“Far viaggiare i treni merci su linee ad alta velocità non ha alcun senso. Primo perché i treni merci sono intrinsecamente lenti, secondo perché i binari ad alta velocità hanno costi di mantenimento elevatissimi che inciderebbero pesantemente anche sul costo del trasporto merci.” Germà Bel, docente dell’Università autonoma di Barcellona.

“L’80 per cento delle merci che entrano in Italia o ne escono su rotaia transita dai valichi di Domodossola, Chiasso, Luino, Brennero, Tarvisio. Cioè attraverso la Svizzera e l’Austria. Non siamo capaci di agganciarci a infrastrutture già esistenti, ma non ci facciamo problemi a chiedere all’Europa ulteriori capitali per realizzare la Torino-Lione.”
Dialogo con Sergio Bologna, storico e consulente per grandi imprese e istituzioni.

“L’intera Europa occidentale si trova oggi a rimpiangere il futuro di ieri, a rinunciare ai sogni, a rinegoziare al ribasso la realtà, a cominciare dall’idea di unire i popoli attraverso le comunicazioni.”

http://megachip.globalist.it/
domenica 27 ottobre 2013 15:34

Binario Morto
di Alberto Melotto

Lisbona-Kiev a/r, passando per il "Corridoio 5" del Tav che non c'è.

Ricordate Capricorn One? In quella pellicola di fine anni '70, figlia della profonda diffidenza post-Watergate americana verso i propri governanti, si immaginava che l'agenzia spaziale, la Nasa, si inventasse una finta missione nello spazio, verso Marte, filmata ad uso e consumo dei cittadini-consumatori in qualche studio cinematografico creato ad hoc in uno spazio desertico. Qualcosa però va storto e i tre sfortunati astronauti scelti per il viaggio galattico devono essere eliminati, forse per dare una patina di maggior realismo all'accaduto.

I tre scelgono di fuggire per evitare la poco simpatica sorte dell'agnello sacrificale. Solo uno fra loro si salverà, e, insieme ad un coraggioso quanto ironico e stralunato giornalista, interpretato da quell'istrione di Elliott Gould, riuscirà a rivelare la verità ai suoi concittadini, proprio durante la solenne cerimonia funebre organizzata per lui e per i suoi compagni dalle massime autorità.

Ecco, i due autori di Binario morto (Chiarelettere), Luca Rastello e Andrea De Benedetti, possiedono quello stesso spirito irriverente e scanzonato alla Elliot Gould.

Nella primavera del 2012 si son presi la briga di viaggiare per 3200 chilometri attraverso l'Europa, da Lisbona a Kiev. Obiettivo? Percorrere il tragitto del "Corridoio 5", da un capo all'altro del Vecchio Continente, e documentarne l'avanzato stato di realizzazione. Che non c'è, signore e signori. Non c'è. Presi, o meglio, stritolati da problemi un po' più importanti come ad esempio la peggiore crisi economica degli ultimi cent'anni, i paesi europei non paiono proprio entusiasti di dare inizio ai lavori del tav, guardano sconsolati all'interno dei propri borsellini, prendono tempo, fischiettano, insomma non adempiono ai propri doveri di fautori del progresso. E gli italiani, che credevano di essere gli unici a non avere svolto i compiti delle vacanze, gli unici ad essere inadempienti?

Capire d'aver vissuto come gli schiavi nella caverna di Platone, credendo che le ombre fossero realtà, è già di per sé alquanto pesante da accettare. Se poi chi te lo dice lo fa con il sorriso sulle labbra, l'effetto è alquanto straniante. Ma andiamo con ordine.

I due viaggiatori giungono alla stazione di Santa Apolònia, a Lisbona alla fine di marzo del 2012. È la prima tappa del viaggio immaginato dai tecnocrati d'europa. Peccato che pochi giorni prima, il 21 marzo, il governo portoghese di Pedro Coelho avesse scelto di rinunciare al progetto:

"adducendo comprensibili ragioni di ordine economico e ... l'idea di collegare l'Atlantico con le steppe ucraine, a questo punto dovrà crescere senza uno dei suoi principali ancoraggi filosofici ed esistenziali".

I due portatori sani di inchiesta giornalistica riparano così in Andalusia, nella città di Algeciras, eletta come nuovo inizio del tav. La pioggia che disturba l'organizzazione della Settimana Santa e della relativa processione è la spia di una malessere ben più ampio e diffuso. La crisi economica mette in ginocchio una nazione che fino a pochi anni fa sembrava vivere un fulgido quanto illusorio boom.

Con la disoccupazione al 35% e i negozi che chiudono, le domande dei due autori incontrano lo stupore e la perplessità degli intervistati. Molti nella comunità marocchina pensano ad un eventuale ritorno alla terra d'origine, e a malapena sanno indicare ai nuovi arrivati dove si trovi la stazione ferroviaria.

L'intervista a Carlos Fenoy, presidente della Camera di Commercio dell'area di Gibilterra permette di intravedere le prime crepe intorno all'immutabile Idea dell'alta velocità:

"Avete presente quanta energia consuma un treno che viaggia a più di ottanta chilometri l'ora? E l'usura dei vagoni? Più aumenta la velocità più crescono i costi. E non crescono aritmeticamente: crescono esponenzialmente. Senza dimenticare che treni veloci e nodi inadeguati significano intasamenti nell'ultimo chilometro: sarebbe come una grande autostrada con caselli piccoli".

I due autori rilevano diversi, inquietanti limiti tecnici nell'impostazione progettuale del tav. Rastello e De benedetti continuano con ostinazione, pagina dopo pagina, ad indicare quanta sia ampio l'abisso che separa la rigida, vagamente isterica pretesa di imporre un'inutile linea ferroviaria e la realtà con la sua irriducibile complessità.

Non ci dilungheremo oltre nel racconto delle singole tappe e rimandiamo il lettore alla lettura del libro. Ci piace soffermarci ancora sulla parte relativa al nostro tormentato belpaese.

Gli autori fanno l'incontro di un tecnico, ma questa volta un tecnico vero, non un solone di Bruxelles (o di Montecitorio). Si tratta di un ingegnere, membro del gruppo di lavoro costituito dalle direzioni Trasporto e Ambiente della regione Piemonte per valutare l'impatto ambientale del Tav, al quale i nostri decidono di garantire l'anonimato, a causa della gravità delle cose che dirà in corso d'opera. In breve, il passaggio della linea si snoderebbe, una volta giunti alla città di Torino:

"Le merci devono avere un percorso dedicato - spiega l'ingegnere - un percorso interamente sotterraneo che passa sotto l'area metropolitana di corso Marche, sotto il fiume Dora ... il progetto prevede l'interramento del tunnel ferroviario a una profondità di quaranta metri, il che significa interagire con la falda idropotabile di Torino".

L'esperto, insomma, afferma che è assai rischioso modificare un habitat sotterraneo dove risiede l'acqua per l'intera popolazione di una grande città, e anche il passaggio di una sola molecola necessiterebbe di teconolgie molto sofisticate. Qui invece si intende far passare una galleria e molti treni. Di fronte al più che legittimo stupore - o panico - dei due autori, il tecnico conclude con uan buona dose di disincantato cinismo:

"un conto è la valutazione strategica. Altro conto è la fattibilità. Letteralmente questo progetto non si realizzerà mai. Sarebbe assolutamente illegale. Il ministero per avviare i lavori dovrebbe ignorare tuttii rapporti delle istituzioni locali, un piccolo golpe ... non credo che vi sia un gran bisogno di quest'opera, sinceramente ... quel che è evidente è che esiste una grande fame di lavori pubblici: questi creano risorse che, gettate nell'economia locale, fanno muovere il sistema, aprono un poco la valvola dell'ossigeno che tiene in vita imprese a rischio di marcire. In breve, non è necessaria l'opera. Sono necessari i soldi che derivano da cantieri e progetti, e che non possono essere spostati da un capitolo all'altro. Il tav è un "Momendol" economico. Come le Olimpiadi".

Già, le Olimpiadi, aggiungiamo noi. Quella manifestazione sportiva che ha ridotto sul lastrico la città di Torino, rendendola la città più indebitata d'italia, ma al contempo ha arricchito imprese legate ai potentati storici del territorio, come racconta Maurizio Pagliassotti nel suo volume Chi comanda Torino. Non sorprende che la logica continui ad essere la stessa, l'utilizzo di denaro pubblico per arricchimenti illeciti, realizzati a spese dei contribuenti e a danno dell'ambiente.

Prima di concludere occorre mettere in luce un ultimo capitolo del libro di Rastello e De Benedetti. È quello che riguarda più direttamente la Val di Susa, e contribuisce a riportare all'attenzione uno degli episodi più oscuri e sgradevoli della nostra storia recente. Ad occuparsene con determinazione all'epoca fu uno dei nostri più validi iscritti in Alternativa, Giorgio Cattaneo.

Nell'estate del 1996 ha inizio una serie di esplosioni in valle, che si vorrebbe far credere avere come obiettivo il nascente progetto dell'Alta Velocità. Fin da subito la stampa subalpina inventa il vocabolo "ecoterrorista" per dipingere gli ignoti aggressori, tanto per non indirizzare in alcun modo l'opinione dei benpensanti:

"E sono strani attentati. Uno per esempio, il 18 marzo 1997 alla centralina elettrica della galleria di Giaglione. Prima del botto l'attentatore disinnesca senza problemi un complicatissimo quadro di controllo, colpendo a botta sicura lo sportello, privo di contrassegni e indistinguibile da tutti gli altri, neutralizzando due relais su un centinaio, proprio quelli voluti, aggirando codici di sicurezza aggirabili solo da chi li conosce bene".

Purtroppo la vicenda non si esaurisce così, con una generica criminalizzazione nei confronti del sacrosanto attivismo sociale e politico dei valligiani. L'attenzione dei poteri dello Stato si focalizza e si accanisce, spietata, contro alcuni ragazzi dell'area antagonista.

Il 5 marzo 1998 vengono arrestati, per "attentati contro il Tav", Edoardo Massari detto "Baleno", Soledad Rosas, la sua compagna e Silvano Pelissero. I due magistrati che si occupano dell'indagine, Maurizio Laudi e Marcello Tatangelo sostengono che nella casa occupata dove abitavano i tre è stato trovato "materiale indubbiamente legato all'attività terroristica in val di Susa", di cui farebbero parte 19 molotov che in seguito non verranno mai più nominate, come non fossero mai esistite.

Una ventina di giorni più tardi, la situazione precipita. Viene trovato il corpo di Edoardo Massari, impiccatosi, secondo la versione ufficiale delle autorità, da seduto utilizzando le lenzuola della branda della sua cella. A metà aprile Soledad Rosas viene trasferita presso la Comunità Sottoiponti di BeneVagienna. L'11 luglio, anche Sole viene trovata impiccata, nel bagno della Comunità dove si trovava agli arresti domiciliari. Il 23 settembre verrà trovato suicida anche Enrico De Simone, presidente della Comunità Sottoiponti: "Nessun giornale riporta la notizia".

Anni più tardi, i due ragazzi verranno prosciolti post-mortem:

"sorvolando sul fatto che sono stati arrestati e incarcerati con incriminazioni pesantissime e la prospettiva di detenzione lunghissima per reati terroristici".

A questa drammatica vicenda, che riguarda da vicino le libertà civili di ciascuno di noi, s'intrecciano personaggi che vorremmo non aver mai sentito nominare. Segnaliamo Marcello Tessari detto Tex, capo della stazione dei carabinieri di Susa dal 1986 al 1990, poi consigliere provinciale e assessore per il Psdi, e in seguito responsabile della sicurezza della Sitaf, la società per il traforo autostradale per il Fréjus, , implicato nell'affaire dell'armeria Brown Bess di Susa, dalla quale uscivano centinaia di armi di fuoco destinate a scopi tutt'altro che leciti. Degno accòlito di Tessari è Franco Fuschi, responsabile di almeno sette omicidi tra il 1978 e il 1995.

Se ci siamo soffermati a lungo sulla parte del volume riguardante il nostro territorio regionale, si deve al fatto che la Val di Susa sta affrontando un nuovo ciclo di strumentalizzazioni di episodi non ancora chiariti nelle loro dinamiche, ci riferiamo agli incendi di macchinari di alcune ditte che lavorano per il Tav. Se vi è una ragione per questo accanimento nei confronti degli abitanti della valle di Susa, lo ricordava ancora di recente Giorgio Cremaschi in un recente dibattito, è che una lotta condotta con così ammirevole unità d'intenti e capace di tenere insieme anime così diverse, rischia d'essere d'esempio per l'intera popolazione italiana e risvegliare sentimenti di giustizia sociale ormai sopiti. Per questo si è scelta la repressione.

Il lettore di Binario Morto troverà dunque nel volume in questione una preziosa fonte di dati, ma più ancora troverà alcuni degli strumenti per verificare che la calotta costruita dai media per separarci dalla realtà è certamente invisibile, ma tutt'altro che trasparente. Opaca.