Badil Resource Center L'apartheid israeliano: un mezzo che conduce ad un fine, e non un obiettivo fine a se stesso La sessione Sudafricana del Tribunale Russell sulla Palestina, ha intensamente discusso se le pratiche israeliane contro la popolazione Palestinese costituiscono reato di Apartheid. Le conclusioni di tale sessione hanno affermato che Israele sta commettendo il crimine di Apartheid contro il popolo Palestinese. Il regime di apartheid israeliano non si limita ai palestinesi che vivono nei Territori Occupati Palestinesi (TOP), ma mira anche ai palestinesi che risiedono all’interno della “Green Line”. Le riflessioni sul fatto se la soluzione ad uno o due Stati costituiscono il mezzo adeguato per porre fine all’ingiustizia e la sofferenza nella Palestina storica, senza trascurare il fatto che un soggetto giuridico, in tale territorio, e’ gia’ stato adottato: i palestinesi, ovunque essi risiedono, sono collettivamente esposti ad un unica struttura di apartheid. I principlai componenti discriminatori di questa struttura che vengono applicati nei confronti dei palestinesi, riguardano la nazionalita’, la cittadinanza, i diritti di residenza e la proprieta’ terriera. Questo sistema e’ stato applicato nel 1948, con il fine di dominare ed espropriare tutti i palestinesi sfollati, tra cui 130.000 che sono riusciti a rimanere all’interno della “Green Line” e che piu’ tardi sono diventati cittadini israeliani. Dopo l’occupazione israeliana nel 1967, della restante palestina storica, questo territorio fu sottoposto allo stesso regime di apartheid israeliano. Tuttavia, i crimini israeliani e le violazioni dei diritti umani, vanno oltre al solo crimine di apartheid. Piu precisamene, le pratiche israeliane sono una combinazione di apartheid, occupazione militare e colonializzazione utilizzate come strumento di pulizia etnica del territorio dalla presenza palestinese. Il movimento sionista, ha dovuto affrontare tre ostacoli principali, mentre impostava la scena per colonializzare la “palestina mandataria”, nel 1879: • La presenza degli indigeni palestinesi che vivevano in quel territorio. • La proprieta’ terriera e i diritti di proprieta’ dei palestinesi all’interno del medesimo territorio. • Portare la popolazione ebraica in quel territorio. Per superare questi tre ostacoli, avevano bisogno di creare un sistema legale con il fine di mantenere lo status quo di nuova costituzione. Il movimento sionista, piu tardi israele, non aveva alcun interesse a creare un sistema di apartheid, con il fine di creare in modo semplice, e mantenere, il dominio di un gruppo “raziale” rispetto ad un altro. L’obbiettivo d’Israele e’ stato, ed e’ tuttora, non quello di sfruttare la forzalavoro indigena o semplicemente di limitare la loro partecipazione politica e sociale, ma piutosto, aveva lo scopo di creare un omogeneo Stato sionista-ebraico, esclusivo per il popolo ebraico. Questo era evidente fin dai primi anni del Movimento Sionista, questo e’ dimostrato dal fatto che tutt’ora Israele non ha confini definiti. Come spiegato da Golda Meir: “... i confini sono determinati da dove vivono gli ebrei, non dove c’è una linea su una cartina ”. Questa affermazione, in combinazione con i famosi scritti di Ben-Gurion, del 1938: “ il trasferimento obbligatorio degli arabi dalle valli dello stato ebraico progettato, ci potrebbe dare qualcosa che non abbiamo mai avuto... dobbiamo attenerci a questa conclusione nella stessa maniera con cui abbiamo appreso la dichiarazione di Belfour, piu’ di questo, nello stesso modo in cui abbiamo abbracciato il sionismo in se’, che offre infinite possibilita per trasferire fuori i palestinesi e impiantare i coloni ebrei nel territorio. Come illustrato da Nur Masalha, tra il 1930 e il 11948, il movimento sionista aveva pianificato il trasferimento della popolazione indigena paletsinese in nove piani diversi, a partire dal sistema di trasferiment di Weizmann del 1930, fino alla messa in atto del piano Dalet, nel 1948. Con il fine di affrontare i tre ostacoli individuati in precedenza, il movimento sionista ha avviato una serie di misure: pro attive e preventive, sottoforma di leggi, pratiche e politiche. La legge del ritorno israeliana, del 1950, stabilisce che ogni ebreo nel mondo ha il diritto alla “nazionalita’ ebraica” e puo’ immigrare in Israele e acquisire la nazionalita’ israeliana. Questa legge mira a semplificare e favorire l’immigrazione di persone ebree in Israele, con il fine di ottenere uno “stato ebraico” cosi come concepito dal sionismo. La legge israeliana che regola la proprietà degli “assenti”, del 1950, fu utilizzata per confiscare la maggior parte delle proprieta’ palestinesi, questa fu utilizzata per confiscare legalmente le terre dei rifugiati palestinesi e dei sfollati interni (IDP). Una volta confiscate, queste terre divennero di proprieta’ dello stato. Di conseguenza, al regime israeliano adottato sulle terre, oggi, i palestinesi posseggono solo una piccola percentuale della terra, sul quale vi era il mandato palestinese. L’espansione, dell’esistenti localita’ palestinesi in Israele e nei TOP, e’ stata drasticamente ridotta a causa della politica altamente discriminatoria d’Israele. Sin dal momento dell’occupazione della Cisgiordania e della striscia di Gaza nel 1967, Israele non ha permesso la creazione di nessuna nuova municipalita’ palestinese . L’ordine militare n. 418, ha creato un regime di pianificazione e di costruzione che da’ il pieno controllo, allo stato Israeliano, su tutti i settori legati alla pianificazione e allo sviluppo nei TOP. Di conseguenza, le comunita’ palestinesi, spesso, si trovano separate dalle loro terre circostanti. Al contrario, le localita’ ebraiche, anche le piu’ piccole, hanno dettagliati piani di costruzione e normative in materia di uso del territorio. Per riassumere la situazione: “lo spazio israeliano e’ molto dinamico, ma i cambiamenti sono stati principalmente in una direzione: gli ebrei espandono il loro controllo sul territorio in vari modi, compresi gli insediamenti in costruzione, mentre gli arabi sono stati contenuti all’interno di un’invariata geografia” . Negli ultimi sei decenni, l’ostacolo principale per il movimento sionista, sotto forma del popolo palestinese, e’ stato affrontato in vari modi. Piu’ di sei milioni di palestinesi sono stati sfollati con la forza dalle loro case, e le leggi israeliane hanno proibito ai palestinesi di ritornare legalmente in Israele e nei Territori Occupati, come la legge Prevenzione ed Infiltrazione del 1954, e gli ordini militari del 1949 e del 1950 . Questo deliberato e pianificato spostamento forzato equivale ad una pratica o politica di trasferimento forzato della popolazione palestinese, o pulizia etnica. Questa Nakba, ancora in corso, ha portato finora, circa il 70% della popolazione palestinese, ad essere rifugiati in tutto il mondo o sfollati internamente. Il trasferimento o lo spostamento forzato di popolazioni puo’ essere definito come una pratica che ha come scopo o effetto di muovere le persone all’interno o all’esterno di una zona o all’interno o attraverso una frontiera internazionale. Il ruolo dello Stato può essere attivo o passivo, ma contribuisce comunque a carattere sistematico, coercitivo e deliberato del movimento delle popolazioni all'interno o all'esterno di una zona. Cosi, un elemento di forza ufficiale, la coercizione o la negligenza maligna e’ presente nella pratica o della politica dello stato. Il ruolo dello stato puo’ comportare aiuti finanziari, pianificazione, informazione pubblica, azione militare, reclutamento di coloni, legislazione altre azioni giudiziarie ed anche l’amministrazione della giustizia . Il trasferimento forzato di una popolazione e’ illegale e costituisce un crimine internazionale sin la risoluzione degli alleati sui crimini di guerra tedeschi, adottata nel 1942. La piu’ forte e recente codificazione di tale crimine si trova nello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, che definisce chiaramente, come crimini di guerra, il trasferimento forzato della popolazione e l’impianto dei coloni. “L’essenza del trasferimento di una popolazione, rimane come una sistematica e discriminatoria politica di stato, il quale scopo e’ l’alterazione della composizione demografica di una zona, spostando le persone dentro o fuori dalla zona. Questa politica puo’ essere implementata dallo stato, in vari modi. Nel caso d’Israele, possono essere identificati dieci fattori, i quali hanno portato allo spostamento forzato: 1. Revoca del diritto di residenza e il rifiuto di concedere lo status di residenza, compreso il rifiuto quasi totale dei ricongiungimenti famigliari e le restrizioni in materia d’immatricolazione dei bambini che hanno genitori palestinesi, e l’istituzione da parte d’Israele di differenti status politici per esempio: la Carta d’identita’ di Gerusalemme e quella della Cisgiordania. 2. Costanti operazioni militari israeliane e continui attacchi contro il popolo palestinese; 3. La costruzione del Muro dell'Apartheid ed i suoi annessi punti di controllo (check points) ed il regime di permessi che limita gravemente la libertà di movimento all'interno dei TOP. 4. Politiche di zonizzazione e pianificazione restrittiva e pianificazione tra cui la demolizione di case e la confische dei terreni; 5. Impianto dei coloni nei TOP, e l’impunita’ della violenza e le molestie dei coloni. 6. Deportazione individuale e di massa di palestinesi e la soppressione di qualsiasi forma di resistenza, compresi arresti sistematici e le torture nelle carceri israeliane; 7. La negazione del diritto al ritorno e / o la libertà di movimento all'interno della storica Palestina e la separazione politica e geografica della Cisgiordania dalla Striscia di Gaza e da Gerusalemme est. 8. Restrizioni e limitazioni dell'utilizzo delle risorse essenziali, soprattutto l'acqua, e l'indebolimento delle condizioni di vita, in particolare, tra le comunita’ contadine e quelle di pastori.; 9. L'emarginazione e l'esclusione dei palestinesi, con o senza cittadinanza israeliana, dalla societa’ israeliana (ebraica) e dai benefici connessi alla "nazionalità ebraica"; 10. Annessione ufficiale o di fatto di enormi quantità di terra, al fine di negare in modo definitivo la popolazione indigena di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione. Tutti questi fattori, hanno come scopo lo spostamento sforzato della popolazione palestinese, creando una situazione di vita insostenibile, che non lascia agli abitanti altra scelta che lasciare la loro case. Sharett uno dei firmatari della dichiarazione d’indipendenza israeliana - definisce questo “Agli arabi che non sono disposti a lasciare le loro terre, dovrebbe essere adottata su di loro una politica di minima gisutizia ed equita” . Pertanto, il sistema d’apartheid israeliano e’un mezzo che conduce ad un fine, e non un fine a se stesso. Non si limita a voler dominare sopra la popolazione indigena palestinese ma mira al loro spostamento forzato. Il Sud Africa non solo ha inventato il sistema di apartheid ma era anche orgoglioso della sua creazione e pubblicamente l’ha sostenuto. La parola stessa “apartheid” significa in Afrikaans “separatezza” e divenne la politica ufficiale del governo di segregazione razziale nel 1948. La struttura di apartheid del Sud Africa e’ stata basata su una netta separazione sociale e segregazione politica. Era impensabile per un suprematista bianco di sedersi accanto ad un nero del Sud Africa in un caffe’, autobus o in qualsiasi altro luogo di agregazione sociale. L’attuazione di tale politica, nota anche come “sviluppo separato”. E’ stata resa possibile da una serie di leggi approvate negli anni 1950. La legge di Registrazione della popolazione e la legge delle Aree di gruppo, ha classificato tutti i Sud Africani in tre gruppi razziali (bianco, colorato e nero) e ha assegnato a queste razze diverse zone residenziai e settori di attivita. Inoltre, la Bantu Authorities Act e piu’ tardi la Bantu Homelands Citizenship Act ha fatto di ogni nero Sud Africano cittadino di una zona (Bantustan), cosi, di fatto li esclude dal partecipare al processo politico sudafricano. Inoltre, altre leggi che vietavano contatti sociali tra le razze, separate categorie di lavoro, strutture pubbliche, trasporti, istruzione e sanita’ separate. E 'chiaro fin dall'inizio della formulazione e lo sviluppo del sistema di apartheid del Sud Africa che l'intenzione era quella di creare una struttura permanente e che l'energia investita aveva come fine il preservamento dello status quo stabilito. Per esempio, il Bantu Homelands Citizens Act, del 1970 è stato progettato come reazione alle crescenti critiche da parte della comunità internazionale attraverso la creazione di entità giuridiche distinte, al fine di far finta che la popolazione nera non era più esclusa dagli affari di stato, ma semplicemente non apparteneva più allo stato sudafricano. Questo tentativo aveva come scopo il proseguimento dello sfruttamento della forza lavoro indigena e le risorse - fortificando l'attuale sistema - e al tempo stesso cercava di scartare la sya immagine razzista ed anti-democratica. Il crimine di apartheid e il successivo Convegno di apartheid è stato modellato su, ma non solo, il sistema di apartheid sudafricano. "La Convenzione apartheid era l'ultimo passo nella condanna dell'apartheid in quanto non solo ha dichiarato che l'apartheid era illegittimo in quanto violava la Carta delle Nazioni Unite, ma in aggiunta ha dichiarato apartheid di essere un crimine .” Oggi, Israele è colpevole di commettere una combinazione di reati, al fine di spostare con la forza la popolazione palestinese dalla Palestina storica. L'autorizzazione da parte di Israele di crimini sanzionati a livello internazionale come l'apartheid, le persecuzioni, l'occupazione permanente, e le annessioni, hanno lo scopo di creare situazioni insostenibili per le popolazioni indigene al fine di spingerli ad andarsene .Questo continuo e calcolato strangolamento del popolo palestinese, deve essere opportunamente contestato dalla comunità internazionale, come è stato in Sud Africa, codificando le azioni e le politiche statali in elementi considerati come crimini internazionali contro l'umanità. Il regime israeliano deve essere giudicato di conseguenza. La sua impunità deve finire perché il silenzio, nonché la complicità, dei potenti attori della comunità internazionale a fronte di pratiche e politiche che violano diritti e leggi fondamentali; avanzano la politica a scapito della legge. Infatti, il mancato rispetto del diritto internazionale all’interno del conflitto israelo-palestinese mina la legittimità del diritto internazionale, in particolare i diritti umani, il diritto umanitario e il diritto penale internazionale. Quindi, è giunti il momento di garantire e di assicurarsi che il diritto internazionale non e’ solo cumulo di parole coerenti messe insieme, ma un sistema giuridico che protegge i diritti, stabilisce gli obblighi e, ma soprattutto, crea realtà in base ai propri valori e principi, come si è visto nel caso del Sud Africa. |
top |