Alternative Information Center Analisi: le radici profonde del concetto di normalizzazione Recentemente, un evento pubblico organizzato a Gerusalemme Est dal "Palestine Israel Journal " è stato annullato dopo che i palestinesi lo avevano fortemente criticato e presentato come “normalizzazione”. La settimana prima, un incontro organizzato dalla "Confederazione israelo-palestinese" è stato bloccato da alcune decine di giovani manifestanti palestinesi che denunciavano la "normalizzazione con Israele". La questione della normalizzazione non è nuova e non è iniziata in Palestina. Piuttosto, la discussione è nata nei paesi arabi, nel 1950. In molte occasioni negli ultimi trent'anni, l'Alternative Information Center, un'organizzazione mista israelo-palestinese, ha dato vita a convegni e seminari sulla normalizzazione con lo scopo di spiegarne il significato agli attivisti israeliani. Abbiamo anche cercato di chiarire che cosa si intendesse con il termine normalizzazione nella pratica ... e che cosa non si intendesse. Il recente dibattito riguardo agli incontri in programma a Gerusalemme e Beit Jala, nei quali gli israeliani e i palestinesi avrebbero dovuto partecipare, hanno riaperto la discussione. Ci occuperemo del tema della normalizzazione in un articolo che verrà diviso in tre parti, che verranno pubblicate ogni giovedì. Lo scopo è quello di dar vita ad un dibattito politico costruttivo. Background storico Lo Stato di Israele è stato imposto alla nazione araba, in generale, e agli arabi di Palestina, in particolare, dalle Nazioni Unite. La risoluzione delle Nazioni Unite che ha di fatto creato Israele è stata adottata da una piccola maggioranza dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 29 novembre 1947. Le circostanze seguenti hanno posto le basi per la creazione di uno stato ebraico in Palestina, che a quel tempo era sotto mandato britannico. - Il recente genocidio degli ebrei da parte del regime nazista - Il declino dell'impero britannico - Il fallimento della rivolta araba del 1936-1939 in Palestina L'Olocausto Il massacro di 6 milioni di ebrei d'Europa tra il 1940 e il 1945 e la collaborazione attiva della classe dirigente, nella maggior parte dei paesi europei, ha sollevato due questioni. A livello psicologico, un senso di colpa e di responsabilità sviluppato tra alcuni intellettuali europei e leader politici, seguito da un crescente consenso attorno al fatto che fosse necessario uno sforzo per riparare al terribile reato di genocidio. Questo senso di colpa da solo non sarebbe stato sufficiente a spingere la comunità internazionale all'azione. E' stata la presenza di centinaia di migliaia di sopravvissuti all'Olocausto che giravano in tutta Europa, che ha reso necessaria una soluzione pratica. L'idea di un'Europa orientale, terra dell'Yiddish, è stata estirpata dai nazisti e dai loro collaboratori. Coloro che sono sopravvissuti all'Olocausto che hanno tentato di tornare nei loro paesi hanno dovuto affrontare molte ostilità e, talvolta, massacri. Essi non avevano un posto dove tornare e non è nemmeno necessario ricordare che i paesi occidentali non erano per niente desiderosi di dare loro rifugio - compresi gli Stati Uniti che hanno solo dato un numero limitato di certificati di immigrazione. Quindi la Palestina è diventata una sorta di soluzione alternativa. Prima del sorgere dell'antisemitismo nazista, il progetto sionista attirava solo un numero molto limitato di ebrei e dell'opinione pubblica internazionale. Infatti, veniva percepito o come progetto reazionario coloniale destinato a fallire (da parte dell'Unione Generale dei Lavoratori ebrei e dalla famosa filosofa Hannah Arendt, per esempio), o come un'utopia romantica, ma poco realistica (la maggioranza della borghesia ebraica), o come una bestemmia vera e propria (l'ebraismo ortodosso). Fino al 1933, sembrava altamente improbabile che la modesta impresa coloniale, che si basava su comunità agricole collettive, sarebbe diventata un vero e proprio stato moderno. Ma l'antisemitismo nazista ha fornito l'opportunità di cambiare radicalmente la natura del progetto sionista. L'ascesa di Hitler ha visto una nuova ondata di immigrati altamente educati ed agguerriti che sono arrivati in Palestina con tecnologie moderne, competenze e capitali. Nel 1945, le centinaia di migliaia di sopravvissuti che nessun paese occidentale aveva voluto, hanno fornito sia il pretesto sia il materiale umano per la realizzazione del progetto sionista: uno stato ebraico in Palestina. La popolazione indigena araba della Palestina, un gruppo che non era il responsabile dell'Olocausto, è stato vittima della decisione occidentale di riparare al crimine di genocidio che si era verificato in Europa. Nessuno stupore che gli arabi e i palestinesi si siano opposti al Piano di spartizione dell'ONU del 1947, che consegnava la maggior parte della terra alla nuova minoranza ebraica. Il declino dell'Impero Britannico La Gran Bretagna ha vinto la seconda guerra mondiale contro la Germania ma ha perso il suo impero ed è diventata una potenza di secondo piano. Questo ha lasciato un vuoto in Medio Oriente e, con il dichiarato appoggio dell'Unione Sovietica e, con quello più indiretto degli Stati Uniti, il movimento sionista ha colto l'occasione per ottenere il sostegno delle Nazioni Unite per la creazione di uno stato in Palestina e per lanciare una "guerra di indipendenza”. Dopo il voto delle Nazioni Unite, la sovranità ebraica è stata estesa con la forza militare su un territorio molto più grande di quello che era stato assegnato col Piano di Spartizione delle Nazioni Unite. Le forze israeliane hanno portato avanti una pulizia etnica in quelle regioni dove viveva la popolazione indigena araba, un evento conosciuto in arabo come Nakba o catastrofe. Il fallimento della rivolta araba in Palestina (1936-1939) La popolazione araba della Palestina non ha potuto contrastare in maniera efficace il Piano di partizione delle Nazioni Unite per tre ragioni: (1) la collaborazione dei regimi arabi reazionari con l'Impero britannico, (2) l'accordo tra il Regno Hashemita di Giordania e i sionisti per la spartizione dei territori assegnati allo Stato arabo di Palestina e (3), la più importante: la sconfitta della rivolta araba in Palestina del 1936-1939 e un aumento della repressione britannica che ha di fatto decapitato il movimento nazionale arabo in Palestina. Anzi, ci sono voluti quasi trent'anni, dopo la creazione dello Stato di Israele, perchè emergesse un nuovo movimento nazionale palestinese sotto la guida di Yasser Arafat, un movimento che ha di nuovo posto la questione dei diritti nazionali del popolo palestinese nell'agenda internazionale. Lo Stato di Israele è riuscito ad imporre la sua esistenza al Medio Oriente, ma non è riuscito a forzarne il riconoscimento né da parte dai regimi arabi, né da parte delle masse arabe. La normalizzazione con lo stato di Israele è stata respinta all'unanimità, anche se alcuni regimi hanno mantenuto relazioni nascoste - soprattutto sul piano della sicurezza - con lo stato ebraico.
Parte II della serie di articoli sul concetto di normalizzazione. Con una stretta di mano, il presidente egiziano Anwar Sadat ha spezzato il boicottaggio di normalizzazione con Israele. Mentre il resto del mondo arabo e i palestinesi, per la maggior parte, avrebbero continuato a resistere contro la normalizzazione, la sinistra israeliana l'ha appoggiata negli anni successivi alla firma degli Accordi di Oslo, ed è così nata un'industria basata su programmi “people- to-people".
L'accordo di pace tra Egitto e Israele, che è stato firmato dal presidente egiziano Anwar Sadat e il primo ministro israeliano Menachem Begin nel 1979, simboleggiava una parziale fine al boicottaggio di normalizzazione con Israele. Inutile dire che i palestinesi hanno considerato quest'azione una pugnalata collettiva alla schiena. Gli arabi lo hanno visto come un tradimento ed l'accordo è stato respinto a gran voce in tutta la regione, Egitto compreso. Quando il presidente Sadat è stato assassinato due anni dopo, ha pagato con la vita questo tradimento. Tuttavia la rottura era avvenuta e, nonostante la successiva criminale invasione israeliana del Libano, l'accordo di pace con l'Egitto ha segnato una nuova era nelle relazioni tra Israele e il mondo arabo. L'organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) è diventata una forza trainante nella campagna contro la normalizzazione, affermando, con l'appoggio della grande maggioranza dell'opinione pubblica araba, che fino a quando sarebbe continuata l'occupazione e fino a quando i rifugiati non avrebbero ottenuto il diritto al ritorno, non ci sarebbero potute essere relazioni normali con Israele. La stessa OLP, però, durante il Consiglio Nazionale del 1988 ha fissato le condizioni per l'eventuale riconoscimento dello stato di Israele, che alla fine si materializzò nella Dichiarazione di Oslo del Principi (DOP). Anche se la DOP è stata una questione di (reciproco) riconoscimento, l'obiettivo fissato da Yasser Arafat è stato trasformato in una relazione normalizzata con lo Stato di Israele. Per la maggior parte del cosiddetto "partito della pace" israeliano, Oslo è stata una vittoria storica sulla strategia araba anti-normalizzazione. E a ragione: la politica di potere coloniale combinata all'appoggio della comunità internazionale ha, con successo, costretto l'OLP a riconoscere uno stato che è stato creato sulla distruzione della patria palestinese, e l'ha costretta ad accettare quello che chiamano un "compromesso storico", a scapito di una parte dei loro diritti legittimi. La sinistra sionista era in prima linea durante questi tentativi di normalizzazione, che hanno portato loro legittimità ... e tanti finanziamenti. Il programma "People to People" ed iniziative simili sono diventate di moda negli anni '90, ed è fiorita un'industria di "dialoghi" e di falsa cooperazione, con la parte israeliana - meglio organizzata e con miglior collegamenti internazionali che otteneva la maggior parte dei finanziamenti e del potere decisionale. In un decennio, gli attivisti palestinesi della società civile hanno capito che, nonostante le loro reali speranze nella normalizzazione cioè la fine dell'occupazione militare israeliana - gli israeliani nella realtà non erano disposti a nessun compromesso. "Normalizzazione con l'occupazione? No grazie" è diventata la nuova risposta della società civile palestinese ai patetici tentativi dei normalizzatori professionisti israeliani che avevano tratto guadagni grazie all'industria del "people to people”. Così i normalizzatori professionisti israeliani hanno dovuto re-inventarsi le loro attività. Alcuni si sono dati agli affari, altri hanno deciso di dare consulenza, stile Nazioni Unite, ai palestinesi e di fornire loro strumenti per convincerli quanto fosse sbagliato rifiutare il dialogo e la normalizzazione con Israele, o almeno con gli attivisti israeliani. Che progetto colonialista: essere un occupante, e allo stesso tempo, pretendere di educare l'occupato su come debba gestire la relazione con l'occupante....per il proprio bene, ovviamente. Recentemente, il quotidiano “Al-Quds al-Arabi” ha pubblicato un articolo del leader di Fatah di Gerusalemme Hatem Abdel Qader, in cui egli dichiara l'appoggio di Fatah al boicottaggio delle riunioni israelo-palestinesi. Mentre questa non è una novità, l'articolo ha provocato una reazione critica da parte di Gershon Baskin, uno dei leader professionisti del settore della normalizzazione (sito web del Jerusalem Post, 19 dicembre 2011). Una lettura approfondita delle teorie di Baskin mette in luce l' oscena arroganza dei normalizzatori israeliani, anche se bisogna ammettere che Baskin è un caso estremo e quasi patologico. Patologica a causa dell'inflazione di "Io": "Io ho poca fiducia in Al-Quds al-Arabi", "io non ho sentito o visto una decisione ufficiale di Fatah di boicottare gli incontri con gli israeliani", "io credo che sarà un altro errore sfortunato da parte dei palestinesi "," io ho chiesto ad amici palestinesi che appoggiano questa forma di anti-normalizzazione, come pensano di portare avanti questa lotta, non solo parlando con me"," io devo ancora trovare un sostenitore dell'anti-normalizzazione in grado di rispondere alla domanda”, “se io fossi un palestinese, cercherei ... ", "come io ho cercato il dialogo "," io personalmente non chiedo di parlare ai palestinesi di parlare con i coloni ... " etc, etc. Ma lasciamo da parte la patologia e affrontiamo la questione politica. Sapevamo già che Baskin aveva rilasciato Gilad Shalit e aveva re-inventato la politica americana in Medio Oriente. Ora sappiamo anche che intende cambiare la politica di Fatah, di fatto ponendo fine alla sua strategia di anti-normalizzazione: convincendoli che parlare o incontrarsi con attivisti pacifisti israeliani accelererà la realizzazione dei loro obiettivi politici. Se Baskin avesse ascoltato il "suo amico" Hatem Abdel Qader, e non solo se stesso, avrebbe dovuto rispondere alla domanda "perché?". Nella realtà, l'opinione pubblica israeliana si è spostata a destra, il “partito della pace” è quasi scomparso, e il massacro della popolazione di Gaza nel 2009-2010 ha ottenuto, per un po ', l'appoggio di Peace Now e di Meretz i grandi nomi del “partito della pace” israeliano. Quindi, Hatem Abdel Qader avrebbe chiesto a Baskin: perché dividere il Movimento Nazionale Palestinese e persino lo stesso Fatah sul tema della normalizzazione quando non possiamo ottenere nulla in cambio? Durante l'invasione del Libano nel 1982-1985 o durante l'Intifada (1987-1990), un movimento pacifista di massa si è schierato con parte delle richieste palestinesi e ha sostenuto la loro lotta. Ha aiutato la causa palestinese e, quindi, ha meritato di essere preso in considerazione e di essere rafforzato con vari strumenti, tra cui sessioni di dialogo, che tuttavia erano spesso umilianti per i palestinesi a causa del comportamento colonialista dei loro "partner" israeliani. Ma oggi? Cosa possono dare Gershon Baskin e altri "normalizzatori di sinistra" a Fatah e agli altri palestinesi per giustificare quello che il pubblico palestinese considera "una normalizzazione dei rapporti con il nemico"? Come possono convincere i palestinesi che questa volta non ci sarà ancora un altro tradimento e un riallineamento del consenso nazionale israeliano, come è avvenuto tante volte in passato?
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