Un Commento a Galtung di Enrico Peyretti Tratto da La Nonviolenza e in Cammino Johan Galtung e' un maestro dei maggiori nella ricerca della pace. Ascoltarlo e' un nutrimento dell'intelligenza e della creativita', nel pensare e analizzare i conflitti per trasformarli in forme nonviolente e positive. In un bel convegno a Torino sulla mediazione, organizzato dal Centro studi "Sereno Regis", il 3 dicembre, ha detto, en passant, che al termine "nonviolenza", che suona ancora negativo, preferisce l'espressione "pace con mezzi pacifici" (titolo di uno dei suoi libri piu' importanti, Edizioni Esperia, Milano 2000). Credo che il suggerimento vada raccolto ma anche discusso. Il termine "nonviolenza", oltre la nobilta' della tradizione, ha il merito di conservare in se' l'elemento negativo - la violenza - sempre da guardare e conoscere per superarla, nelle nostre persone e nella storia umana. Gandhi propose e diffuse (quasi cento anni fa) il termine "satyagraha", che possiamo tradurre con "forza della verita'", "forza dell'anima". Martin Luther King parlo' di "forza di amare". Sono termini chiaramente positivi, che affermano la differenza essenziale tra forza, che e' virtu' umana e costruttiva, e violenza, che e' offesa, distruzione, male causa di mali. Su questa linea si possono fare altri tentativi (una piccola proposta, che feci tempo fa, era "forzavera"). Ma credo che diffondere l'uso di "satyagraha" nella nostra lingua, mantenendo pero' anche "nonviolenza", sarebbe la soluzione migliore. * In un altro punto di questa sua ultima ricca conversazione torinese, Galtung ha detto di cercare la pace per motivi non morali o religiosi, ma pragmatici: ridurre i mali e le sofferenze. Mi pare giusto, ma del tutto non sufficiente. La questione della violenza e della pace ha a che fare con la questione massima del male e del bene, per quanto ardua questa si presenti agli esseri umani: ardua ma centralissima nell'esistenza e assolutamente chiara e primaria e ineludibile per vivere in modo degno. Cosi', la violenza e la pace sono una essenziale questione religiosa: cioe' di significato e di salvezza dell'esistenza umana. Non solo salvezza dalla catastrofe fisica totale, preparata e programmata dalla logica di guerra, dagli armamenti odierni e dall'antropologia violenta, ma soprattutto salvezza dalla catastrofe morale. Le religioni non hanno sempre e tutte messo al loro centro questa questione, e hanno persino santificato la guerra, con una bestemmia gigantesca, ma questa loro grave colpa non fa altro che denunciare e segnalare nuovamente la necessaria vocazione e impegno di pace di ogni via religiosa, sotto pena di perdere ogni senso. A mio parere convinto, la pace ha un bisogno essenziale di criticare le infedelta' delle religioni per potere ottenere il loro apporto necessario e prezioso alla mutazione pacifica delle culture e delle politiche umane, dalla competizione dura alla cooperazione. |