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Imperfetta, esigente, fragile. Eppure irrinunciabile, perché non ha rivali se si tratta di garantire la ricerca della felicità individuale, nel rispetto e nella considerazione degli altri. È la democrazia. La respiriamo ogni giorno, fa così parte del nostro paesaggio mentale e del nostro vocabolario di base che avremmo difficoltà a delinearne i connotati, come accade quando qualcosa ci sembra troppo familiare. Probabilmente non andremmo oltre la definizione scolastica, «governo del popolo», senza sospettare che niente è ovvio in quei due concetti, governo e popolo, e che coniugarli comporta premesse e conseguenze di estremo rilievo. Di più: implica che ciascuno di noi assuma un ruolo consapevole e attivo, non si accontenti di delegare chi lo rappresenta. Per governare una società complessa occorre infatti stabilire principi, regole, finalità, limiti, ma anche educare alla cittadinanza. «Democrazia» significa tutto ciò. Lo spiega benissimo Gherardo Colombo, con la semplice cordialità di chi compie un gesto civile. Maneggiate da lui, le parole dense di una elaborazione secolare libertà, diritti, doveri, uguaglianza, giustizia rivelano una stretta pertinenza con i modi del vivere insieme, qui e ora, e riservano qualche sorpresa. Alla fine è ancora più chiaro che la democrazia, la si chiami forma di governo o modello organizzativo della società, parla di noi, della nostra sofferta perfettibilità. |
Il Fatto Quotidiano Vito Mancuso e Gherardo Colombo a tu per tu Intervista doppia al teologo e all’ex pm "Io e Dio" del teologo e "Democrazia" dell'ex magistrato sono i due saggi più letti in Italia. Il primo è uscito per Garzanti mentre il secondo per Bollati Boringhieri. Ecco il confronto tra i due su libertà e responsabilità, diritti e doveri, individuo e società fino Sono i due saggi più letti in Italia. “Io e Dio” del teologo Vito Mancuso e “Democrazia” dell’ex magistrato Gherardo Colombo sono rispettivamente al primo e secondo posto sia nella classifica della saggistica de Il Corriere della Sera che in quella di Repubblica. Il primo, un volume di 496 pagine edito da Garzanti e uscito l’8 settembre in libreria (leggi la scheda) occupa il secondo posto tra i 100 libri più venduti su Ibs negli ultimi 15 giorni. Segue al 58° posto, l’agile volume di Colombo uscito in libreria il 22 settembre, 94 pagine edite da Bollati Boringhieri per la nuova collana “i sampietrini” (leggi la scheda). Nell’intervista per ilfattoquotidiano.it, i due autori dibattono sui temi centrali della loro opera libertà e responsabilità, diritti e doveri, individuo e società, democrazia e fede dando vita a un confronto che arriva fino alle questioni dell’attualità politica. LEGGI IL PROLOGO DEL LIBRO DI VITO MANCUSO LEGGI IL PRIMO CAPITOLO DEL LIBRO DI GHERARDO COLOMBO Ciascun essere umano, nella vostra visione, gode e deve godere di una grandissima libertà: un privilegio che è anche un dovere. Quali sono le responsabilità che questa libertà impone a ciascuno di noi? Colombo: Secondo me la libertà non è un privilegio e nemmeno un dovere: sarebbe un privilegio se fosse riservata a pochi (ma allora avrei dei problemi a chiamarla libertà); sarebbe un dovere se non la condividessimo e fossimo obbligati a praticarla, invece di volerla vivere. La responsabilità sta nell’usarla in modo che sia strumento della libertà anche degli altri. Ciò presuppone senso di appartenenza e solidarietà, riconoscimento reciproco, capacità di rispecchiarsi negli altri. La responsabilità della libertà sta nello scopo cui è destinata: il bene proprio e degli altri, sullo stesso piano Mancuso: La libertà responsabile, come dice la stessa etimologia di responsabilità, è una libertà che risponde. Risponde agli appelli di giustizia e di legami solidali che vengono dal mondo degli uomini e dal mondo naturale. La vera libertà non è arbitrio capriccioso, è dedizione della nostra più intima interiorità ai sacri ideali del Bene, della Giustizia, della Verità. Ma quale può essere il rapporto di ciascuno di noi, singoli individui, con le istituzioni, che siano la Chiesa, gli apparati dello Stato, o i partiti? Colombo: La mia idea è che noi siamo Stato, e che chi crede sia la sua Chiesa. Il rapporto con le istituzioni consiste nell’esserne parte, anche quando non pare. Per i partiti è diverso, perché non sono così almeno mi sembra ora organizzazioni in vista di un fine comune, ma espressioni più o meno settarie di interessi particolari. Con i partiti la mia relazione è di estraneità. Quando mi invitano a un incontro, a un dibattito ci vado, ma la mia intenzione è quella di offrire spunti perché si decidano a cambiare. I partiti, oggi, mi sembrano un chiaro esempio di organizzazione sociale verticale, ove si tende a imporre invece di ascoltare. Mancuso: Un rapporto necessario (perché non c’è nulla di serio nel mondo umano che possa prescindere dal profilo istituzionale) ma libero e mai appiattito sulle logiche del potere che spesso governano le istituzioni. Nessuna anarchia, quindi, ma neppure nessun servilismo. Si sta nelle istituzioni immettendo in esse il massimo di autenticità possibile. Le grandi istituzioni hanno un profondo radicamento storico, fatto di grandi speranze e grandi errori. Che cosa dobbiamo fare di questo passato?
Colombo: Credo sia opportuno guardare al passato per rendersi conto del percorso che l’umanità ha compiuto ed identificarne il senso. Accorgersi che le più resistenti tradizioni, i modelli di relazione passati, sono basate soprattutto sulla discriminazione, ed hanno causato più tragedie che serenità. Constatare che c’è bisogno di nuovo. Vedere che, al di là delle affermazioni formali, il nuovo sta nella democrazia e nella libertà uguale per tutti, e non nel contrario. Dobbiamo sapere il passato, averne memoria, per costruire un futuro diverso, seguendo gli spunti di chi ha cercato di farlo prima di noi in modo adeguato, e cioè rispettoso di tutti, anche degli avversari. Mancuso: Studiarlo e trarne luce per il futuro. Historia magistra vitae, dicevano i padri latini. Sono convinto che non si può costruire nulla di solido per il futuro senza radici nel passato. Naturalmente sono consapevole che la modalità con cui si guarda al passato dipende dal futuro che si vuole costruire, dall’immaginazione creatrice e dagli ideali che ci abitano e per questo per me è molto importante la fede. Che ruolo deve avere la democrazia nel nostro rapporto con Dio e nella Chiesa? E che ruolo deve avere la fede nella nostra vita civile e politica? Colombo: Dal mio punto di vista non esiste contraddizione tra Dio, Chiesa e democrazia. Il principio della libertà di pensiero, della libertà di critica, della libertà di interpretazione dovrebbero essere saldi anche all’interno delle comunità ecclesiastiche, qualunque sia la loro dimensione. Nella vita civile sarebbe una bella cosa se la fede spingesse veramente ad amare il prossimo, chiunque sia, come se stessi, e a rapportarsi nei rapporti anche nei rapporti politici partendo da questa premessa. Mancuso: Il concetto centrale della fede biblica è un concetto democratico. Mi riferisco al concetto di alleanza. C’è una specie di Costituzione che lega il rapporto Dio-Uomo, per questo Dio nell’orizzonte biblico cessa di essere un tiranno capriccioso che non deve rendere conto a nessuno. Egli deve rendere conto alla legge fondamentale con cui si è legato al mondo. Se questo vale per Dio, a maggior ragione per la Chiesa, e tutti vedono quanto cammino debba fare la Chiesa cattolica per essere all’altezza del suo compito.
A proposito del rapporto con il passato, quali sono stati i vostri maestri? Persone che avete incontrato nel vostro cammino segnandovi con il loro esempio, oppure autori del passato, che vi hanno formato con le loro opere?
Colombo: Persone che ho incontrato nel mio cammino sicuramente mio padre (anche se non sono arrivato presto a capirlo), la mia prof di filosofia del liceo, Franco Cordero, con il quale mi sono laureato, e tanti altri. Sarebbe difficile elencarli tutti, i laici e i religiosi che hanno influito sulla mia formazione. Sono tanti anche i libri. Il primo autore che mi viene in mente è Dostoevskji, il secondo è Hans Welzel (l’autore di Diritto naturale e giustizia materiale), il terzo è Kant, il quarto è Foucault. Se guardo a un passato più remoto ho ricevuto tantissimi spunti dalla Bibbia, da Platone, e mi fermo qui per non annoiare. Mancuso: Per il presente il mio maestro è il cardinale Carlo Maria Martini. Per gli autori del passato penso a Bonhoeffer, Schweitzer, Florenskij e a due donne straordinarie come Simone Weil e Etty Hillesum. Oggi stiamo vivendo un momento particolarmente difficile e complesso: un mondo che cambia velocemente, e varie crisi che si intrecciano. Proviamo una sensazione di impotenza e di disgusto, e forse di paura. Ci aiutate a dare uno sguardo al futuro? E in particolare al futuro dell’Italia? Colombo: Il futuro degli Italiani dipende da loro. Da come capiscono e interpretano la libertà, i loro diritti e gli strumenti per realizzarli (che consistono anche in doveri). Dipende da tutti noi dove andremo. Mancuso: C’è un grande, direi immenso, desiderio di riscatto nel nostro paese. Il futuro apparterrà a chi saprà interpretarlo in modo autentico e intelligente, costruendo legami e senza mai cadere nelle trappole dei massimalismi e del populismo. Il futuro è per sua natura destinato ai giovani. Possono trovare nei vostri libri qualcosa che possa essere utile al loro cammino? Colombo: Io scrivo pensando soprattutto ai giovani, scrivo cercando di usare un linguaggio comprensibile ai giovani, perché quel che dico sia un contributo al loro capire. Nei miei libri ciascuno può trovare la propria importanza, il proprio essere persona e non strumento, può trovare la consapevolezza che se si vuol cambiare si può. Mancuso: Spero di sì. In particolare nel mio libro “La vita autentica” che ho scritto pensando agli studenti delle superiori. Le donne. Che nella nostra democrazia arrivano al voto solo nel 1945, e ancora oggi faticano a raggiungere le pari opportunità. Le donne. Che la Chiesa ha relegato da sempre a un ruolo subalterno.
Che cosa hanno da dire a una donna, a una giovane donna, i vostri libri? Colombo: Che nessuna delle discriminazioni che hanno subito ha qualche giustificazione. Che sarebbe ora di smetterla di discriminare, visto che si dovrebbe aver capito che si è diversi soltanto per genere e che la legge, la Costituzione, vieta qualsiasi discriminazione. Che qualche volta una mano alla discriminazione la dà anche il discriminato, quando non si rende conto dell’importanza della propria dignità e della propria libertà. Mancuso: Spero ovviamente qualcosa di significativo, anche se io, quando scrivo, prescindo dal sesso e dall’orientamento sessuale oltre che dall’età e mi rivolgo all’essere umano nella sua dimensione più intima che è la libertà. |