Per un'Europa di Pace, Neutrale, Disarmata, Nonviolenta di Lidia Menapace Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 671, settembre 2003. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace@aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' significative della cultura delle donne e dei movimenti della societa' civile. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; AA. VV., Nonviolenza, Fazi, Roma 2004 Ho sempre avuto grande preoccupazione a proposito del futuro militare europeo e sulla cancellazione di fatto dell'art.11 della nostra Costituzione, dato che la Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing non si poteva affatto considerare un soggetto neppure lontanamente affidabile sul diritto alla pace. Del resto neppure Prodi, pur da ascoltare quando critica le forme non federali e le procedure oligarchiche del trattato costituzionale europeo, quando si passa alla politica estera e militare sostiene che l'Europa deve avere un esercito e che promuovere la pace si fa anche con le armi: non si sa dove stiano questi potenti signori, del tutto alienati dal loro potere: ma se provassero ad aprire gli occhi e guardassero il Medio Oriente vedrebbero subito che le armi generano solo risposte violente e senza fine vanno alla distruzione. D'altra parte non posso credere che se la futura costituzione europea dice una cosa, uno degli stati federati puo' deciderne un'altra, non per l'appunto sulle questioni ex-nazionali delegate: lo si vede gia' per le materie economiche. A questo punto si aggiunge un'altra preoccupazione e cioe' che la delegazione italiana non tiene in nessun conto gli accordi unanimi sulla difesa e intangibilita' dei primi 11 articoli della nostra Costituzione: non hanno nemmeno provato a difendere il primato del lavoro rispetto al mercato ne' a far accettare un qualche rifiuto della guerra. Come si sa la pace viene indicata come un obiettivo da promuovere, cioe' una buona intenzione, il ripudio della guerra e' scomparso e non risulta che nessuno del nostro paese abbia mosso un dito in proposito. * Se le cose stanno pressappoco cosi', che cosa si puo' fare? Certamente continuare a volere la pace e ad agire per conservarla preservarla promuoverla ecc.: ma il movimento che si e' risvegliato in questi ultimi anni e' molto legato anche ai risultati e non disposto solo ai no, che pure si debbono dire. Mi sono chiesta percio' se nella storia europea vi fossero radici antimilitariste e le ho trovate nella tradizione del movimento delle donne fin dal suffragismo, e del movimento operaio fin da prima della prima guerra mondiale. La prima guerra mondiale fu un terribile esame e prova di forza, che fu vinta dai militaristi e spacco' in due il movimento operaio, il femminismo fu sfiorato solo in piccola parte, e anche il papa Benedetto XV rimase quasi solo, mentre le Chiese in generale furono sostenitrici dei vari eserciti. Il movimento operaio subi' allora il suo piu' cocente e non rimediato insuccesso, quando - come disse Rosa Luxemburg - si dovettero vedere i due piu' organizzati proletariati d'Europa, quello tedesco e quello francese, "travestiti da militari spararsi addosso agli ordini delle rispettive borghesie nazionali": fu persa l'anima internazionalista e le classi operaie furono "arruolate" al nazionalismo: basta ricordare che Mussolini fu interventista e Matteotti no. La tradizione antimilitarista neutralista e pacifista del movimento operaio si attenuo' e ottenebro' nel fascismo e nel nazionalsocialismo e anche - benche' meno - nel "socialismo in un paese solo"; e la tragica protesta di papa Benedetto XV che defini' la guerra "una inutile strage" resto' senza seguito fino alla "Pacem in terris" di papa Giovanni. * Ma bisogna comunque ricordare che il movimento operaio e quello delle donne non chiesero mai, mai provocarono o dichiararono guerre. Furono per lo piu' neutralisti. E per ragioni profonde: prima di tutto dunque non e' giusto esprimere opinioni superficiali dicendo che essere neutrali significa fregarsene di tutto e tutti: essere neutrali significa invece prendere posizione e agire nelle varie situazioni in tutti i modi tranne che con le armi. La Svezia, che e' un paese neutrale (in Europa sono quattro: Svizzera, Svezia, Finlandia e Austria, e bisognera' pur avere un'opinione su di loro, e qualche proposta), ad esempio, ospito' circa diecimila disertori e renitenti Usa durante la guerra nel Vietnam; e uno degli ispettori delle Nazioni Unite che non trovarono le armi di distruzione di massa in Iraq e' svedese. I paesi neutrali fanno spesso parte di operazioni diplomatiche e alle Nazioni Unite gioverebbe molto averne a disposizione molti e autorevoli. * Ma dunque, oltre ad essere una componente importante della tradizione operaia e femminista, che cosa e' la neutralita' da un punto di vista giuridico? E' la posizione di un soggetto politico (uno stato) che dichiara di rinunciare per se' all'uso della guerra, e di vincolarsi nei confronti della comunita' internazionale a non fare politiche aggressive che possono sfociare nel conflitto armato, e di consentire alla comunita' intrernazionale di intervenire nei propri confronti in caso di violazione degli impegni presi con censure, rottura di relazioni diplomatiche o commerciali, embargo ecc. A sua volta il territorio neutrale non ospita basi militari di nessuno, non consente passaggio di truppe a terra ne' di aerei. All'inizio della guerra in Iraq infatti la piccola Austria non ebbe bisogno di far niente per non dare il passaggio alle truppe, treni e aerei Nato e Usa diretti magari verso Camp Derby: le basto' far presente che e' uno stato neutrale, e al Brennero non arrivo' nemmeno un fucilino di latta. * Si dira': ma i paesi neutrali hanno pure un esercito: certamente. E sono subito con chi presenta progetti in forma di legge costituzionale per il disarmo totale unilaterale e l'abolizione degli eserciti. Ma se non ci si impegna a questo livello (e non mi consta che vi siano proposte di questo tipo) con lotte tenaci e ben organizzate, con la formazione di una cultura politica radicalmente nonviolenta fino al diritto di recessione da qualsiasi spesa militare, insomma se non si chiede direttamente l'abolizione degli eserciti, la proposta della neutralita' e' la piu' equilibrata, realistica, moderata, gestibile sul piano del diritto internazionale e compatibile con una riconversione dell'economia di guerra in economia di pace. Nella proposta di neutralita' attiva che la "Convenzione permanente di donne contro le guerre" avanza per l'Europa diciamo anche che le risorse sottratte agli eserciti possono e debbono essere usate per programmi continentali di protezione civile, quantomai necessari dati i mutamenti del clima, di servizio civile dati i problemi di inserimento sociale ed economico delle giovani generazioni, e di addestramento generale alla difesa popolare nonviolenta. Si possono anche prendere in considerazione le politiche militari dei paesi neutrali e collocarsi al piano piu' basso a scendere, fino all'estinzione processuale degli eserciti. * Persino la Svizzera che e' armata fino ai denti e ha una popolazione che puo' essere richiamata per difendere il territorio invaso in ogni momento e che si addestra alla difesa di ponti strade ecc per tutta la vita e ha a domicilio armi munizioni e vettovaglie per i casi di invasione (peraltro mai verificatisi in un numero ormai rilevantissimo di secoli) esclude qualsiasi ordigno nucleare, poiche' sostiene giustamente che non si puo' gabellare per "difensiva" l'atomica. E' un buon precedente per rifiutare in Italia il bombardiere atomico europeo Eurofighter, che viene fatto passare per "difensivo", e per ospitare il quale si sono fatte a Grosseto piste allungate, abbattendo una scuola materna (un fatto altamente simbolico della gerarchia delle priorita'). Insomma se invece di fare risatine e scuotimenti di capo, si interloquisse sulla proposta ne verrebbero conseguenze importanti e il discorso pacifista uscirebbe da molte genericita'. Una Europa neutrale - ho appena bisogno di dirlo - sarebbe proprio cio' che serve alle Nazioni Unite per tornare ad essere una difesa del diritto e non succube della violenza militarista. |
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