|
Nel gennaio 1995, a sud di Manila, la polizia irrompe in un edificio dove ha sede una cellula di estremisti islamici. Su un tavolo vengono trovati dei floppy e un Pc contenente un file dal nome Piano Bojinka. Sono disegni, fotografie e rapporti scritti che illustrano un piano terroristico per colpire il cuore degli Stati Uniti, lanciando aerei di linea contro edifici e simboli del potere americano.Questo libro non vi parlerà dell’11 settembre dopo gli impatti degli aerei, bensì di come ci si è arrivati, di chi l’ha organizzato e di come ha messo in atto il piano; parlerà di chi l’ha finanziato, di chi sapeva e non ha fatto nulla per impedirlo.L’unico libro in Italia che cerca di spiegare perché è nato il piano terroristico e come sarebbe riuscito un manipolo di uomini a mettere in ginocchio la più grande potenza militare del mondo. Il capitolo più più off-limits della moderna storiografia occidentale. |
(Il libro: Franco Fracassi, “Piano Bojinka”, Alpine Studio edizioni, 224 pagine, euro 15,90. Presentazione completa sul sito dell’editore).
http://www.libreidee.org
Bojinka: il piano per l’attacco alle Torri scoperto nel ‘95 Undici, numero fatale: 11 settembre, 11 aerei-kamikaze, 11 obiettivi. Quello che sarebbe successo nel 2001 a New York era già scritto. Chi “doveva” sapere, ne era al corrente da almeno sei anni. Gennaio 1995, Manila: la polizia irrompe in un edificio dove si nasconde una cellula di estremisti islamici. Da un pc salta fuori un file dal nome “Piano Bojinka”: disegni, foto e rapporti scritti che illustrano un piano terroristico per colpire gli Stati Uniti lanciando aerei di linea contro edifici e simboli del potere americano. Per la precisione: 11 aerei. L’allarme impiega un anno per essere diffuso: nasce una task force, con a capo il super-poliziotto John O’ Neill. Cinque anni dopo, O’Neill si insedia al 102° piano della Torre Nord. Poche ore, e l’edificio viene centrato. E’ l’11 settembre 2001. O’Neill diventa una delle tremila vittime della strage: muore portando con sé i suoi segreti. E’ il cuore di tenebra attorno a cui ruota l’indagine di “Piano Bojinka”, libro-denuncia che Franco Fracassi, uno degli autori del documentario “Zero” coordinato da Giulietto Chiesa, ha ora pubblicato per “Alpine Studio”, giovane editrice recentemente specializzatasi in letteratura d’inchiesta su temi scottanti. “Piano Bojinka”, spiega l’editore, non parla dell’11 Settembre dopo gli impatti degli aerei, ma svela come ci si è arrivati, chi ha organizzato l’attentato del secolo e come ha messo in atto il piano: il libro fa luce su chi l’ha finanziato, su «chi sapeva e non ha fatto nulla per impedirlo». Un manipolo di kamikaze: come avrebbero potuto, da soli, mettere in ginocchio la più grande potenza militare del mondo? Il libro illumina «il capitolo più off-limits della moderna storiografia occidentale». Il tragico numero 11 compare già nel ’95 nella capitale delle Filippe, svelando un progetto pazzesco. «Come avremmo potuto anche solo immaginare un piano del genere?», dirà il presidente Bush sullo sfondo delle macerie fumanti di Ground Zero. Eppure, l’allarme era circolato: il 7 ottobre 1996, la Commissione del Congresso Usa aveva inviato un dispaccio a tutte le agenzie federali per metterle in guardia da un’azione terroristica progettata dall’ancora sconosciuta organizzazione islamica “Al Qaeda”. Ma soltanto dopo due anni venne istituita la speciale task force diretta da O’Neill: la più grande macchina poliziesca del mondo. Il super-poliziotto indaga, ma intanto gli eventi si succedono inesorabili, grazie a una spietata regia occulta. Come quella che si premura di vegliare sui futuri kamikaze. E’ il gennaio 2001 quando, in Florida, viene subito rilasciato, e con tante scuse, un saudita fermato poco prima dalla polizia stradale: era ubriaco fradicio e pieno di cocaina, ma aveva un visto rilasciato direttamente dalla Cia. La sua passione? Lezioni di pilotaggio, in un piccolo aeroporto locale utilizzato anche dall’agenzia di intelligence per “voli segreti”. Passano nove mesi, e il terrorista si metterà alla guida di un boeing dell’American Airlines lanciato proprio contro la Torre Nord del World Trade Center, quella dove l’ignaro super-poliziotto O’Neill ha appena insediato il proprio nuovo ufficio investigativo. “Piano Bojinka”, spiega l’autore, è un libro frutto di sette lunghi anni di complicate indagini giornalistiche, svolte in oltre 30 paesi differenti, consultando migliaia di documenti ufficiali: decine di storie personali s’intrecciano in una fitta trama di morte, fino a sfociare tutte nel dramma collettivo che porta il nome di 11 Settembre: una storia che si concluderà alle 8:46 di quel maledetto giorno del 2001. Undici settembre, come 11 erano gli aerei da dirottare nel piano terroristico originario, lanciati contro 11 obiettivi. Così, sono 11 anche i capitoli di “Piano Bojinka”, libro pieno di rivelazioni sulla più oscura e ancora irrisolta vicenda della storia degli Stati Uniti d’America. |
ESTRATTI
... l’Agenzia avrebbe fornito le conoscenze e i legami internazionali necessari per poter riciclare denaro sporco, in cambio avrebbe potuto utilizzare l’istituto di credito per finanziare le proprie operazioni “coperte”. Nel giro di poco tempo la Bcci assomigliò a una gigantesca piovra soprannominata “Criminal Bank”. Da pag 29 Nel computer, invece, c’erano una serie di file che citavano un fantomatico piano “Bojinka”. [...] in serbo croato vuol dire “grande botto”. Infine, un documento, un foglio elettronico ricco di date, numeri, nomi, luoghi e procedure. Il documento “grande botto”. Il piano. L’operazione Bojinka. Avrebbe dovuto sequestrare un aereo di linea, prenderne il comando, mettersi alla cloche e poi lanciarsi con il jumbo contro l’obiettivo prescelto. Il quartier generale della Cia a Langley. Il Congresso, la Casa Bianca, il Pentagono a Washington. Le torri gemelle a New York. Da pag 49-51 Oggetto della riunione era la costruzione di un gasdotto che doveva trasportare il gas dal Mar Caspio all’oceano Indiano, via Uzbekistan, Afghanistan e Pakistan. Il fatto era che mentre Uzbekistan e Pakistan erano pronti e siglare l’accordo, l’Afghanistan non ci pensava affatto. .. Tutti e quarantadue i signori che si trovavano intorno a quel tavolo desideravano che fossero i talebani a prendere il potere a Kabul, in modo da poter dare il via alla costruzione del gasdotto. I dieci miliardi sarebbero stati più che sufficienti per finanziare l’avanzata vittoriosa dei talebani verso Kabul. Da pag 56 “Bisogna fare in modo che l’opinione pubblica accetti questo stato delle cose. Una trasformazione così rivoluzionaria sarà possibile solo attraverso un evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor.” Da pag 142 Fu in Afghanistan che Collins iniziò a capire come giravano le cose. Si trovava nel campo di Jahadwal, in una valle vicino al confine pachistano. Fu laggiù che incontrò Osama bin Laden. «Era molto divertito dal fatto che un americano si trovasse nel suo campo. Mi disse che anche lui in un certo senso era americano: ‘Lavoro per la Cia. A te lo posso dire, perché credo che anche tu abbia a che fare con loro’.» Da pag 94 I talebani si prendevano i soldi e le armi, ma in cambio non volevano cedere il controllo di parte del Paese alle compagnie petrolifere statunitensi ... Ma ora le cose stavano cambiando. La nuova Pearl Harbor si stava avvicinando, e con essa tutto il potere distruttivo di cui sarebbe stato capace un Paese potente quanto gli Stati Uniti ferito. Il Pentagono aveva già preparato i piani d’invasione. Da pag 144 Tra il pomeriggio e la sera di lunedì furono tante le persone a cui venne consigliato di non viaggiare in aereo il giorno successivo. Uno di questi fu l’allora sindaco di San Francisco Willie Brown. Da pag 163 |