Sulla Disobbedienza Civile di Davide Melodia Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 235 La disobbedienza civile parte, di norma, quando e' seria, coerente, compresa dal disobbediente, e comprensibile per l'avversario e per la gente, dal singolo. Perche'? Perche' e' il singolo, possibilmente convinto nonviolento, che non concorda con i contenuti di una certa legge, che considera illiberale, e decide di lottare contro di essa. Tale singolo non la ripudia con leggerezza, e non disobbedisce tout court, ne' a quella legge ne' tantomeno a tutto il codice, ma si batte contro la forma e il contenuto di quella legge iniziando con scritti, dibattiti, convegni, dimostrazioni, con confronti e proposte nelle sedi opportune, affinche' sia cambiata o superata. E' qui che comincia il travaglio per trascinare altri a lottare al suo fianco, prima sul piede legale, poi perfino su un piano di violazione di quella legge, pronto, in prima persona, o con altri, a pagare il prezzo della disobbedienza a quella legge. Se lo arrestano non oppone resistenza, non insulta, non spacca tutto. Dal carcere fa sentire in qualche modo la sua voce, e continua a seminare i valori che lo hanno spinto a disobbedire. Non e' quindi una disobbedienza generale, ne' generalizzata, non e' chiassosa ne' confusa, non e' violenta, ne' verso le persone fisiche ne' verso le cose. E' una disobbedienza civile, e intelligente, che cerca, in modo relativamente anomalo, di costruire qualcosa di moralmente e socialmente piu' alto di cio' che si vuole imporre alla comunita' - non di distruggere. So che c'e' poco tempo per tradurre una tale disobbedienza civile nonviolenta da individuale a popolare, ma non si puo' avviarsi ad una mobilitazione contro le aspirazioni e le intenzioni belliche di certi Paesi e gruppi politici e sociali senza la dovuta preparazione. Se la disobbedienza civile non avra' basi profondamente serie e intimamente connesse con la nonviolenza, puo' essere spazzata via e dai violenti e dalla calunnia. |