Gian Maria Vian Ricorda Jean-Pierre Vernant Tratto dal quotidiano "Avvenire" dell'11 gennaio 2007. Gian Maria Vian, docente, saggista, storico della Chiesa, e' ordinario di filologia patristica all'Universita' "La Sapienza" di Roma Con la morte di Jean-Pierre Vernant la ricerca storica perde uno degli studiosi piu' brillanti e influenti del Novecento. Scomparso l'altra sera nella sua casa di Sevres, in Francia, quasi novantatreenne, lo studioso francese era infatti uno dei maggiori conoscitori del mondo greco antico. Autore di numerose opere importanti (quasi tutte tradotte in molte lingue), Vernant ha saputo studiare in modo innovativo l'eredita' culturale e religiosa dei greci rendendola piu' comprensibile anche ai non specialisti. Marxista e intellettuale appassionatamente partecipe e testimone delle tragedie del Novecento, il grande storico che aveva preso parte alla Resistenza abbandono' il partito comunista nel 1969, dopo trentasei anni di militanza attiva, in seguito alla repressione della primavera di Praga, coerente con un'apertura mentale che resta forse la sua caratteristica principale. * Nato nel 1914, Vernant aveva studiato per divenire professore di filosofia, ma la cesura della guerra segnera' indelebilmente la sua vita, come racconto' in una lunga intervista raccolta da Jerome-Alexandre Nielsberg e pubblicata su "L'humanite'" del 6 aprile 2005. Mentre il conflitto mondiale bruciava l'Europa, decisivi furono l'incontro e l'amicizia con uno dei professori conosciuti alla Sorbona, Ignace Meyerson (1888-1983), che da giovane in Polonia aveva aderito ai movimenti rivoluzionari antizaristi e, rifugiato in Francia, era entrato dopo l'invasione tedesca nelle file della Resistenza contro gli occupanti. Ma la guerra non riusci' a distogliere Meyerson dalla prediletta psicologia storica: tra i partigiani si formo' cosi' un piccolo gruppo di studiosi appassionati che nella Francia meridionale arrivo' anche a organizzare conferenze, e persino un convegno a cui presero parte Marc Bloch e Marcel Mauss. Alla fine della guerra, considerata conclusa la sua esperienza militare, Vernant pensava infatti di tornare alla vita civile cominciando appunto a insegnare, ma furono proprio Meyerson e un altro grande studioso - Louis Gernet (1882-1962), filologo, storico e sociologo - a convincere l'intellettuale partigiano che doveva entrare al Cnrs, il Centro nazionale della ricerca scientifica dove, pur non avendo pubblicato nulla e senza avere nemmeno una tesi in corso, il mancato filosofo entro' nel 1948. Da allora, e fino all'entrata nella prestigiosa Ecole des hautes etudes, fu una lunga stagione straordinaria. "Tutti i giorni - ricordava con nostalgia - ero alla Biblioteca nazionale. Imparare, capire, comparare i testi: dieci anni di letture". E poi le lezioni di Gernet: "Era meraviglioso: arrivava con le mani in tasca, con la sua cravatta alla Blum e ci parlava sia di filologia, sia di studi comparati giuridici, greci, indiani, cinesi, sia di antropologia storica". Proprio grazie a questo sguardo largo e attento ai diversi aspetti dell'esperienza umana Vernant ha potuto scrivere opere fondamentali. Nel 1993 le ha introdotte una puntuale nota di Riccardo Di Donato - che certo e' il migliore conoscitore italiano dello studioso francese - nel limpido Mito e religione in Grecia antica (Donzelli), che Vernant aveva pubblicato nel 1987 per l'Encyclopedia of Religion di Mircea Eliade, mentre la fittissima bibliografia del grande storico dell'antichita' (completa fino al 1994) e' in appendice ai saggi (raccolti dallo stesso Di Donato) nei due volumi di Passe' et present (Edizioni di Storia e Letteratura). La prima opera di Vernant, Les origines de la pensee grecque, usci' nel 1962 ed ebbe un successo straordinario. A precederla era stata pero' una nutrita serie di articoli, raccolti in Mythe et pensee chez les Grecs (1965), seguito da molte altre opere, fino all'ultimo libro, Entre mythe et politique, pubblicato nel 2004. * Vernant ha spiegato che lo specialista di una determinata cultura - per esempio, quella greca da lui studiata per tutta la vita - ha la tendenza ad assolutizzare il suo sguardo, a pensare che non ce ne possano essere altre. Ma questo sguardo viene ridimensionato se si comparano altre culture, come quelle dell'India o del mondo assiro-babilonese, e in questo modo lo sguardo iniziale viene profondamente modificato. Il metodo comparativo allora "non consiste soltanto a guardare cio' che e' comune e cio' che e' diverso, in societa' multiple, sia nello spazio, sia nel tempo, ma consiste anche, attraverso questo lavoro, a modificare completamente l'avvicinamento alla cultura oggetto del proprio studio". Ma questo sguardo comprensivo e largo Vernant ha saputo esercitarlo anche nella vita, quando lui, educato nell'ateismo anticlericale, durante la Resistenza si trovo' fianco a fianco con dei giovani cattolici, "molto ferventi, molto praticanti", e scopri' che non erano ne' trogloditi ne' nemici, e imparo' cosi' a "cercare di comprendere la dimensione attraverso la quale erano cattolici, credenti, e in che cosa questa differenza con me, questo scarto poteva essere nello stesso tempo un ponte che mi permetteva pure di capire, forse, certe cose in me che avevo messo da parte". |