Il Medio Oriente e il Modello dell'unione Europea Come Soluzione di Johan Galtung Tratto da La Nonviolenza e in Cammino Ringraziamo gli amici del Centro studi "Sereno Regis" di Torino per averci inviato il seguente recentissimo intervento di Johan Galtung; il titolo originale e' "The Middle East and the EU Model as a solution", il testo originale e' nel sito www.Transnational.org, la traduzione (purtroppo frettolosa e inadeguata) e' a cura del Centro studi "Sereno Regis" di Torino. Non c'e' bisogno di dire che alcune delle cose che qui afferma Galtung ci trovano in netto dissenso (p. s.). Johan Galtung, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research e una delle piu' autorevoli figure della nonviolenza. Una bibliografia completa degli scritti di Galtung e' nel sito della rete "Transcend", il network per la pace da lui diretto, cui rinviamo: www.transcend.org. Dal quotidiano "Il manifesto" riprendiamo la seguente scheda su Galtung: "Johan Galtung (Oslo, 1930) e' il piu' insigne teorico dei moderni studi della pace. Fondatore nel 1959 dell''International Peace Research Institute' di Oslo, consigliere presso le Nazioni Unite, professore onorario in numerose universita', tra cui la Princeton University e la Freie Universitaet di Berlino, e' attualmente titolare della cattedra di 'Peace Studies' presso l'Universita' delle Hawaii. Galtung ha dato vita nel 1964 al 'Journal for Peace Research' e nel 1987 e' stato insignito del 'Right Livelihood Award' (il cosiddetto 'Premio Nobel alternativo per la pace'). Fondatore e direttore di 'Transcend' (www.transcend.org), un'organizzazione internazionale per la risoluzione nonviolenta dei conflitti che opera in tutto il mondo, e' il rettore della Transcend Peace University. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia e' La pace con mezzi pacifici (Esperia Edizioni)" L'indicibile tragedia che si sta svolgendo in questa sesta guerra tra Israele e il mondo arabo dovrebbe obbligarci a focalizzare la nostra attenzione su come potrebbe essere realizzata la pace in quest'area. I punti principali sono chiari, ma sono minacciati in particolare da coloro che smettono di pensare proprio quando ve ne sarebbe piu' bisogno. Questi punti sono: 1. Le risoluzioni 194 e 242 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che chiedono il ritorno dei palestinesi e il ritiro di Israele ai confini del 1967 (prima della guerra del giugno di quell'anno). 2. La risoluzione del Consiglio nazionale palestinese del 15 novembre 1988, che accetta la soluzione dei due stati. 3. La proposta avanzata dall'Arabia Saudita nel 2002 che Israele si ritiri entro i confini del 1967 in cambio del riconoscimento di tutti gli stati arabi. Applicando questi punti si otterrebbero due stati tra loro confinanti, con Gerusalemme Est e la Cisgiordania (West Bank) che ritornano alla Palestina (Israele si e' gia' ritirata da Gaza), le alture del Golan restituite alla Siria, e qualche problema minore di confine da risolvere, talvolta attraverso aggiustamenti creativi. Nessuna grande rivoluzione, solo buon senso. Ma ci sono anche richieste minime e massime da entrambe le parti. La Palestina ha tre richieste minime, non negoziabili: - uno stato palestinese secondo i punti 1 e 2 precedenti, con - Gerusalemme Est capitale, e - il diritto al ritorno, inteso come diritto ma negoziabile nella quantita'. Israele ha due richieste minime, non negoziabili: - riconoscimento dello stato ebraico di Israele - entro confini sicuri. Tutti i cinque punti sono legittimi, e compatibili. La legittimita' palestinese si basa sulla continua permanenza, e quella ebraica sull'attaccamento al territorio nella loro narrazione culturale e sulla residenza nel passato. Essa non si basa sulla loro sofferenza causata per mano della Germania e dell'Europa. Ogni richiesta territoriale su questa base dovrebbe essere risolta a scapito della Germania. Le richieste sono compatibili perche' possono essere soddisfatte dalla soluzione dei due stati entro i confini del 1967, come precisato piu' avanti. Ma ci sono anche degli obiettivi massimi: una Grande Israele (Eretz Israel) definita dalla Genesi, tra i due fiumi Nilo ed Eufrate (o qualcosa del genere), e da parte palestinese/musulmana/araba nessuna Israele del tutto, cancellata dalla mappa. La loro incompatibilita' e' ovvia. Ma sono anche illegittime. C'e' piu' che una base di fatto per l'esistenza di una stato ebraico, anche non con tale estensione. Quanto sono forti le richieste massime? Una delle principali conseguenze tragiche di questa guerra e' che essa rafforza i massimalisti, non solo l'"odio". Da parte israeliana alcuni considereranno i confini sicuri solo se saranno sufficientemente lontani, almeno per quanto riguarda il disarmo di chiunque sia ostile a Israele. E il loro numero cresce per ogni giorno, settimana, mese (?) di guerra. Da parte araba/musulmana alcuni penseranno che la soluzione con Israele e' nessuna Israele del tutto; non c'e' dubbio che anche il loro numero sta crescendo. Le due posizioni massimaliste sono emotivamente e intellettualmente soddisfacenti, essendo semplici, facili da comprendere. E non significano altro che una guerra senza fine. Gli arabi debbono accettare in qualche modo lo stato di Israele, ma non il sovraesteso, belligerante mostro di oggi. E gli ebrei debbono capire che il colonialismo degli insediamenti, l'occupazione e la continua espansione non porteranno mai a confini sicuri. * La strada per la sicurezza passa attraverso la pace. Non c'e' una strada per la pace che passa attraverso la sicurezza nel senso di eliminare il sostegno popolare degli Hezbollah e di Hamas, eletto democraticamente. Quello che forse potrebbe funzionare contro dei piccoli gruppi meno profondamente radicati non funzionera' mai oggi. Ci saranno nuovi gruppi emergenti ogni volta. I governi possono essere comprati o minacciati sino a renderli consenzienti, ma le popolazioni no. Dietro Israele vi sono dei governi sempre piu' indisponibili, anche dietro il colonialismo degli insediamenti: Usa, Gran Bretagna, Australia. Dietro la Palestina c'e' il mondo arabo e musulmano, considerevolmente piu' ampio: circa 1,3 miliardi, in crescita, contro 0,3 miliardi, in diminuzione. La posizione di pace intermedia tra le due parti dev'essere resa altrettanto affascinante. C'e' il possibile punto di incontro del 1967 con piccole revisioni secondarie e l'idea di due stati con capitali in Gerusalemme, che quindi diventerebbe una confederazione di due citta', Est e Ovest. Ma ci sono ancora due richieste a cui rispondere: il bisogno di sicurezza di Israele e il diritto dei palestinesi per una qualche forma di ritorno, limitato. Il riconoscimento dell'Arabia Saudita e' una condizione necessaria ma non sufficiente per una pace positiva. Gli stati sovrani possono riconoscersi tra loro e ciononostante entrare ancora in guerra. Devono essere interconnessi tra loro in una rete di interdipendenza positiva che renda la pace sostenibile desiderabile a entrambi. Poiche' Israele vuole dei confini sicuri, perche' non focalizzarsi sui paesi confinanti: Libano, Siria, la Palestina riconosciuta, Giordania ed Egitto? Immaginiamo che i cinque paesi confinanti aggiungano al riconoscimento la disponibilita' a prendere in considerazione l'idea di una Comunita' del Medio Oriente, sulle linee della Comunita' Europea, come strumento principale per una pace sostenibile nella regione. La formula che ha funzionato per la Germania puo' funzionare anche per Israele. Ci sarebbe ancora il problema del ritorno dei palestinesi, mezzo milione soltanto in Libano. E c'e' il problema di alcuni settori della Cisgiordania che fanno parte della narrazione del passato di Israele. Allora, perche' non scambiare gli uni con gli altri? Alcuni cantoni ebrei nella Cisgiordania sotto la sovranita' palestinese in cambio di alcuni cantoni arabi sotto la sovranita' israeliana? Entrambi gli stati potrebbero diventare delle federazioni invece che stati unitari che comunque sono relitti del passato. Gli accordi non governativi di Ginevra non sono un punto di partenza perche' inadeguati sui tre punti principali: - Gerusalemme Est come capitale e il diritto al ritorno non sono negoziabili; - I confini possono diventare ragionevolmente sicuri solo in una comunita' di pace, come l'Unione dei paesi nordici, l'Unione Europea, l'Asean. * La soluzione di pace e' affascinante per essere cosi' ovvia. Ma non e' cosi' ovvia per i leader occidentali e di Israele che si stanno incamminando lungo la strada del Vietnam, con Israele : Libano = Usa : Vietnam. Gli Usa non vinsero e si ritirarono. Lo stesso succedera' a Israele. Ancora piu' giu', lungo la stessa strada di folle stupidita', dove ci attendono l'11 settembre e l'Iraq. C'e' l'idea di un Libano diviso in due parti, con forze internazionali che pacifichino un sud isolato da due mali esterni, Siria e Iran. Destinata a fallire come in Vietnam. Hezbollah e' parte del Libano come i vietcong in Vietnam. E le armi sono facilmente disponibili. C'e' l'uccisione indiscriminata dei civili, in linea con i due punti dichiarati dal capo dell'esercito israeliano, generale Dan Halutz: bombardare dieci palazzi nel quartiere sciita di Beirut per ogni missile katyusha lanciato contro Israele, e "bombardare il Libano per riportarlo vent'anni indietro" ("El Pais" del 28 luglio, "Haaretz" e "Jerusalem Post"; gli Usa dicevano: indietro all'eta' della pietra). Anche Hezbollah uccide civili, ma il rapporto e' di almeno 10:1. Il rapporto finale puo' essere vicino al famoso ordine di Hitler del 1941 di uccidere 50 civili per ogni soldato tedesco ucciso dai "terroristi" (usavano questo termine): Lidice nella Repubblica Ceca, Oradour-sur-Glane in Francia, Kortelisy in Ucraina. Oggi gran parte del Libano e' usato per una punizione collettiva. E per Israele le vite degli ebrei valgono molto di piu' di quelle arabe. C'e' l'idea ingenua che la violenza scomparira' se Hezbollah verra' disarmato, secondo le indicazioni della risoluzione 1559 dell'Unsc. Ma questa risoluzione non ha alcun senso senza la 194 e la 242. Israele non puo' scegliere la risoluzione che vuole, affidandosi agli Usa per controllare per sempre l'Onu. E gli Hezbollah rinasceranno. C'e' un conflitto, il conflitto invoca una soluzione, la soluzione e' a portata di mano e ungiorno sara' cosi' ovvia come la Comunita' Europea / Unione Europea. Ognuno deve lavorare per una pace reale come complemento politico di un immediato cessate il fuoco umanitario. Aiutare Israele a impantanarsi nella strada del Vietnam e' una solidarieta' cieca, non un atto di amicizia. Gli europei debbono mettere a disposizione il talento e l'esperienza della Comunita'/Unione Europea per una pace sostenibile, non per una guerra infinita e crescente. Questo e' un atto di dovuta amicizia. E Israele stessa? La prossima generazione dovra' pur mettere in discussione la saggezza del maggiore ideologo sionista, Vladimir Yabotinsky, ispiratore di Begin, Netanyahu, Sharon e ora Olmert. Per Yabotinsky c'erano solo due opzioni, in alternativa "autosacrificio impotente, umiliante oppure un furore militante invincibile" (Jacqueline Rose, The Zionist imagination, in "The Nation", 26 giugno 2006, p. 34). Per Yabotinsky, gli ebrei sono stati umiliati, disonorati con la violenza, e la risposta e' la militanza, la violenza. Questa visione, oltre a fare della violenza la pietra angolare dell'esistenza umana, non tiene conto della terza possibilita': negoziato, accordo, pace. E gli arabi, i musulmani? Qualcosa di analogo. Ma l'Islam comprende una terza possibilita': non solo dar-al-Islam, ma anche dar-al-Harb, la Casa della Pace, la Casa della guerra, ma c'e' anche dar-al-Ahd, la coesistenza con gli infedeli, possibilmente in una comunita', non troppo vicina, non troppo distante. Forse anche una Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Medio Oriente. L'attuale generazione dovra' anche elaborare quest'idea piu' in dettaglio, oggi. Quando verranno queste generazioni, dove ci troveremo? Difficile dirlo. I tre punti principali per la pace sono presenti da qualche tempo, ma nulla sembra accettabile per Israele. Non sono mai stati presenti nella mente collettiva, nello spazio pubblico. La pressione esterna non fa che confermare la rigida dicotomia di Yabotinsky. Se Israele vuole la sicurezza, la maggior parte di Israele deve volere la pace. Questo ci lascia con i massimalisti. Il loro argomento piu' forte contro i moderati e' "la vostra proposta non funziona". E il controargomento piu' forte, come per l'Eta e per l'Ira, e' di dimostrare che sbagliano. |