Massimo Stella Ricorda Jean-Pierre Vernant Tratto dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio 2007. Massimo Stella, studioso del teatro greco, svolge attivita' di ricerca e didattica in ambito universitario Sono dello stesso Jean-Pierre Vernant le parole che meglio chiariscono il senso del tanto lavoro critico e scientifico da lui svolto in piu' di mezzo secolo d'attivita'. Citando polemicamente - nella prefazione all'edizione francese dell'Antropologia della Grecia antica di Louis Gernet - il Foucault delle Parole e le cose, allora uscito da solo un anno, cosi' scriveva: "Nel momento in cui si e' arrivati a intravedere la scomparsa dell'uomo come oggetto di scienza e si e' scritto che 'ai nostri giorni non possiamo pensare che dentro il vuoto dell'uomo scomparso', la ricerca di Gernet assume ai nostri occhi valore esemplare". L'annuncio provocatorio di Foucault circa la "scomparsa dell'uomo" aveva evidentemente turbato e irritato la coscienza di un intellettuale che fu e resto', sostanzialmente per tutta la vita, un umanista. Un comunista umanista. E' in questa prospettiva che si deve guardare complessivamente all'opera di Jean-Pierre Vernant e specialmente a quella formula da lui adottata nell'introduzione al suo libro-chiave e piu' rappresentativo, Mito e pensiero presso i greci, nota come "psicologia storica". Presentandosi dunque come uno psicologo della storia e al contempo come uno storico della psicologia umana, Vernant dichiarava: "cerchiamo che cosa sia stato l'uomo stesso, l'uomo greco antico", precisando da convinto marxista "che non si puo' separare dal contesto sociale e culturale di cui e' il creatore e insieme il prodotto". E' facile oggi, forse troppo facile, e persino malevolo liquidare questa prospettiva come ingenua. Perche' e' altrettanto evidente, oggi, che del metodo praticato da Vernant e dagli studiosi che accanto e intorno a lui hanno scritto e pensato, raccogliendosi al Centro Louis Gernet da lui fondato, si e' nutrita in un modo o nell'altro, fedelmente o infedelmente, dichiaratamente o dissimulatamente, l'intera comunita' scientifica degli antichisti, sul suolo europeo e, anche se in misura minore, d'oltreoceano. Importante, invece, e' capire che cosa ci fosse di cosi' tenacemente vitale nella psicologia storica di Jean-Pierre Vernant da colonizzare e di fatto rivoluzionare in senso veramente copernicano gli studi di scienze dell'antichita'. Lo si vede bene proprio nel suo Mito e pensiero presso i greci. * Vernant ha saputo rinnovare, nella seconda meta' del '900, la fecondita' di alcune straordinarie ricerche del secolo che lo precedono, tra la meta' avanzata dell'800 e la prima del '900, ricerche quali quelle di Bachofen, di Frazer, di Rohde, di Cornford, di Murray, di Jane Hellen Harrison, di Benveniste, di Gernet, di Mauss, perche' in questi nomi, nei loro metodi e nei loro percorsi, stanno le radici del pensiero di Vernant. E di questa vera e propria genealogia di studiosi Vernant e' stato fino ad oggi, di fatto, l'ultimo strenuo rappresentante, forse anche fuori tempo (come dimostra la sua reazione negativa alle Parole e le cose, uno dei libri che piu' tempestivamente hanno colto l'animo del secondo '900) ma senz'altro dotato di un dinamismo e di una carica intellettuale che ha convinto e si e' guadagnata un enorme successo. La psicologia storica di Vernant funziona come un dizionario della cultura umana. Quando non ha firmato con altri, ha sostanzialmente sempre lavorato per "voci" (articoli), raccogliendole poi sapientemente in volume. I capitoli di Mito e pensiero sono come "nomi" di una enciclopedia: "Aspetti mitici della memoria e del tempo", "L'organizzazione dello spazio", "Il lavoro e il pensiero tecnico", "La categoria psicologica del doppio", "La persona nella religione", "Dal mito alla ragione", a loro volta rubricati in sotto-voci che illustrano a titolo di esempio e di "caso" la voce principale. Nel leggere Vernant si rimane impressionati dalla eccezionale vastita' di questo effetto enciclopedico e dalla sua efficacia, dalla sua indubitabile tenuta complessiva. Tanto piu' perche' oggi tutti noi abbiamo la sensazione che manchino grandi libri, libri magistrali, quelli che ci si fanno accostare con l'interesse caldo dello scopritore e non con il freddo tecnicismo del compilatore di bibliografie. Sicche', quando ci troviamo a leggere o a rileggere Mito e pensiero o Mito e societa' che sulla falsariga del primo e' costruito, abbiamo l'impressione di imparare qualcosa di fondamentale sulla formazione e la produzione del pensiero. * Se e' vero che Vernant ha rivoluzionato gli studi di scienze dell'antichita' nella seconda meta' del '900, non ne ha, tuttavia, rinnovato il pensiero, ne' c'era da attenderselo. Come un certo tipo di grandi libri, i libri di Vernant non contengono sostanzialmente nessuna rivelazione e nessuna provocazione. Di fatto ripercorrono una via antica: organizzare, visitare e rivisitare l'ipotetico "universo simbolico" dell'uomo: in questo e' consistito il suo lavoro di psicologo della storia. In quali termini, poi, si possa parlare di "universo simbolico" e di "uomo" e' cosa che Vernant non ha, sapientemente, voluto chiedersi. |