Paolo Arena e Marco Graziotti Intervistano Anna Bravo

 
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza?
- Anna Bravo: Mi riconosco in molte delle definizioni avanzate nelle vostre interviste. Vorrei solo aggiungere una riflessione laterale su due termini (perdente e vincente) spesso presenti nei discorsi anche di persone consapevoli. Nell'Italia di questi anni, anziche' comunicare la notizia che qualcuno ha vinto o perso, si dice spesso che quel qualcuno e' un perdente (o un vincente). E' uno slittamento significativo. Dicendo che qualcuno ha vinto o perso si evoca un episodio, la scheggia di un percorso di vita che puo' comprendere episodi diversi e anche opposti. Dicendo che qualcuno e' un perdente (o un vincente), lo si identifica con un tipo umano immodificabile, anzi, una specie umana; e si riduce il mondo alla dicotomia bellicista forti/deboli, sagaci/sprovveduti, capibranco/gregari. Perdente e vincente mi sembrano parole violentissime, direi quasi razziste, che pretendono di decidere l'identita' di un soggetto, e per di piu' secondo criteri esecrabili. Del resto, come ha scritto Enrico Peyretti, gia' quello di vittoria e' un termine discutibile. Il linguaggio della nonviolenza e' a mio avviso quello che giudica i comportamenti e non le persone, e, se si trova a dover giudicare le persone, si rende conto che il giudizio e' provvisorio e reversibile.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Anna Bravo: Ho saputo, leggendo Hannah Arendt, della resistenza civile dei danesi per salvare gli ebrei del loro paese, ho conosciuto persone del movimento beat che facevano manifestazioni nonviolente, e soprattutto ho conosciuto Angela Dogliotti e Beppe Marasso, quando digiunavano per la depenalizzazione dell'obiezione di coscienza.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali sono le personalita' e le esperienze a suo parere piu' significative della nonviolenza?
- Anna Bravo: Alle grandi figure classiche come per esempio Gandhi, King, Simone Weil, Mandela, aggiungerei Rosa Parks, Ding Ziling e Natasha Kandic, serba, dissidente sotto Tito, attivista nonviolenta e cofondatrice dell'Osservatorio sui diritti umani di Belgrado.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa consiglierebbe di leggere sulla nonviolenza?
- Anna Bravo: Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler. La Resistenza civile in Europa (1939-1943), Sonda, Torino 1993. Alberto L'Abate, Prevenire la guerra nel Kossovo, Quaderni della Difesa Popolare Nonviolenta, La Meridiana, Molfetta 1997. Alex Langer, Pacifismo concreto, Edizioni dell'asino, Roma 2010. Un dialogo fra generazioni diverse, di Giovanna Providenti e Lidia Menapace, in G. Providenti (a cura di), La nonviolenza delle donne, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2007. Angela Dogliotti, "Uno sguardo pedagogico alla cultura della nonviolenza. Donne ed educazione alla pace", "Notizie minime della nonviolenza" n. 110, 4 giugno 2007. Primo Levi, I sommersi e i salvati, in Opere, vol. II, Einaudi, Torino 1997. "La nonviolenza e' in cammino","Azione nonviolenta", "Il foglio" (mensile torinese).
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze o iniziative nonviolente a suo parere oggi meritano maggior sostegno ovvero meriterebbero di essere intraprese?
- Anna Bravo: Tutte quelle delle donne che operano per la liberta' dei prigionieri politici e per dare giustizia alle vittime - le argentine, cinesi, cilene, cecene, cubane. Importante l'educazione linguistica nelle scuole (non il politicamente corretto, che pure ha avuto la sua utilita'), ma la riflessione su certe formule acquattate nel linguaggio comune.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Anna Bravo: Quello fra nonviolenza e donne (e femminismo) e' un rapporto aperto - per intuirne la complessita' basta pensare all'adozione da parte di Gandhi di valori e pratiche tradizionalmente femminili. Almeno in Italia, la situazione e' un po' sbilanciata: grande interesse da parte di alcuni nonviolenti, decisamente meno, salvo preziose eccezioni, da parte delle femministe.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Anna Bravo: Mi piace, anche se mi crea ansia, il mio lavoro: fare ricerca e scrivere. Ho partecipato ai movimenti degli anni '60 e '70, e non me ne pento, anzi. Ma ho anche qualche rimorso, non per mie azioni, ma per alcune mie omissioni o prese di parola tardive. Non ho alcuna fede religiosa. Ho lasciato l'universita' anticipatamente, per stanchezza e per la poverta' dei rapporti umani con i colleghi.

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