Alfred Mechtersheimer è stato colonnello dell'aeronautica della Bundeswehr tedesco-occidentale e militare del partito cristiano-sociale bavarese di Franz Josef Strauss.
Oggi è uno dei teorici di rilievo del pacifismo tedesco e ne rappresenta l'anima forse meno disposta all'utopia e più attenta alle realtà e alle prospettive strategiche. "Friedensforscher", scienziato dei problemi della pace, dirige un apposito istituto di ricerca a Starnberg, vicino a Monaco di Baviera. Il partito di Strauss lo ha ormai espulso, ritenendo del tutto incompatibile la sua attività con la propria linea. "Eppure Strauss - afferma l'ex colonnello- una decina di anni fa su certe questioni non aveva idee poi così lontane dalle mie, solo che intanto la situazione è gravemente degradata ed i pericoli di guerra sono aumentati".
Quella di Mechtersheimer non è stata una conversione improvvisa: un tempo aveva creduto di dare il miglior contributo alla causa della pace impegnandosi all'interno delle forze armate e in un partito che cercava, lungo un sentiero non dissimile dal gollismo francese, una maggiore autonomia europea rafforzando una "terza componente" tra le due potenze mondiali
Dopo il colpo di Stato di Jaruzelski in Polonia il movimento per la pace in molti paesi ha subito un improvviso riflusso: un po' perché non riusciva a pronunciarsi sulla Polonia, o sembrava stentare, ed un po' perché non si poteva semplicemente continuare come prima facendo finta che non fosse successo niente. Cosa ne pensa?
Il movimento per la pace non è una specie di governo-ombra che debba pronunciarsi in ogni momento su ogni questione. Esso è nato in particolare dalla paura di una guerra atomica, soprattutto in Europa. E non può stupire che negli eventi polacchi noi vedessimo un possibile focolaio di guerra. Come reagire ora, evitando di farne una scintilla bellica? A me sembra che il governo federale tedesco abbia scelto una buona strada, non interrompendo il dialogo con l'Est e cercando di fare pressioni efficaci in favore dei detenuti e delle libertà democratiche e sindacali, ma senza ricorrere ad alcun boicottaggio che avrebbe solo aumentato la tensione. E visto che il governo questa volta, almeno nel nostro paese, ha agito abbastanza bene, non c'era bisogno che il movimento per la pace intervenisse come "istanza di rettifica".
Lei pensa dunque che sia prioritario non inasprire la tensione Est-Ovest, e le tensioni in generale?
Produrre instabilità è una politica pericolosa. Forse bisogna convincersi che il difficile compito di cambiare le strutture sociali nell'Est europeo deve essere subordinato all'obbiettivo della stabilità e della sicurezza dell'Europa intera. Ed in Polonia, per l'appunto, le cose sono precipitate troppo velocemente. Con tutto il rispetto per Walesa, ma credo che abbiamo tenuto in troppo poco conto la realtà complessiva.
In Italia, comunque, dopo il golpe polacco è diventato molto più difficile manifestare credibilmente per la pace
In Italia in fondo non c'è ancora un movimento per la pace che penetri realmente in tutti gli ambiti della società e dello stato; ho l'impressione che l'Italia si trovi ad un livello come l'Olanda di quattro anni fa o come la Germania Federale un anno e mezzo fa, al tempo della discussione sulla bomba N forse anche per questo il golpe polacco ha prodotto effetti così paralizzanti.
Nel movimento per la pace si osservano oggi le tendenze più svariate: c'è chi si mobilita contro le superpotenze, con qualche accentuazione gollista magari ( dissuasione attraverso la propria "force de frappe"); c'è chi sostiene, impostazioni neutralistiche; c'è chi si batte radicalmente per il disarmo, anche unilaterale. Lei che ne pensa?
Su alcune questioni di fondo c'è consenso, e questo è già molto importante. Ma le idee di rinuncia totale alla violenza armata o del "vivere senza armi" non riescono a conquistare la maggioranza. Si pensi soltanto all'enorme tensione che esiste in Unione Sovietica tra governanti e governati: già in questo dislivello pauroso postula un enorme potenziale militare. Quindi ci sarà, per converso, da parte occidentale sempre una larga maggioranza che sostiene la necessità di sapersi difendere. Ci sono tuttavia lunghi tratti di strada che si possono percorrere in comune, anche con coloro che vogliono "vivere senza armi" o vorrebbero uscire dalla Nato. Io per esempio ritengo che la rivendicazione di uscire dalla Nato sia sbagliata, oggi, ma che essa sia ugualmente compatibile con una concezione difensiva orientata alla Nato, visto che anche chi vuole uscire dalla Nato deve comunque oggi lottare per cambiarla, per renderla più europea. In fondo anche chi vuole uscire dalla Nato sa che noi siamo un potenziale obiettivo delle armi nucleari dell'altra parte e che quindi esiste un problema di difesa.
In ogni caso penso che oggi la battaglia per il ritiro di tutte le armi nucleari dall'Europa possa essere un obbiettivo comune anche con chi ci accusa di essere "alternativi" solo nel modo di morire.
Qualche volta si rinfaccia al movimento per la pace di perseguire rispetto all'Unione Sovietica ed alle superpotenze in generale una linea di "appeasement", di morbidezza rinunciataria, di riabbonimento arrendevole, un po' come lo facevano le potenze occidentali nei confronti di Hitler nel 1938.
Beh, bisognerebbe domandarsi se un atteggiamento diverso dell'occidente allora sarebbe servito a qualche cosa. A me comunque non sembra che nel movimento per la pace ci sia una mentalità arrendevole e di "appeasement". Anzi, in fondo questo movimento non è neanche pacifista, ma un fronte di lotta molto deciso contro le superpotenze, contro l'armamento nucleare istallato sul proprio suolo, anche contro i propri governi. Si postulano strategie militari diverse, modificate per servire la pace: non si può sottovalutare anche la forte componente di disponibilità alla difesa ed alla resistenza che c'è in tutto questo.
In fondo noi chiediamo soltanto che le strategie militari servano davvero alla difesa della patria, mentre quelle che sono in vigore oggi servono solo alla distruzione delle nostre patrie.
Secondo lei nel movimento per la pace l'avversione anti-Usa ed anti-Urss è equamente ripartita'
No, non credo. Ma bisogna tener conto che ognuno viene giudicato secondo il suo metro. E siccome l'Unione Sovietica non proclama la propria vocazione a portare libertà, democrazia e disarmo, uno in fondo non se l'aspetta neanche. Gli Stati Uniti invece alla fine della seconda guerra mondiale ci hanno ricollegato alla democrazia ed alle sue regole - ecco perché Reagan viene percepito in modo assai più provocatorio. Ma certamente c'è un fatto nuovo enormemente importante e positivo: comincia ora a svilupparsi un movimento per la pace anche all'Est. Anche in Germania Orientale, benché quel governo si trovi in posizione meno esposta del nostro, non avendo stazionato un grande potenziale nucleare sul proprio territorio di cui si potrebbe chiedere l'allontanamento.
Quali forze sono le più attive nel movimento per la pace?
La componente più importante, fin dall'inizio, sono state sicuramente le donne. Hanno un modo loro proprio di affrontare e risolvere i conflitti, forse si sta anche imponendo un loro concetto di sicurezza, differente da quelle finora dominante: punta di più a salvare se stessi che non a colpire l'avversario. Chissà forse ci si prospetta una "femminizzazione" della conflittualità e sarebbe un grande successo per la pace. Può darsi anche che una tradizionale vocazione della donna - quella di dare e di conservare la vita- trovi una nuova ragione pubblica e collettiva nella lotta per la pace.
E gli obbiettivi immediatamente più importanti, secondo lei?
Resta al centro la lotta contro il "recupero Nato", come viene chiamato l'attuale riarmo che viene fatto passare per riequilibrio necessario. Non è solo la battaglia contro 572 nuove armi in Europa, ma ci si trova di fronte ad una nuova qualità degli armamenti: è la programmazione vera e propria di una guerra nucleare in Europa, che viene messa realisticamente in conto. Quindi bisogna innanzitutto fermare quelle armi se si vuole fermare la guerra nucleare sul nostro continente.
A cura di
ALEXANDER LANGER