Fonte: http://www.aldogiannuli.it/gelli-lingotti-e-caso-moro/

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giovedì 17 dicembre 2015

 

Gelli, i lingotti d'oro e il Caso Moro.

di Aldo Giannuli

 

Dopo aver visto i 'coccodrilli' di giornali e Tv, notiamo quante cose siano state dimenticate, perfino divertenti da rievocare.

 

Come sempre capita, a botta calda non ti ricordi di cose che sai e magari sono interessanti, poi ieri avevo interesse a spostare l'attenzione sul fenomeno P2 da un punto di vista politologico più che sul personaggio. Dopo aver visto i "coccodrilli" di giornali e Tv, mi sono accorto di quante cose siano state dimenticate e che forse può essere divertente rievocare.

 

Ad esempio la storia dell'oro della banca centrale Jugoslava trafugato dagli italiani che, però, non riuscivano a far arrivare in Italia, perché anche i tedeschi ci avevano messo su gli occhi e volevano predarlo (begli alleati!). Gelli era a Cattaro incaricato del recupero dell'oro ed ebbe una trovata che risolse, almeno in parte, il problema: mise i lingotti sotto le traverse di legno di un vagone, con tanto di bandiera gialla, che trasportava soldati ammalati di tifo o altre malattie contagiose. I tedeschi (che erano agli ordini di un ufficiale di nome Kurt Waldheim, futuro presidente austriaco e Segretario Generale dell'Onu) non si avvicinarono e l'oro arrivò in Italia.

 

Solo che non si capisce bene in che misura e sembra che se "perse per strada" un terzo, che qualcuno pensò trasferito in Argentina dallo stesso Gelli. Però circa mezzo secolo dopo, ci fu uno strano episodio: nelle fioriere di villa Wanda, la residenza di Gelli che, nel frattempo, era tornato in Italia, spuntarono numerosi lingotti, che non si capì né da dove provenissero, né perché stessero in quell'insolito nascondiglio. 

Facile saltare alle conclusioni: erano quelli della banca jugoslava: facile ma molto probabilmente ingannevole e che non risolve il problema del perché stessero nelle fioriere. 

Il fatto è che Arezzo, con Vicenza è uno dei due centri italiani per il trading dell'oro sia finanziario che fisico e che esso è il principale business della Banca dell'Etruria. Per cui potrebbe trattarsi di una partita diversa ed assai più recente, ma non doveva trattarsi di una cosa regolarissima, se era nascosto in quel modo (timore di una visita dei ladri o della GdF? Tappa intermedia di un percorso un po' clandestino? Vai a sapere.).

 

Poi c'è anche la storia dei trascorsi gelliani  in periodo salotino. Come si sa Gelli era con la Rsi, federale di Pistoia, però, e questo è stato accennato in diverse ricostruzioni, impegnato in un pericoloso e disinvolto triplo gioco fra fascisti e tedeschi, Alleati e partigiani (in particolare la brigata comandata da Silvano Fedi "Pippo", poi morto in circostanze non chiarissime). 

Una storia complicata ed interessante su cui forse tornerò, ma questo è stato accennato in diverse ricostruzioni di questi giorni. 

Quella che, invece è passato senza menzione è stata la storia di Carla Costa, ausiliaria che faceva parte del servizio segreto femminile formato e guidato dal comandante David, le "volpi argentate" impiegate per missioni "dietro le linee". Fra esse c'era Carla Costa (la "volpe argentata" per antonomasia) catturata dietro delazione il 22 ottobre 1944 nei pressi di Pistoia. La delazione venne attribuita ad un personaggio milanese. Ma, sul finire degli anni settanta, si tornò a parlare di quelle vicende nel quadro delle prime inchieste sulla P2 che era ancora un oggetto misterioso. Sembra che Carla Costa abbia iniziato a nutrire dubbi sulla reale fonte che l'aveva denunciata ed abbia iniziato ad indagare negli ambienti dei reduci della Rsi, ma la sua inchiesta privata non ebbe esito perché, l'11 ottobre 1980 venne trovata asfissiata nell'abitacolo della sua auto collegato, con un tubo di gomma, allo scappamento. Suicidio. Sul quale Giorgio Pisanò si dimostrò assai dubbioso.

 

Un terzo capitolo dimenticato è quello dell'Ompam (Organizzazione Mondiale per l'Assistenza Massonica), un vasto sodalizio che Gelli stava cercando di formare, con appoggi in Italia, Argentina ed Usa.  Il tentativo fallì per il susseguirsi di una serie di scandali iniziati con una inchiesta sui sequestri di persona che investì personaggi del clan dei marsigliesi, fra cui Alberto Bergamelli che, all'arresto, proclamò "siamo protetti da un grande famiglia internazionale) ed il giudice che indagava, Pierluigi Occorsio iniziò a sospettare che i proventi dei rapimenti (fra cui quello di Umberto Ortolani) finissero a finanziare la costituenda Ompam.

Il 10 luglio 1976 Vittorio Occorsio cadeva sotto una raffica esplosa dall'ordinovista Pierluigi Concutelli, (Occorsio aveva indagato anche sul Movimento Politico Ordine Nuovo che rivendicò l'attentato). L'inchiesta finì su un binario morto, salvo qualche ritorno di fiamma nel corso dell'inchiesta parlamentare guidata da Tina Anselmi. Eppure la pista meriterebbe d'esser ripresa ancora oggi: capiremmo molto di più sui "livelli superiori" alla P2 e forse scopriremmo che Brenneke non vaneggiava quando parlava di P7.

 

E per concludere, il caso Moro. Tutti hanno ricordato che il comitato di crisi allestito da Cossiga era costituito quasi tutto da Piduisti, ma nessuno ha ricordato la pag 20 di un aureo libretto che Adriano Sofri pubblicò nel 1991:

Non ricordo chi fossero gli "esperti" che, alla prima comparsa delle lettere di Moro, si affrettarono a dichiararlo affetto dalla sindrome di Stoccolma. Non so se fossero dello stesso genere dei consulenti che si disse, occupavano una stanza al Ministero della Marina Militare, durante il sequestro: consulenti ufficiosi  che completavano i ranghi della P2. e che avrebbero compreso un peritus peritorum chiamato affettuosamente "Micio Micio", all'anagrafe Licio Gelli.

 

Dunque:

a- oltre che il noto comitato del Viminale sarebbe esisto un secondo comitato di esperti presso il comando della Marina Militare

b- esso sarebbe stato parimenti composto di piduisti (29 alti ufficiali di Marina erano affiliati alla P2 ed inoltre di essa ne facevano parte anche Giovanni Pattumelli -direttore della sezione Marina del Ministero della Difesa- e Salvatore Vagnoni -direttore generale del personale della Marina-)

c- ad esso avrebbe preso parte anche Licio Gelli in persona, di cui Sofri indica anche il "nome di copertura" usato nell'occasione.

 

Queste notizie non sono mai state smentite. E ci chiediamo quali fossero le mansioni di questo secondo comitato e quali i rapporti con il primo, quale il ruolo che vi avrebbe ricoperto Gelli, che attività avrebbe svolto, perché non se ne è mai fatto menzione. Ricordiamo peraltro che la Marina è la più integrata nel sistema Nato delle nostre tre armi avendo base a Bagnoli il comando Nato per il Mediterraneo.

 

Sarebbe interessante che qualcuno riprendesse questo filo di discorso. E, per oggi, basta.

 

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