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The Epoch Times
L’artista e attivista Ai Weiwei ispira coraggio BEVERLY HILLS, California Il 20 luglio, Alison Klayman fresca di un viaggio in aereo da New York si è seduta di fronte a me in una sala da ballo deserta al Beverly Hills Hotel per discutere del suo nuovo e acclamato documentario, “Ai Weiwei: Never Sorry”. Ai Weiwei, un controverso e complesso artista cinese, è probabilmente l’artista più famoso della Cina, al momento, e anche il suo più schietto critico. Ai usa ogni mezzo possibile per eprimersi e comunicare. Il suo scrivere, su Twitter e altri blog, ha suscitato le ire del Partito Comunista Cinese (PCC). Allo stesso tempo i suoi messaggi hanno dato coraggio ad un seguito di fan e colleghi, disposti a rischiare la loro sicurezza personale associandosi al controverso artista ed attivista. Il “Never Sorry” della Klayman ci invita ad osservare il mondo di Ai attraverso momenti di intimità tra madre e figlio, inaugurazioni artistiche pubbliche, attraverso confronti con le violazioni del Partito Comunista e attraverso l’impegno nei suoi progetti documentaristici. Alison Klayman, una giovane con i piedi per terra, è alla sua prima esperienza come regista, e avendo studiato giornalismo, ammette di non sentirsi a proprio agio nel sedere dall’altra parte durante un’intervista. La Klayman si è incontrata con Ai Weiwi mentre viveva a Pechino. La sua compagna di stanza era curatrice di una mostra fotografica di Ai quando lui viveva a New York che voleva includere, nella mostra, anche un video è così la Klayman entrò in scena con una telecamera. Un documentario su un documentario La Klayman ha spiegato che il film corto che ha fatto per la mostra ricopriva molti più argomenti del necessario. “Stavamo parlando dello scrivere sui blog, della censura, di ciò che [Ai] ha incontrato e di cosa pensasse della Cina contemporanea anche del suo prossimo progetto Earthquake”. Il progetto Earthquake (Terremoto) era una indagine che esponeva l’insabbiamento da parte del PCC della morte di 5.300 bambini durante il terremoto del Sichuan nel 2008. Il documentario di Ai ha divulgato il problema delle strutture scolastiche mal costruite, che ha causato così tante morti. La Klayman voleva utilizzare questo materiale extra e continuare il lavoro di Ai. Ha anche riconosciuto la natura carismatica dell’artista e sentiva che le persone sarebbero rimaste affascinate da lui, come lo era stata lei. La Klayman comprendeva anche che il suo ruolo non sarebbe stato semplicemente quello di rimaneggiare ciò che Ai aveva fatto, un documentarista di per sé esperto. Voleva produrre qualcosa di nuovo su di lui e cogliere l’impatto che i documentari di Ai avevano avuto sui giovani fan cinesi e sugli spettatori che li guardavano. Il film mostra numerosi casi in cui il pubblico si è fatto vivo per mostrare solidarietà all’amato artista. “C’è sicuramente più di un eroe in questo film. Tutti quelli che vedete condividono gli stessi valori di Ai Weiwei”, ha detto la Klayman. “Queste persone sono molto coraggiose a causa dei rischi che affrontano in Cina, individui e cittadini che non hanno una base di sostegno internazionale [come Ai Weiwei]. È per questo che [il loro gesto] è ancora più eroico”. “Mostra un coraggio individuale notevole, non è comune. Non riguarda solo Ai Weiwei”, ha spiegato la Klayman. L’impatto della censura Attraverso il suo lavoro con Ai, la Klayman ha imparato come i social media lavorino dietro il firewall. La Klayman è andata a Pechino nel 2006, a seguito della sua laurea in giornalismo presso la Brown University. È subito diventata consapevole della censura, dopo aver fatto esperienza dell’accesso limitato ai siti internet. “È qualcosa che ti colpisce sul viso immediatamente”, ha detto. Nel tempo, una delle osservazioni più significative della Klayman è stata che molta della censura in Cina nasce dall’auto censura. “La realtà è che, nella corrente principale della stampa, i giornalisti hanno vissuto in questa situazione per così tanti anni che comprendono la loro società e il contesto e sanno che un articolo non verrà mai stampato, quindi non lo scrivono”, ha affermato. “Penso che questa sia la forza della censura, quando ti è già entrata dentro”, ha spiegato la Klayman. L’auto censura è al centro del messaggio di Ai, secondo la Klayman. La censura è già avvenuta “se pensi che non sarai ascoltato o che non potrai avere un effetto o sei spaventato”, ha detto. “Il primo passo deve venire dall’individuo, il coraggio, quando ti senti libero nella tua mente e senti che hai da dire qualcosa”, ha detto. La Klayman riconosce che anche il suo lavoro incontrerà la censura in Cina. “Non c’è speranza che questo film possa essere distribuito ufficialmente in Cina, ma è molto desiderato. La gente lo sta cercando ogni giorno su Twitter”. Ai parla per molti cinesi La risposta dei cinesi all’estero, che hanno visto il film in proiezioni speciali, riferisce la Klayman, è che “sono sorpresi che non sia un film anti-Cina e che Ai Weiwei non sia un personaggio anti-Cina”. La Klayman spiega che l’arte di Ai rievoca il periodo precedente a quando il PCC istigò la Rivoluzione Culturale (1966-76) e distrusse deliberatamente le arti tradizionali della Cina. L’arte di Weiwei ha davvero a che fare con l’arte tradizionale della Cina. “Lavora con metodi e tecniche tradizionali ed ha un grande rispetto e una grande conoscenza delle antiche tradizioni”, ha detto la Klayman. “È davvero una vergogna che tutto sia stato perso”. Ai Weiwei rappresenta una grande e variegata popolazione nel continente, secondo la Klayman. Il patriottismo, secondo lei, coinvolge il farsi domande e “non lasciare da parte il proprio Paese. Il patriottismo significa volere il meglio e non accettare lo status quo”. “Non avrei potuto scegliere un luogo migliore per andare a raccontare storie di interesse mondiale; tutti nel mondo hanno così tante speranze e paure connesse alla Cina. Ciò di cui abbiamo davvero bisogno adesso è una comprensione del Paese più chiara possibile. Voglio continuare a far parte di questo”, ha detto.
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