La Maieutica Reciproca. L'attualita' degli Insegnamenti di Danilo Dolci
di Alberto L'abate

Da "Scienza e pace", n. 11, 4 luglio 2006 (disponibile nel sito:
www.scienzaepace.unipi.it).
"Scienza e pace" e' la rivista del "Centro interdisciplinare scienze per la
pace" dell'Universita' di Pisa (per contatti: via Gioberti 39, 56124 Pisa,
tel. 0502211200/1, fax: 0502211206, e-mail: redazione@cisp.unipi.it).
Alberto L'Abate (per contatti: labate@unifi.it) e' nato a Brindisi nel 1931,
docente universitario di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace,
promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione
dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla
nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i
conflitti; amico e collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle
iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente;
come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto
dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della
Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a
Pristina, e si e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la
riconciliazione"; e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi
civili di pace.

Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno
Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto
e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo,
La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana,
Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001.


Come e' noto il primo pensatore a parlare di maieutica e' stato Socrate che
aveva dato questo nome al suo metodo di insegnamento. Egli infatti
paragonava il ruolo dell'insegnante a quello della levatrice. Questa non ha
alcun ruolo nel concepimento del nascituro, ed aiuta solo la puerpera nel
metterlo alla luce. Cosi' l'insegnante deve cercare di aiutare gli allievi a
far emergere le qualita' e capacita' che sono gia' in loro, ma che le
condizioni esterne spesso costringono a tenere dentro ed a non far uscire
verso l'esterno. Da qui l'importanza della maieutica nella crescita e nello
sviluppo delle persone. E' chiaro che questa impostazione non mette tanto al
centro della formazione l'accumulazione delle conoscenze, quanto la
formazione del carattere delle persone stesse. Le conoscenze, infatti,
possono venire dall'esterno, ma il carattere, per svilupparsi, deve fare i
conti con le qualita' interiori dell'individuo, e con le sue capacita' di
ascolto, di empatia, di impegno ecc. che possono essere rinforzate ed
incoraggiate (questo il ruolo del maieuta) ma non possono venire
semplicemente trasmesse dall'esterno.
*
Un autore italiano che si e' ispirato, nella propria attivita' pedagogica,
alla maieutica socratica e' Danilo Dolci. Questi, che e' stato chiamato "il
Gandhi Italiano", dopo aver fatto studi di architettura decise di lasciare
l'universita' per vivere in una comunita', Nomadelfia, che si occupava di
bambini abbandonati. Ma poi, non appagato da questa scelta, decise di
trasferirsi in una delle zone piu' povere d'Italia, a Trappeto, un piccolo
paese della Sicilia occidentale, che lui aveva conosciuto da bambino
seguendo il padre capostazione nei luoghi dove questi aveva lavorato.
Come scrive uno dei suoi piu' noti biografi, Giuseppe Barone: "Nel 1952...
il 14 ottobre... da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, nel letto di
un bambino morto per denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando
le autorita' si impegnano a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna". Dopo qualche anno di studio dei problemi della
zona e di iniziative per cercare di migliorarle, pubblica Banditi a
Partinico, che serve a far conoscere all'opinione pubblica italiana e di
altri paesi le disperate condizioni di vita della Sicilia occidentale. Il
libro e' una specie di atto d'accusa verso le autorita' che, invece di
pensare ad aiutare la popolazione a superare il proprio stato di miseria,
spendono solo per reprimere il banditismo, e per mettere in prigione i ladri
ed i mariuoli, spesso pero' lasciando liberi proprio i dirigenti della
mafia, con cui in molti casi i dirigenti politici sono collusi.
L'iniziativa che fara' conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale
Danilo Dolci sara' lo "sciopero alla rovescia" del 2 febbraio 1956. Per
sostenere il diritto al lavoro, sancito dalla Costituzione Italiana, ed il
fatto che di lavori utili alla collettivita' ce ne sono molti, Danilo, con
varie centinaia di persone disoccupate della zona, si mette a riaggiustare
una strada comunale in pessime condizioni e quasi intransitabile. Lui e gli
altri disoccupati saranno accusati di "occupazione abusiva di suolo
pubblico" e processati . Ma il processo a loro si trasformera' in un
processo contro lo Stato italiano. Tutti i migliori avvocati italiani si
offriranno infatti volontariamente per difenderlo, e sottolineeranno
l'assurdita' di un processo a persone che cercano solo un diritto - quello
al lavoro - che la Costituzione Italiana riconosce loro, ma che lo Stato
italiano non cerca invece di promuovere realmente.
In quel periodo Dolci ottiene il "Premio Lenin per la pace" (1958); con i
soldi del premio Dolci costituisce il "Centro studi e iniziative per la
piena occupazione" che si occupera' di studiare a fondo i problemi della
zona ed i modi per stimolare un reale sviluppo economico, dal basso, che
vada a vantaggio dei piu' poveri e non dei mafiosi o della classe dirigente.
Ecco cosa scrive Barone sul lavoro di Dolci: "Per tanti avversari Dolci e'
solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare ed ascoltarsi, a
scegliere, a pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore
antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a
concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia".
"E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che
prende corpo l'idea di costruire la diga del fiume Jato, indispensabile per
dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla
mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili
uno strumento di dominio" (Barone, 2002).
E dopo anni di studi, progetti e lotte la diga verra' costruita, e con
questa verra' data vita anche ad una cooperativa di contadini della zona che
gestiranno in proprio l'acqua in questa raccolta, che servira' anche a
dissetare gli abitanti della citta' di Palermo, e che, con l'aiuto anche dei
tecnici agricoli assunti dal Centro creato da Dolci, aumentera' notevolmente
la produzione ed il reddito della popolazione della zona.
L'idea della costruzione di questa diga era stata presentata, in una delle
riunione fatte da Dolci con la popolazione della zona per discutere sui
problemi e sulle loro possibili soluzioni, da un povero contadino che
soffriva, come gli altri, della carenza di acqua, controllata dalla mafia e
venduta a prezzi inaccessibili per loro. Da questa esperienza nasce, in
Dolci, l'idea della "maieutica reciproca", per sottolineare appunto che non
esiste un solo maieuta, il docente, ma che la verita', e la soluzione dei
problemi, va ricercata insieme, soprattutto con le persone che di quel
problema stesso soffrono.
*
Ma per comprendere meglio l'impostazione di Dolci e' bene far riferimento ad
un suo saggio pubblicato nel 1968: "Cosa e' pace?". In esso Dolci prende in
esame vari dizionari della lingua italiana, ed alcuni anche di altri paesi,
e nota come in tutti la pace e' vista come un concetto negativo, come
assenza di guerra. E sottolinea la necessita' di vederla invece come un
concetto positivo, e per far questo da' alcune indicazioni metodologiche:
1. "Voler sapere, voler capire", che comporta una osservazione sistematica,
un lavoro di ricerca e di scoperta per documentarsi, per superare
l'ignoranza ed i pregiudizi, ecc.
2. "Avere il coraggio di chiarire il fronte delle difficolta' da vincere", e
cioe' la necessita' di vedere le collusioni tra la mafia locale e gli organi
dello Stato, e di capire che una vera democrazia deve garantire a ciascuno
la possibilita' di lavorare, di sapere, di esprimersi, e che il lavoro per
la pace non e' facile.
3. "Essere rivoluzionari", e cioe' cercare di superare i comportamenti, sia
individuali che di gruppo, che cercano di mantenere la situazione come e'
attualmente, o di modificarla solo in modo quasi impercettibile. Scrive
Danilo: "L'azione nonviolenta e' rivoluzionaria anche in quanto, con la sua
profonda capacita' di animare le coscienze, mette in moto altre forze pure
diverse nei metodi. Ciascuno che aspira al nuovo fa la rivoluzione che sa...
Chi pensa che la guerra sia la forma suprema di lotta, il modo di risolvere
i contrasti, ha una visione ancora molto limitata dell'uomo e dell'umanita'.
Chi ha effettiva esperienza rivoluzionaria sa come, per riuscire a cambiare
una situazione, deve fare appello, esplicitamente o meno, ad un livello
morale, oltre che materiale, superiore a quello imperante; sa come
l'appellarsi a principi piu' esatti, ad una morale superiore, divenga
elemento di forza effettiva: e in questo modo la sua azione e'
rivoluzionaria anche in quanto contribuisce a creare nuova capacita', nuova
cultura, nuovi istinti: nuova natura dell'uomo. Personalmente, sono persuaso
che la pace si identifica con l'azione rivoluzionaria nonviolenta" (pp. 229-
230).
4. "Saper sperimentare". Per Dolci la sperimentazione e' indispensabile
perche' senza una esperienza diretta l'individuo ed i gruppi piccoli e vasti
non sanno cercare, operare, vivere insieme, combattere in modo nuovo.
5. "Non vendersi". Danilo sottolinea come il vendersi, soprattutto da parte
degli intellettuali, il prostituirsi ai potenti, agli sfruttatori, a quelli
che lui definisce "i veri fuorilegge", non solo fa male a chi lo fa ("ci
limita, ci disfa") ma permette a questi ultimi di resistere nelle loro
posizioni di prepotenza. "Scegliere secondo necessita' e coscienza - certo,
non e' facile -, rifiutarsi ad ogni professione o occasione che ci impegni
in sfruttamenti ed assassinii di ogni genere, e' un contributo fondamentale
per rompere il sistema delle clientele, dal livello di strada a quello
internazionale" (p. 234).
6. "Saper mettere fuori legge i veri fuorilegge". Per questo e' necessario
far leva su leggi morali e giuridiche piu' elevate, o anche su leggi solo
democratiche, perche' questo permette di far venire alla luce chi e'
veramente fuorilegge, chi tortura ingiustamente, chi sfrutta il lavoro
lasciandolo insicuro, chi fa brogli elettorali, chi spreca denaro pubblico,
chi impedisce le liberta' di espressione, di riunione, di informazione. Ma
per far questo bisogna raccogliere dati precisi, documentati, sistematici,
anche eventualmente con fotografie, in modo da avere prove schiaccianti che
non possano essere negate. Ma soprattutto e' necessario "mettersi in
condizione di far le nuove leggi e le strutture nuove necessarie" (p. 235).
7. "Saper muovere fronti nuovi". Secondo Danilo le armi sono nate per la
difesa dei nostri antenati per far loro procurare cibo tra belve feroci, e
percio' come utili strumenti per la loro sopravvivenza. Ma attualmente
queste armi sono "anacronismi assurdi", sono dei mostri che sputano fuoco e
distruggono in un attimo citta' costruite dall'opera di milioni di persone
in migliaia di anni. "Non solo dobbiamo sgonfiare questi mostri - scrive
Danilo - non alimentandoli e non lasciandoli nutrirsi di noi: dobbiamo
sapere chiaramente in ogni nostra fibra che questi mostri noi li abbiamo
costruiti, e noi li possiamo distruggere creando altro... Nella misura in
cui si riesce a interpretare e ad esprimere le profonde esigenze di
migliaia, di milioni, di centinaia di milioni, di miliardi di uomini, e li
si aiuta a prendere coscienza di se' e dei propri problemi, ad avviare
iniziative alternative di ogni tipo, dal minimo al piu' alto livello, a
premere con efficacia, in quella misura si riesce a mettere in moto una
forza concretamente rivoluzionaria" (p. 236).
8. "Saper pianificare organicamente". Scrive Danilo, a proposito di questo
passo che per lui e' la conclusione fondamentale di tutto il percorso:
"L'opposto dello scontrarsi-incontrarsi del caos, del lasciare tutto
accadere a caso, della furbizia delle lotterie, e' pianificare; l'opposto di
essere mostri, e' svilupparsi organicamente. All'umanita' necessita
raggiungere la sua unita' organica: la pace non viene a caso, e' inventare
il futuro. Se e' piu' facile che una pianificazione risulti efficace
disponendo del potere, non si devono sottovalutare le possibilita' della
pianificazione d'opposizione. Una delle insufficienze di certi movimenti
rivoluzionari e' la debolezza del loro fronte costruttivo rispetto alla loro
capacita' di coscientizzare, o al peso che riescono a raggiungere nella
protesta, nella pressione. La costruzione di nuovi gruppi organici e la
demolizione dei vecchi sistemi devono procedere coordinate, potenziandosi a
vicenda: il crescere di una alternativa persuasiva incoraggia la denuncia e
l'attacco ai vecchi gruppi; d'altra parte la perdita di autorita' delle
vecchie strutture facilita lo sviluppo delle nuove" (p. 237). Ma per questo,
sottolinea Danilo, e' necessaria una assunzione di responsabilita' sia degli
individui che dei gruppi, in particolare non collaborando a quanto vi e' di
insano e di superato nella societa' attuale, ed inventando un futuro
diverso. "Nuovi rapporti nell'umanita' - scrive Dolci - possono si'
realizzarsi in quanto si costruiscono nuove visioni d'insieme, nuove
qualita' di rapporto, nuovi centri mondiali, nuove strutture nazionali ed
internazionali, nuovi metodi di rapporto, ma nella misura in cui a livello
individuale, di gruppi, di popoli, tutto questo viene maturato: il processo
e' interdipendente. E' necessario passare da un mondo autoritario e
frammentato ad un mondo pluricentrico e coordinato" (ibid.). E Danilo
conclude il saggio con un paragrafo intitolato: "Pace e' un modo diverso di
esistere", nel quale scrive: "La pace che amiamo e dobbiamo realizzare non
e' dunque tranquillita', quiete, assenza di sensibilita', evitare i
conflitti necessari, assenza di impegno, paura del nuovo, ma capacita' di
rinnovarsi, costruire, lottare e vincere in modo nuovo: e' salute, pienezza
di vita (anche se nell'impegno ci si lascia la pelle), modo diverso di
esistere" (ibid).
*
Dolci e' morto il 30 dicembre 1997, ma il suo insegnamento e' ancora
attualissimo.
In questi ultimi tempi si parla molto del movimento che lotta contro
l'attuale modello di sviluppo e contro il processo di globalizzazione che
mette al centro del suo interesse il mercato e lo sviluppo economico di
pochi paesi ricchi, emarginando i piu' poveri. Questo nuovo movimento
ricerca invece una "globalizzazione dal basso", negli interessi degli
ultimi. Ed anche se a Porto Alegre e nel Forum Europeo di Firenze c'e' stata
una seria ricerca di una alternativa positiva al modello di sviluppo ancora
dominante un problema non ancora del tutto risolto nel movimento e' quello
del metodo nonviolento, sul quale ci sono opinioni divergenti, e che e'
invece al centro di tutto il lavoro di Danilo. Credo percio' che le idee di
Danilo, il suo lavoro, ed i suoi libri, siano di estrema importanza per
tutto il movimento alternativo attuale che dovrebbe conoscerli meglio ed
ispirarsene.
*
Bibliografia minima
- Barone Giuseppe, Introduzione al libretto di Danilo Dolci, Girando per
strade e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002.
- Barone Giuseppe, La forza della nonviolenza: Bibliografia e profilo
biografico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000.
- Dolci Danilo, "Cosa e' pace?", in Idem, Inventare il futuro, Laterza, Bari
1968.
- Dolci Danilo, a cura di, Bozza di manifesto: "Dal trasmettere al
comunicare", Edizioni Sonda, Torino 1989.
- Dolci Danilo, La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia,
Scandicci (Firenze) 1996.
- Mangano Antonino, Danilo Dolci educatore. Un nuovo modo di pensare e di
essere nell'era atomica, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di
Fiesole (Firenze) 1992.
- Morgante Tiziana Rita, Maieutica e sviluppo planetario in Danilo Dolci,
Lacaita, Manduria (Taranto) 1992.

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