Non menzogna e non uccisione
di Aldo Capitini

Elementi di un'esperienza religiosa, in Scritti filosofici e religiosi,
Aldo Capitini, Protagon, Perugia 1994 pp.32-33.
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Io non sono solo, non sono il solo individuo, altri furono prima di me, altri vi sono ed altri verranno: individui esistenti concretamente, pensanti e viventi con una incomparabile somiglianza a me. Se un'unità intima mi lega al libro,all'opera d'arte del tale o del tal altro, un'unità mi lega con l'altro essere umano. Egli non è tanto altro che non vi sia un'unità profonda, un atto che ci leghi. Come ho sperimentato tante volte che, giunto dinanzi a un paesaggio nuovo, pure qualche cosa mi pareva che di familiare ci fosse tra e ed esso; così non trovo mai un essere umano con cui non senta una certa familiarità e che qualche cosa di importante mi possa legare a lui. Con la persuasione religiosa approfondisco la consapevolezza che l'altro è un individuo esistente, pensante. Il proposito di non mentirgli mai, rinnovato ad ogni istante, vince continuamente l'essere separati, quella separazione che non è la differenza spirituale che ha pur sempre una base di unità, ma la separazione materiale, di cosa vicino a cosa. Io potrò propormi fini alti quanto si voglia; ma l'altro non lo avvicino in modo assoluto a me, e resta fuori finché penso di mentirgli. Così è per la sua esistenza: il proposito di non ucciderlo, rinnovato ad ogni istante, rende l'altro vicino a me,sì che la sua esistenza non è un fatto meccanico, per conto suo, ma è unita all'intimo mio, proprio attualmente con amore. Io non ho in me soltanto l'idea dell'altro, ma la sua esistenza stessa. E quell'intima unità che ho tra me e me, la moltiplico così per tutti. Solo così impianto un vero amore. "Perché dici che mi ami, se l'animo tuo non è con me?" è detto nella Bibbia ad uno che mentisce. Nonmenzogna e nonuccisione attuano un'unità alla radice, un'unità concreta che non lascia nulla fuori di sé. Con ciò non vado contro la concezione etica e politica, non misconosco la buona fede di ogni altro atteggiamento morale; ma voglio cogliere l'altro, non scivolare su di lui, voglio viverlo in modo intero, non come urto di atomi o come contratto, ma come mia persuasione, togliendo nell'intimo ogni residuo di separazione che io possa scorgere. Ed è innegabile che l'altro è anche un'esistenza, un pensiero; e quali che possano essere gli sviluppi morali, resta che l'atto rivolto all'altro come esistente, come pensante, àncora la mia vita nella concreta molteplicità del prossimo, e pure la vive in un'unità interna, poiché tutto ciò è un atto, un amore, un proposito rinnovato, in cui tutto l'animo è presente, persuaso e in movimento.
La tensione morale che mi porta alle varie attività e a giudicare secondo precisi valori e quello che è il punto della storia che io vivo, non perde nulla di sé, di quella razionalità che essa deve avere. Ma l'altro a cui circostanze impediscono una rilevante attività, o che non ha le attitudini per esplicarla e viene a porgere solo risultati meschini (che in altro campo debbo giudicare come tali, per non spiantare in me il senso della verità, del lavoro e del valore spirituale); o l'altro sofferente, ridotto all'inerzia, all'orlo della vita, sono egualmente, trionfalmente termini di vicinanza del mio atto ad essi, in un'unità amore che non sommerge la loro singola individualità. Così si scende nell'intimo della vita, si possiede un mondo di esseri indipendenti eppure non distanti, si celebra la vicinanza sottraendosi a considerare assolute le separazioni nello spazio e nel tempo. Vivo un mondo degli spiriti concreto, libero, affettuoso, di qua dalle azioni che singolarmente esplichiamo.

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