"La nonviolenza e' in cammino"
nel n. 1137

Mao Valpiana Ricorda John Lennon
Il Menestrello della Nonviolenza

E' morto l'8 dicembre di venticinque anni fa, ammazzato con cinque colpi di

pistola. Un fan squilibrato, si e' detto. L'inchiesta venne chiusa troppo in

fretta, ma molti pensano ancora che dietro all'assassinio ci sia stato un

complotto dei servizi segreti per eliminare un leader scomodo. Al suo

funerale c'era una folla incontenibile, avvolta nella sensazione che il

sogno era davvero finito. Lo sparo di un "folle" e un funerale imponente:

proprio com'era accaduto per il mahatma Gandhi, Martin Luther King e poi per

John e Bob Kennedy.

John Lennon, come si sa, era di Liverpool, ma dopo l'unione con Yoko Ono e

la separazione dai Beatles volle trasferirsi a New York, citta' che amava

moltissimo, nella quale si trovava a proprio agio "per il modo di vivere e

di pensare". Negli Stati Uniti John aveva molti amici, e venne subito

introdotto negli ambienti intellettuali e radicali americani.

Partecipava anche alla vita politica del paese, coinvolgendosi in

manifestazioni, concerti, iniziative pubbliche. Il governo non gradiva

quella presenza, troppo visibile, troppo chiassosa, troppo scomoda. La Cia

inizio' a raccogliere un dossier su Lennon, per documentare le prove di un

presunto antiamericanismo dell'ex beatle. Lennon fece dichiarazioni contro

la guerra del Viet Nam, contro l'industria bellica, le spese militari, la

politica imperialista, partecipo' attivamente al movimento per la pace,

anche con sostanziosi finanziamenti. Fu in quel periodo che compose "Power

to the people". Per fare gli auguri di Natale fece riempire le citta'

americane e le principali capitali del mondo di manifesti con la scritta

"War is over" ("la guerra e' finita - se tu lo vuoi", firmati "con amore,

John e Yoko, da NY"). A tutti i capi di Stato invio' una ghianda, dicendo

loro di piantarla e guardare crescere la quercia, anziche' dichiarare una

guerra. Insieme a Yoko compro' intere pagine dei giornali americani per

pubblicare i loro pensieri pacifisti.

Quando le autorita' gli negarono il visto per il permesso di soggiorno, fra

il signor Lennon e il governo Usa inizio' una lunga battaglia legale. Nixon

stesso diede l'ordine di allontanarlo: era un "indesiderato". Durante la

campagna elettorale in ogni angolo d'America dove c'era una manifestazione

del partito repubblicano con Nixon, la' John organizzava un concerto rock di

protesta contro la guerra. Alla fine vinse John. Riusci' a stabilirsi

definitivamente a New York, fece un figlio con Yoko, e si dedico' a tempo

pieno alla paternita' nella citta' che amava. Riconciliato con se stesso e

con gli States regalo' al mondo intero "Imagine", il manifesto della

nonviolenza. Poi, l'assassinio.

Ma la parte migliore d'America ha accolto Lennon come un proprio figlio,

dedicandogli dopo la sua morte quell'angolo di Central Park dove egli andava

sempre a passeggiare con il suo bambino, come un americano qualunque.

*

Affiancare il nome di John Lennon a grandi leader spirituali e politici puo'

suonare come una provocazione. Ma quando si parla del mito di Lennon, non lo

si fa per celebrarne le virtu' personali: di Lennon amiamo la musica, la

poesia, il suo essere personaggio pubblico e la sua vita contraddittoria,

che ce lo fa sentire simile a tutti noi. Non ha mai nascosto la sua

fragilita', arrivando persino a scrivere quel capolavoro che e' "Help!", un

grido d'aiuto personale lanciato proprio ai suoi stessi fans. Di Lennon ci

importa l'influenza positiva che ha avuto su tante generazioni di giovani.

Nel mito Lennon un posto d'onore spetta al famoso bed-in (una settimana in

un letto d'albergo ad Amsterdam, lui e Yoko, a rilasciare interviste a

giornali di tutto il mondo sul tema della pace e contro le guerre). Fu in

quell'occasione che Lennon compose e registro' in diretta "Give peace a

chance", l'inno del movimento pacifista mondiale cantato poi dai giovani

studenti democratici di piazza Tien an men a Pechino, dai dissidenti che

abbattevano il muro di Berlino, dai sostenitori di Mandela, dai veterani del

Vietnam che restituirono le medaglie.

I giovani russi al tempo del crollo dell'Unione Sovietica, raccontavano come

furono le canzoni dei Beatles, e in particolare la pacifista "Revolution",

ascoltate clandestinamente alle radio occidentali, ad incrinare la loro fede

nel regime. Lennon fu l'unico baronetto a restituire il titolo alla regina

per protestare contro il coinvolgimento dell'Inghilterra nel commercio

mondiale delle armi.

Il Lennon quarantenne aveva idee molto chiare sulla nonviolenza: "La mia

filosofia di vita e' piuttosto semplice: pace, nonviolenza, e tutto in

armonia con il resto del mondo. E' ovvio che in tutti noi c'e' della

violenza, pero' si deve essere capaci di incanalarla o di gestirla in

qualche modo. D'altra parte bisogna essere consapevoli che o ci si impegna

per vivere in un mondo di pace, oppure si e' destinati a morire in un mondo

in guerra. Noi dobbiamo avere speranza mantenendola viva fra di noi. Io ho

grandi speranze per il futuro".

Si e' detto che dei quattro Beatles, John era il piu' geniale. Ma questo non

basta a spiegare il suo mito. Per capire Lennon bisogna scavare nella sua

biografia: cresciuto senza padre e senza madre, affidato ad una zia,

studente mediocre, negli anni '50 e' un tipico teddy boy attaccabrighe.

Senza nemmeno accorgersene si trova catapultato nel precocissimo successo

dei Beatles: soldi, droga, follie da rock star. Si sposa e ha un figlio di

cui non si occupa, travolto dal tour mondiale. Poi, finalmente, l'amore per

Yoko Ono, la voglia di distruggere la gabbia d'oro dei Beatles, le crisi

esistenziali, l'uscita dalla droga, la nascita di un nuovo figlio, la

rinuncia alla musica per fare il padre e il marito. La rinascita.

Quello degli ultimi anni, e' un Lennon riconciliato con se stesso, con i

Beatles e con il mondo: "Non sto piu' cercando niente. Le cose sono

semplicemente cosi' come sono. Non rimpiango e non rinnego niente di quello

che ho fatto, davvero, a parte forse aver ferito altre persone. I Beatles

sono finiti, ma io voglio ancora bene a quei ragazzi... Ho sempre avuto

l'idea della pace: si poteva gia' intuire dalle nostre prime canzoni. Ancor

oggi il messaggio di fondo e' sempre lo stesso: Amore".

Nell'ultimo periodo della sua vita, quasi profetizzando la fine prematura,

Lennon si riconcilio' anche con Dio: "Ho sempre sospettato che ci fosse un

Dio anche quando pensavo di essere ateo. Sono credente e mi sento pieno di

compassione. Lui e' il potere supremo, Lui non e' ne' buono ne' cattivo, ne'

bianco ne' nero: e' e basta. Non ho paura di morire. Sono preparato alla

morte perche' non ci credo. Penso che sia solo uscire da un'auto per salire

su un'altra".

*

A fare di John un personaggio "umano" (molti suoi fans, compreso chi scrive,

lo consideravano un fratello maggiore) e' stata anche la sua ingenuita' e il

suo facile entusiasmo: si imbatte' in molti ciarlatani, profittatori, cui

lui dava fiducia e soldi, fino a che, dopo aver perso svariati miliardi, fu

Yoko ad amministrare il capitale di famiglia mentre John torno' a fare solo

l'artista.

Ma cio' che forse ha contribuito maggiormente a creare il mito Lennon e'

quel suo ritiro volontario dalla scena. Risolti con la psicanalisi i

problemi di mancanza di affetto materno e paterno, trovato un rapporto

equilibrato con Yoko, ha abbandonato musica e affari per dedicarsi a tempo

pieno a fare il papa' casalingo del secondo amatissimo figlio, Sean. Una

scelta che l'ha posto ancora una volta controcorrente, anticipatore di

quella riscoperta dei valori domestici e degli affetti familiari che molti

ora inseguono e che Lennon ha testimoniato nell'ultimo album, uscito

postumo.

Rileggendo oggi le sue dichiarazioni, che facevano tanto scalpore, si

capisce quanto Lennon fosse avanti non solo come musicista, ma anche come

intellettuale: "Per me vale ancora quello che ho scritto piu' di trent'anni

fa in Revolution, quelle parole esprimono bene cio' che provo tutt'ora nei

confronti della politica. Non contate su di me se di mezzo c'e' la violenza.

Non aspettatevi che salga sulle barricate se non con un fiore. A cosa serve

mettere le bombe a Wall Street? Se vuoi cambiare il sistema, cambia il

sistema, non serve a niente ammazzare la gente. Se vuoi la pace non la

otterrai mai con la violenza. L'unico sistema per assicurare una pace

durevole e' cambiare la nostra mentalita': non c'e' altro metodo. I fini non

giustificano i mezzi. La gente ha gia' il potere; tutto quello che noi

dobbiamo fare e' prenderne coscienza. Alla fine accadra', deve accadere.

Potrebbe essere adesso o fra cento anni, ma accadra'".

Quello che resta non e' solo nelle canzoni, ma soprattutto nella sua

immagine, nel suo volto con lo sguardo ora ironico ora malinconico, dal

quale scaturiva l'energia dispensata a tante generazioni che attraverso la

sua musica e le sue parole hanno trovato alimento per far crescere

importanti movimenti culturali o politici.

Per questo Lennon e' uno dei grandi personaggi del Novecento. Il menestrello

della nonviolenza.

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