Nigeria, Shell paga 15,5 milioni $ per uccisione di Ken Saro-Wiva
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Scritto alle 16:00 nella Africa Ovest
09/06/09
Quattordici anni dopo la morte dello scrittore e attivista Ken Saro-Wiwa, il colosso petrolifero anglo-olandese Shell ha accettato di pagare 15 milioni e mezzo di dollari (11,1 milioni di euro) per evitare di comparire in un imbarazzante e clamoroso processo. La compagnia petrolifera era perseguita dal 1995 per complicità con l'ex-regime militare nigeriano per quel che riguarda l'esecuzione di sei civili, che si opponevano ai suoi metodi di estrazione del petrolio. Tra le vittime lo scrittore e attivista ambientalista Ken Saro-Wiva.
Il gesto significa che, anche se Shell non ha partecipato alle violenze che sono avvenute, ci sono dei querelanti e delle persone che hanno sofferto" ha dichiarato in un comunicato Malcolm Brinded, che dirige il ramo esplorazione e produzione di Shell. Il gigante anglo-olandese ha dichiarato di aver acettato di regolare la faccenda per aiutare il "processo di riconciliazione", mentre continua a operare in Nigeria, pur negando qualsiasi implicazione nella morte del poeta Ken Saro-Wiwa e di altri cinque attivisti dei diritti dell'uomo e della protezione dell'ambiente, che avevano manifestato nella regione di Ogoni, nel sud della Nigeria. "Penso che mio padre sarebbe felice di questo risultato", ha detto in un'intervista telefonica dalla sua abitazione di Londra il figlio dello scrittore Ken Saro-Wiwa Jr., 40 anni: "il fatto che la Shell sia stata costretta a patteggiare per noi è una chiara vittoria".
Dal canto suo Jenny Green, avvocato del Center for Constitutional Rights di New York che avviò la causa contro la Shell nel 1996 commenta: "basta questo a riportare in vita i nostri assistiti? Certamente no ma è un messaggio chiaro a tutte le multinazionali che operano nei paesi in via di sviluppo: per fare affari non si possono più violare i diritti umani. Nessuna corporation può più contare sull'impunità. l'accordo di oggi è sostanzialmente un'assunzione di responsabilità".
Ken Saro-Wiwa e altri otto attivisti vennero impiccati il 10 novembre 1995 al termine di un processo farsa. Fondatore del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop), Saro-Wiwa si batteva da anni contro i danni ambientali causati dalle attività petrolifere della Shell nella regione dell'Ogoniland, nel sud della Nigeria, e contro la miseria e l'arretratezza a cui il governo nigeriano condannava il suo popolo. Lo scrittore era riuscito a mobilitare migliaia di persone, a bloccare la produzione di greggio della Shell e a minare il sistema di corruzione e autoritarismo su cui si reggeva il regime di Abacha. Prima che venisse impiccato, Saro-Wiwa disse: "Il Signore accolga la mia anima, ma la lotta continua".
Per il figlio dell'attivista, Ken Saro-Wiwa Junior, l'avvio del processo, circa due settimane fa, aveva segnato una prima vittoria della lotta del padre, portata avanti in tutti questi anni. "In qualche modo abbiamo già vinto perchè una delle ultime cose che mio padre disse era che un giorno la Shell avrebbe passato i suoi giorni in tribunale - dice Saro-Wiwa Junior, 40 anni, in un'intervista rilasciata all'Associated Press - noi riteniamo che siano sfuggiti alle loro responsabilità per quanto accaduto in Nigeria, per questo vogliamo che le sue parole diventino realtà".
Shell ha sempre respinto tutte le accuse. "Shell non ha in alcun modo incoraggiato nè sostenuto alcun atto di violenza contro gli attivisti della gente Ogoni e cercò di persuadere il governo a essere clemente - aveva detto un portavoce della multinazionale, Stan Mays- con nostro profondoa rammarico quel nostro appello e gli appelli di molti altri rimasero inascoltati e fummo scioccati e rattristati quando arrivò la notizia". La Shell non ha potuto più operare in Ogoniland dal giorno della morte di Saro-Wiwa e oggi sarà chiamata a rispondere anche di complicità nella tortura, nella detenzione e nell'esilio del fratello dell'attivista, Owens Wiwa.
Una versione che non ha mai convinto i familiari dello scrittore ucciso. "Noi sappiamo che ci sono le loro impronte digitali su tutti i casi di tortura, uccisione ed esecuzioni extra-giudiziari della gente Ogoni tra il 1993 e il 1996 - aveva detto sempre in apertura di processo Saro-Wiwa Junior - garantivano sostegno logistico ai soldati coinvolti in questi abusi contro gli Ogoni".
I militanti Ogoni sono riusciti a portare in aula una causa vecchia 14 anni in virtù di una legge che consente di perseguire un'azienda, che vanta una significativa presenza negli Stati Uniti, anche per crimini commessi all'estero. E i querelanti auspicano che la causa rappresenti anche un monito alle aziende che operano oggi nel Paese. Anche se vecchia di 14 anni, infatti, la vicenda è ancora di forte attualità in Nigeria, dove i militanti non-violenti del Mosop di Saro-Wiwa, che praticavano la disobbedienza civile, sono stati rimpiazzati dai militanti del Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (Mend), che ricorrono a sequestri, boicottaggi e scontri armati per perseguire gli stessi obiettivi.
A una domanda dell'Apcom, se la loro lotta si ispiri a Saro-Wiwa, il Mend ha risposto: "In questa parte del mondo, la disobbedienza civile non funziona. E' stata praticata da Ken Saro-Wiwa e da altri prima di lui. La disobbedienza civile ha portato alla nostra gente attacchi da parte dell'esercito nigeriano, villaggi rasi al suolo, l'uccisione di un numero imprecisato di giovani e lo stupro delle nostre donne. Per quasi 40 anni abbiamo provato a ricorrere a mezzi pacifici di lotta, ma non abbiamo ottenuto alcun risultato. Abbiamo così deciso di adottare il nostro piano B, la lotta armata, e questa sembra funzionare".
Sebbene la Nigeria sia uno dei principali produttori di petrolio, la maggioranza della popolazione nigeriana vive ancora oggi in condizioni di estrema povertà a causa della corruzione e dell'incapacità della classe di governo. Si stima che dal giorno dell'indipendenza, nel 1960, la corruzione sia costata alla Nigeria oltre 380 miliardi di dollari. Da parte sua, l'industria petrolifera ha causato gravi danni ambientali alla regione meridionale del Paese. "Nessuno nega alla Shell il diritto di produrre idrocarburi - aveva detto Saro-Wiwa Junior - ma bisogna farlo rispettando l'ambiente e i diritti umani".
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