aiutato quando era ancora possibile farlo. Come molti intellettuali antifascisti della mia generazione, dopo la guerra ero comunista. Speravo, mi immaginavo che nell'Europa dell'Est, e in particolare in Cecoslovacchia, avrebbe prosperato uno Stato operaio democratico. Cio' che e' successo nel vostro Paese, i drammi che avete vissuto hanno svolto un ruolo di primaria importanza nella mia rottura con il Partito comunista francese. Mi hanno lasciato a lungo l'amarezza della delusione e dei rimorsi. Dopo il fallimento della "primavera di Praga", quando per soffocare ogni libero pensiero e' stato ricollocato al suo posto il pesante coperchio della stupidita', del fanatismo e della repressione poliziesca, non appena e' apparso possibile aiutare gli intellettuali perseguitati e costretti al silenzio, e infrangere il loro isolamento, manifestando piena solidarieta' mediante la nostra presenza accanto a loro, ho preso l'occasione al volo, forse con l'idea di riscattare le colpe che potevo aver commesso un tempo verso di loro. Con Jacques Derrida abbiamo fondato l'associazione francese "Jan Hus", che tuttora presiedo. Sono stato il primo francese a recarsi a Praga, nell'aprile o nel maggio del 1981, per partecipare a dei seminari che vi si tenevano piu' o meno clandestinamente. Era primavera; alloggiavo in un alberghetto vecchiotto in via Vsehrdova, a Mala Strana, destinato agli sportivi in visita nella capitale. Durante la giornata me ne andavo a spasso, la sera un amico passava a prendermi per portarmi dove mi aspettavano. Praga era nel massimo splendore della sua bellezza, piena di sole, di fiori, di lilla'. Il contrasto tra la luminosa levita' dello scenario e il clima soffocante del regime di polizia era impressionante. E' stato uno dei momenti della mia vita in cui mi sono sentito libero e felice. Non so se, con i miei discorsi, fornivo ai miei interlocutori cio' che avevano il diritto di sperare: quello che invece so e' cio' che loro mi davano, qualcosa che mi colpiva con evidenza irrefutabile nel contatto con loro. Il vero coraggio interiore e' non cedere, non piegarsi, non rinunciare: essere il granello di sabbia che i mezzi piu' pesanti, quelli che schiacciano tutto al loro passaggio, non riescono a spezzare. Sono ritornato altre volte a Praga in circostanze analoghe; e oggi che fortunatamente le condizioni sono cambiate, percepisco piu' chiaramente da dove venivano quelle sensazioni di pace e letizia che provavo quando i miei soggiorni non erano del tutto privi di rischi. Ho studiato la Grecia antica per piu' di mezzo secolo: la religione, la letteratura, le istituzioni, le arti plastiche, le scienze, la filosofia. Per comprenderle meglio ho cercato di farmi greco interiormente, nei miei modi di pensare e nelle mie forme di sensibilita'. Che lezioni ne ho tratto? Anzitutto l'esigenza di una totale liberta' di spirito: nessun divieto, nessun dogma, in nessun campo, deve ostacolare una ricerca critica, un'indagine priva di pregiudizi. Poi, che il carattere umano dell'uomo e' legato alla sua condizione di cittadino, alla sua partecipazione attiva a una comunita' di eguali in cui nessuno puo' esercitare alcun potere di dominio su un altro. E infine che il mondo di cui facciamo parte e' bello, questo mondo che e' infinitamente piu' grande di noi e puo' distruggerci, ma di cui dobbiamo accettare con gratitudine, come un dono, tutte le occasioni che ci offre per scoprire le meraviglie che racchiude, le sue luci accanto alle sue ombre e alle sue notti. Qui a Brno posso nutrire il sogno, quasi certamente illusorio, che le mie ricerche erudite sull'antichita' e i miei impegni appassionati nelle lotte attuali si congiungano e coincidano, perche' dipendono dalla stessa fiducia in determinati valori. |